Giornata contro la desertificazione e la siccità: quale lezione ci lascia la Laudato Si’

In questa giornata cruciale per la salvaguardia dell'ambiente In Terris ha intervistato il Dottor Savarese, Geologo e Animatore Laudato Sì

In data odierna ricorre la Giornata Mondiale per la lotta alla desertificazione e alla siccità istituita dalle Nazioni Unite nel 1995 con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sul degrado del suolo, la messa in sicurezza delle popolazioni dalla desertificazione e la tutela della biodiversità. In Terris ha avuto l’onore di intervistare in merito a questa importante tematica il Dottor Giovanni Savarese, eminente Geologo e Animatore Laudato Sì.

Quale significato ha per Lei la giornata mondiale per la lotta alla desertificazione mondiale e alla siccità?

“Le occasioni di riflessione sulle criticità ambientali internazionali sono sempre un momento gravido per una seria riflessione ecologica. Parlare di desertificazione e siccità significa anzitutto dare un peso ponderato ai beni dei quali disponiamo nel nostro territorio. Non darli per scontati. Ma significa anche analizzare quale sia la propria relazione con la casa comune. Oltre a questi aspetti, sul piano professionale il tema mi coinvolge. Come Geologo mi sono occupato e mi occupo direttamente e indirettamente di tutela del suolo e delle risorse idriche. Ed è infine un momento di riflessione sul futuro dei miei figli. Quali risorse gli avremo lasciato?”

Quali azioni possono intraprendere i paesi dell’Unione Europea per contrastare i fenomeni di desertificazione e siccità?

“Anzitutto è necessario precisare che quando parliamo di “desertificazione e siccità” non dobbiamo immaginare una distesa di sabbia a dune. È desertificazione quel processo di perdita delle funzionalità naturali del suolo. È erosione del suolo, con fenomeni di dissesto idrogeologico. È urbanizzazione, con impermeabilizzazione del suolo. È incendi, con distruzione di comunità animali e vegetali. Ed alcuni problemi hanno origine naturale altri antropici. È quindi un problema che riguarda a pieno titolo anche le economie avanzate dell’Unione. In Italia, ad esempio, si è passato negli ultimi venti anni dal 27% al 30% di territorio nazionale minacciato da processi di inaridimento del suolo. La strategia 2021-2023 del Ministero della Transizione Ecologica pone la lotta alla desertificazione come una “priorità da portare avanti con decisione”. A livello europeo è necessario però dotarsi di uno strumento funzionale alle politiche comuni. Ad oggi il problema è affrontato in modo inefficiente e soprattutto non coordinato. È proprio di questo periodo la notizia di una risoluzione presentata presso il Parlamento Europeo. La Commissione è chiamata ad elaborare un quadro giuridico comune per la protezione del suolo. Un passo importante. Ma attenzione. In questa fase di fermento per l’attuazione di politiche di transizione ecologica sostenute dal piano economico Next Generation EU è necessario mantenere alta la guardia. Molti suoli agricoli considerati “abbandonati” rischiano di essere convertiti in aree di produzione industriale con un colpo di spugna”.

Come coadiuvare le azioni dei paesi più poveri per il contrasto a tali fenomeni?

“Desertificazione e siccità sono alla base di gravi tensioni e conflitti regionali delle quali l’opinione pubblica non è adeguatamente sensibilizzata. Spesso l’instabilità politica e militare in queste aree comporta pesanti conseguenze per le popolazioni. La maggior parte si sposta in altre regioni, alla ricerca di risorse e condizioni migliori. Generando spesso una reazione a catena. Chi rimane è in balia degli eventi. I paesi più ricchi forse non hanno un livello di engagement sufficiente. Già dare piena attuazione agli strumenti previsti dalla Convenzione del 1994 sarebbe significativo”.

Quali azioni possono essere intraprese per contrastare la crisi nel SAHEL?

“Quanto sta accadendo nel Sahel è drammatico. Ed è esemplare degli effetti della desertificazione e della siccità. Con l’avanzare del deserto del Sahara e gli effetti del cambiamento climatico a livello mondiale, si sono rotti gli equilibri secolari che regolavano la vita di comunità principalmente di agricoltori e pastori. Recentemente la Caritas Italiana ha redatto un report sul tema. Dopo decenni, la crisi nel Sahel non è più solo ambientale o climatica. È una crisi umanitaria che deve essere affrontata tramite gli strumenti della comunità internazionale. Sono finiti i tempi della tiepidezza. O si interviene con decisione o le cose non potranno che peggiorare. Su questo l’Europa dovrebbe avere la massima sensibilità. Siamo la naturale via di sbocco di una pressione che non possiamo ignorare”.

Quale lezione ci lascia la Laudato Si in tema di cambiamenti climatici?

“La Laudato Si è un messaggio primariamente di lotta alla povertà e di eguaglianza distributiva delle ricchezze. Tramite azioni da intraprendere sul piano ecologico, che vuol dire antropologico ed ambientale. Papa Francesco dedica ampi passaggi sul tema dell’uso del territorio e dell’accesso all’acqua potabile. Mi piace ricordare il passaggio LS 89 quando si paragona la desertificazione del suolo come una malattia che colpisce ciascuno di noi. Quello delle popolazioni che vivono senza o con scarso accesso ad acqua potabile è un tema che riguarda la negazione al diritto alla vita di queste persone. La Laudato Si ha un messaggio potentissimo. Che può schiacciare. Per questo molti la usano e la citano nei propri consessi a proprio piacimento. Ma ciò snatura il messaggio papale. Perché, ha detto Papa Francesco, “Tutto è connesso”. Ma, come tutti i messaggi evangelici, ha un grande messaggio di speranza: “sappiamo che le cose possono cambiare”.