Le ragioni di chi dice no all’utero in affitto

Intervista di Interris.it a Monica Ricci Sargentini, Giornalista del Corriere della Sera, femminista della differenza e membro della Coalizione internazionale contro la maternità surrogata (Ciams)

“La solidarietà è un principio che non ha nulla a che fare con l’utero in affitto”, Monica Ricci Sargentini, Giornalista del Corriere della Sera, femminista della differenza e membro della Coalizione internazionale contro la maternità surrogata (Ciams) mette subito le cose in chiaro nel commentare per Interris.it la recente proposta di legge per la “legalizzazione della maternità surrogata solidale” a firma dei deputati Guia Termini, Doriana Sarli, Riccardo Magi, Nicola Fratoianni ed Elisa Siragusa.

Nelle sue inchieste per il Corriere, Sargentini ha messo in luce gli aspetti più aberranti di una pratica che mercifica corpi e vite di madri e bambini. Per questo motivo la giornalista auspica che la suddetta iniziativa parlamentare rimanga su un binario morto e che si allarghi invece il fronte politico che intende perseguire il reato dell’utero in affitto anche se praticato all’estero.

Come ha accolto l’universo del femminismo della differenza la posposta per la maternità surrogata solidale?

“Da parte nostra c’è la più completa contrarietà a qualsiasi forma di legalizzazione delle maternità solidale, anche perché di solidale e altruistico non c’è un bel nulla. Lo si capisce leggendo il disegno di legge che obbliga la coppia committente a stipulare un’assicurazione sulla donna gestante perché possono insorgere delle complicazioni che possono portare anche alla morte, come successo più volte negli Stati Uniti. Devono aprire un conto corrente in cui si versano i soldi per le spese della donna, per coprire il suo mancato lavoro, dietro tutte queste voci c’è sempre un compenso mascherato. Dopo di che, la cosa più aberrante della proposta è la creazione presso l’Istituto superiore di sanità di un registro che loro chiamano delle aspiranti gestanti, è poi prevista una campagna pubblicitaria per far conoscere questa possibilità”.

Insomma lo Stato diventerebbe a tutti gli effetti un promotore di questa barbarie?

“Basta ragionare sul fatto che questa pratica è legale solo in 18 Paesi al mondo, alcuni di questi hanno recentemente messo dei rigidi paletti per poterne usufruire. Tutto il resto del mondo la considera una violazione dei diritti umani, in Italia è vietata e proprio ora andiamo a proporre una legge che la legalizza? Davvero non riesco a capirne lo scopo, questi sforzi dovrebbero essere profusi per migliorare e velocizzare il processo delle adozioni“.

Quindi il punto sta nel fatto che una gravidanza non può essere qualcosa di solidale che mette al centro lo scambio di un bambino?

“Certo, in gravidanza il feto scambia tutto con la madre, avviene l’epigenetica, ovvero il processo per cui una parte del Dna viene comunque trasferito al bambino, anche se quest’ultimo è stato concepito con un ovulo non appartenente alla gestante allo scopo di non creare legami. C’è quindi un legame indissolubile che viene cancellato dalla proposta di legge che dice nero su bianco che non c’è alcun obbligo di coltivare un legame tra la gestante e il bambino e che questo sarà stabilito solo su volere dei genitori committenti. Io la trovo una cosa aberrante e trovo aberrante che sia stato presentato questo ddl alla Camera mentre in commissione al Senato è in discussione il ddl Zan. I proponenti dicono che lo hanno fatto per contrastare le due proposte di legge Meloni/Carfagna che invece mirano a rendere perseguibile il reato di utero in affitto commesso all’estero. Considerate che le femministe hanno chiesto all’Onu che la maternità surrogata sia equiparata alle mutilazioni genitali femminili e quindi bandita in tutto il mondo”.

Neonato (immagine di repertorio)

Lei ha citato il ddl Zan, a questo punto vorremmo sapere quali sono i timori delle femministe rispetto a sto ddl…

“In primis il fatto che introduce, in maniera molto vaga, nell’ordinamento italiano il concetto di identità di genere slegato dal sesso biologico, c’è il rischio che uno si auto certifichi secondo la sua percezione di sé. Insomma la cosiddetta self identity che in molti Paesi sta creando una marea di problemi. Se bastasse sentirsi donna per esserlo avremmo tutte le conseguenze del caso che vediamo dove questa cosa è possibile, ad esempio luoghi come spogliatoi, bagni e carceri non sarebbero più sicuri per le donne perché chiunque potrebbe accedervi. Una legge sulla “self id” è stata bocciata dalla Gran Bretagna, perché la maggior parte degli britannici si è dimostrata contraria. Un’altra cosa che ci dà fastidio è che nella legge hanno introdotto anche la misoginia, come se le donne fossero una minoranza e non la metà dell’umanità, le donne non hanno mai chiesto questo e non si capisce perché dovrebbe essere inserita la misoginia in un ddl a tutela delle minoranze”.

Torniamo all’utero in affitto, lei esclude che una donna possa scegliere liberamente di offrirsi per questa pratica?

“Non c’è solo il problema dell’autodeterminazione – che comunque esiste perché nessuna donna sana di mente intraprende una gravidanza, con tutti i rischi che comporta, per regalare suo figlio – ma poi vogliamo parlare del bambino?! Il bambino ha il diritto di stare con chi lo ha partorito, quello è il suo legame, e strapparlo da quella persona è una violenza che non facciamo nemmeno con i cuccioli di cane o di gatto, sono trattati meglio persino loro che vengono lasciati almeno per qualche settimana a prendere il latte dalla madre che li ha generati. Non esiste solo l’autodeterminazione della madre che poi non è mai veramente libera, qui siamo veramente al “corpo di servizio”, alla donna usata come incubatrice, ed è avvilente che parte della sinistra si presti a sostenere queste richieste”.

Maternità surrogata Consulta

Alcuni hanno fatto di questo tema una battaglia politica, ma non crede che serva ricondurre tutto sul piano dei diritti umani?

“Certamente ma infatti non tutta la sinistra è favorevole all’utero in affitto e anche nel mondo Lgbt c’è una parte contraria come Arcilesbica, Aurelio Mancuso e tanti omosessuali che non sono d’accordo. Molti però non lo dicono o vengono silenziati dall’informazione main stream che mostra questa pratica come una cosa giusta e moderna, peccato che “il moderno” ormai ha assunto connotazioni surreali che riguardano tutto quello che è mercificazione, che è liberismo più sfrenato”.

Lei come giornalista ha fatto molte inchieste sul mercato dell’utero in affitto e le sue conseguenze più nefaste in quei Paesi dove è stato legalizzato. Ci sono dei casi, delle storie, che l’hanno colpita particolarmente?

“Posso menzionare sicuramente la vicenda di Brook Lee Brown, 35 anni, morta in Idaho nel 2015 mentre aspettava due gemelli per conto di una coppia, le si è rotta la placenta. Era una mamma surrogata seriale, otto gravidanze in tutto di cui cinque su commissione. Ha lasciato un marito e tre figli. Una storia analoga è quella di Michelle Reaves, per la quale è partita una campagna di donazioni per pagare il funerale e aiutare il marito e i suoi due figli. Di solito queste morti non creano scalpore negli Usa. E spesso non si vengono nemmeno a sapere. Non c’è una statistica. Kelly Martinez che io ho intervistato nell’ultima gravidanza surrogata ha avuto la gestosi e ha rischiato di morire. Kelly mi ha raccontato che ha cominciato a gonfiarsi e a stare male, la figlia le ha chiesto: mamma ma rischi di morire? Lei non sapeva cosa rispondere e ha chiesto all’agenzia di surrogacy che ha risposto: accade raramente. Stiamo parlando di aziende che non mettono nemmeno al corrente le donne dei rischi che corrono”.