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“L’autismo è una condizione, non una malattia” – Video

Tino Manzoni è il presidente dell’Associazione Centro Autismo Bergamo che fornisce sostegno alle famiglie con ragazzi autistici minorenni. Chi parla con Tino, comprende profondamente, non solo l’importanza di aiutare il prossimo ma il senso ultimo della vita che Manzoni ritrova nel volto di suo figlio e dei suoi bambini. “In loro vedo Gesù Cristo – racconta con voce tremante dall’amozione a Interris.it – “e per questo faccio il possibile per migliorare la vita di queste stupende persone”.

Nella relazione con questi ragazzi, quali sono i momenti più importanti?
“Lo sguardo e l’ascolto sono i due aspetti principali. Mio figlio non parla, dice parole che non hanno senso, altre volte dice parole sensate che faccio fatica a comprendere, inventa dei termini di cui ho individuato il significato dopo molti anni. È fondamentale lo sguardo. Tramite lo sguardo gli trasmetto ciò che provo e ciò che voglio dirgli e lui lo comprende. Ascolto vuol dire porsi nella condizione di dare la giusta importanza alla persona che ci sta innanzi. L’autismo è il paradigma della vita. La nostra società è piena di forme di autismo”.

 Come descriverebbe l’autismo?
“Dico sempre che l’autismo non è una malattia ma una condizione. Se non si comprende questo non c’è nemmeno un inizio. La cura, di cui molti parlano riferendosi all’autismo come una malattia, in realtà deve essere intesa nel suo senso più alto: l’urgenza di tutti nel prendersi cura del prossimo. Parlare di questa accezione di cura ci mette in discussione, ci fa pensare che a volte la vita ti mette di fronte a situazioni che non rientravano nei piani. Prima che nascesse mio figlio, mi sono trovato a fantasticare sul futuro da padre. Poi, ho preso atto che niente sarebbe stato come avevo immaginato. Ma mio figlio è semplicemente tutta la mia vita. Questo sentimento si racchiude nel termine carità. La carità di San Paolo: l’amore all’ennesima potenza. Nel volto di mio figlio, nel volto dei nostri ragazzi io vedo il volto di Gesù Cristo”.

 Che cos’è il progetto “Spazio Estate”?
“Il progetto ‘Spazio Estate’ è una cosa di cui siamo molti orgogliosi. È un programma che permette alle famiglie di avere una sorta di assistenza, di sollievo, di supporto anche durante il periodo estivo durante il quale, di solito indipendentemente da questo difficile momento del Coronavirus, tutti i servizi scolastici terminano. Noi ci occupiamo dei bambini autistici al di sotto dei 18 anni che fanno riferimento alla scuola. Alcuni anni fa, ci siamo messi in gioco per ideare un metodo di risposta alle necessità delle famiglie nel periodo estivo e pian piano il progetto ha preso forma fino a divenire realtà. Inoltre ‘Spazio Estate’ prevede un’attenzione specifica alla prevenzione e alla cautela rispetto al virus. È stato un lavoro molto complesso che ci ha restituito la consapevolezza che quello che stiamo facendo è giusto”.

In generale, come Centro Spazio Autismo di Bergamo che attività proponete?
“L’associazione è nata nell’ottobre del 2000 grazie alla sensibilità di alcune insegnanti, membri dello staff scolastico del comune di Bergamo e della provincia. Si era avvertita la necessità di avere un atteggiamento e un’attenzione particolari nei confronti di quelle persone che erano etichettate come autistiche. Ma in realtà ancora non si era ben compreso cosa fosse l’autismo. Da qui si è strutturata l’associazione. Nel tempo abbiamo portato avanti delle iniziative importanti. Mio foglio ha 31 anni ed è un ragazzo autistico. I nostri bambini sono diventati adulti. Quando si compie la maggiore età, nella disabilità si entra nella terra di nessuno. Abbiamo sollecitato le istituzioni in questa direzione, infatti a Bergamo esiste un Centro Socio-Educativo per l’Autismo che è il primo sorto in Italia, nel 2009”.

Durante il lockdown, come vi siete comportati?
“Il lockdown è stato un evento terrificante. È stato particolarmente complesso per quelle famiglie che hanno delle persone disabili al proprio interno, in particolar modo se ci riferiamo all’autismo. Perché a causa della pandemia e della conseguente chiusura, i ragazzi hanno perso il ritmo delle attività che svolgevano. È fondamentale nell’autismo avere una continuità di intervento che vada a sviluppare le caratteristiche del singolo, permettendo, allo stesso tempo, alle famiglie di agire al fine di sopperire ai disagi che la condizione di autismo comporta. Noi abbiamo mantenuto i contatti con i nostri 140 utenti, un numero davvero importante. Abbiamo svolto delle videochiamate per il supporto e abbiamo deciso di sostenere le famiglie recapitando loro dei pacchi che contenessero il materiale utile a svolgere delle attività con i propri figli, naturalmente coadiuvati dalla Protezione Civile. Era fondamentale mantenere il senso di vicinanza”.

Gianpaolo Plini

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