La cura del corpo e della mente sono fattori imprescindibili per il nostro benessere psicofisico. Molto spesso, però, ci dimentichiamo di prestare attenzione al cervello e lo trascuriamo. Alcuni nostri stili di vita influiscono negativamente sulla sua funzionalità, facendolo invecchiare precocemente. Infatti, “invecchia” come tutte le altre parti dell’organismo. In condizioni di invecchiamento normale, tra i 35 e i 70 anni, il cervello arriva a perdere fino al 10% del suo peso e del suo volume.
Non tutte le componenti di questo organo subiscono il passare del tempo allo stesso modo, ad esempio, nell’ippocampo, si ha una selettiva perdita neuronale durante l’invecchiamento. Con questo processo, il cervello si restringe, diminuiscono le sue capacità di vascolarizzazione. Cambiamenti che possono portare alla compromissione della memoria, difficoltà nell’apprendere nuove informazioni, calo di prestazioni nell’elaborare più attività contemporaneamente, tendenza a dimenticare gli appuntamenti e le attività da svolgere. L’invecchiamento biologico può essere accelerato da abitudini poco sane.
Come abbiamo detto, alcune abitudini accelerano l’invecchiamento del nostro cervello. In un video pubblicato su Facebook da curioctopus.it ne vengono analizzate 13.
Per approfondire l’argomento e capire cosa succede realmente al cervello, Interris.it ha contatto la professoressa Paola Binetti, senatrice e docente di storia della medicina.
Professoressa, fumare, bere molti alcolici, respirare aria inquinata. Questi fattori come influiscono sul cervello?
“Per quanto riguarda il fumo, i danni principali li crea a livello polmonare, sappiamo tutti che esiste una correlazione con le patologie croniche gravi o con quelle di tipo oncologico. Dal punto di vista cerebrale il fumo crea assuefazione, una dipendenza che rende molto difficile smettere. Un doppio danno: uno che agisce sull’apparato cardiovascolare, l’altro che agisce sul cervello, modificandone la plasticità in modo da tale da rendere le cellule cerebrali assuefatte e bisognose di nicotina. Qualcosa del genere, succede con l’alcol che crea danni piuttosto gravi a livello del fegato e del pancreas. La plasticità del nostro cervello, che lo rende capace di adattarsi anche in situazioni di grande complessità e di sopravvivere individuando schemi alternativi, in alcuni casi viene ridotta dalla dipendenza da fumo e alcol. Riducono l’autonomia e la possibilità di gestirsi in piena libertà”.
Questi cambiamenti possono essere corretti o sono irreversibili?
“Dipende da quando si interviene. Più precocemente lo si fa, più c’è margine di correggere questi danni. Prima di tutto perché la dipendenza è più facile da risolvere e poi perché il danno oggettivo è minore”.
Il danno organico può portare a patologie?
“Per quanto riguarda l’uso e l’abuso di alcol ci sono degli studi che dimostrano ampiamente come l’alcolista cronico ha una grave compromissione delle proprie capacità intellettuali”.
Le relazioni affettive e sociali, come influiscono sul benessere del cervello?
“Noi abbiamo un bisogno vitale di relazioni sociali e affettive. Sono stati fatti degli studi, che in questo momento forse risultano un po’ datati, ma sono importanti: si è visto che un bambino deprivato affettivamente, per vari motivi, può presentare gravi disturbi del neuro-sviluppo. Il libro di Spitz, ‘Il primo anno di vita del bambino’ ne dà una documentazione molto ampia e concreta. Ognuno di noi, lo abbiamo visto durante il lockdown, dove c’è stato un rallentamento dei rapporti, ha sviluppato le sue ‘piccole crisi’. In alcuni sono aumentati i livelli di ansia, altri hanno avuto disturbo del sonno-veglia, c’è chi ha vissuto l’idea dell’altro come potenziale untore con una drammatizzazione che va oltre il gradiente possibile di infezione; persone che si sono depresse, chiuse in sé stesse, che hanno coltivato pensieri di morte, persone che, purtroppo, sono arrivate a suicidarsi, ragazzi e giovani adolescenti che si sono chiusi in casa instaurando un rapporto quasi esclusivo con il loro computer e hanno sviluppato quella che noi chiamiamo la sindrome di Hikikomori, per cui la vita reale viene totalmente schiacciata e cancellata rispetto alla vita virtuale. Abbiamo avuto un’esperienza tale di questo, da aver proposto con insistenza di sostituire il termine distanza sociale con distanza fisica. Noi abbiamo bisogno degli altri. Il nostro cervello, dal punto di vista cognitivo, si nutre dello scambio di idee, della polemica, se non abbiamo il piacere di condividere con qualcuno la narrazione di un evento che stiamo vivendo, ci darà molto meno gioia e soddisfazione di quanto potrebbe fare. Coltivare le buone relazioni, il benessere è molto più importante che coltivare il ben-avere”.
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