In dialogo con il neo presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi: “La Chiesa riscopra l’essenziale”

L'intervista in esclusiva di Interris.it al presidente della Cei, card. Matteo Zuppi, in visita nella città di Fabriano (An) per la festa del Patrono San Giovanni Battista

Dialogare con il nuovo Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il Cardinale Matteo Zuppi, è come parlare con una persona che conosci da sempre; don Matteo – come in molti lo chiamano – sempre sorridente e molto paterno, attento, molto diretto e per nulla formale, con un linguaggio semplice, riesce a trasferire messaggi molto profondi. L’occasione è stata la visita nella diocesi di Fabriano-Matelica per la festa del Patrono San Giovanni Battista. Al fianco del presidente della Cei, nella Santa Messa alla cattedrale di San Venanzio, erano presenti il vescovo della diocesi di Fabriano-Matelica, monsignor Francesco Massara, il vescovo emerito monsignor Giancarlo Vecerrica, e i sacerdoti della diocesi. Tra i partecipanti il prefetto di Ancona, il dottor Darco Pellos, il Questore della provincia di Ancona, dottor Cesare Capocasa e la neo-eletta sindaca di Fabriano, Daniela Ghergo insieme ad una rappresentanza di tutte le forze dell’ordine della Città della carta e di tantissimi fedeli.

don Aldo Buonaiuto, fondatore di Interris.it; card. Matteo Zuppi, presidente della Cei e arcivescovo di Bologna; mons. Francesco Massara, vescovo della diocesi di Fabriano-Matelica

L’intervista

La nomina a presidente della Cei, lo stato di salute e il cammino della Chiesa per ricercare la pace in Ucraina, ma anche un augurio rivolto ai vescovi italiani e alle famiglie che si apprestano a vivere la conclusione del X incontro mondiale delle famiglie. Sono alcune delle tematiche che il cardinale Zuppi ha toccato nel corso di un’intervista esclusiva a Interris.it.

Eminenza, cosa ha provato quando è stato nominato presidente della Cei?

“Ho provato molta gratitudine per la fiducia che Papa Francesco e i vescovi italiani hanno espresso con questa decisione. Ho avuto timore perché è un momento così importante per il mondo e la Chiesa, ma anche tanta fiducia nella Chiesa stessa. Credo che questo esercizio, all’interno del cammino sinodale, debba aiutare e accompagnare tutti: questo ci facilita nelle scelte future”.

In che stato di salute ha trovato la Chiesa italiana?

“Ho trovato la Chiesa che quotidianamente viviamo, impegnata ad affrontare un grande cambiamento di epoca. Questo, genera comprensibilmente alcune difficoltà, ma allo stesso tempo ci fa riscoprire l’essenziale ossia la gioia di essere cristiani, di annunciare il Vangelo e di essere in comunione. La Chiesa è stata in grado, anche in tempo di pandemia, di essere una madre attenta e capace di accompagnare i sofferenti”.

Il presidente della Cei, insieme ai Vescovi e a tutta la Chiesa italiana, come può aiutare il mondo politico? 

“La Chiesa può e deve aiutare la politica italiana con la Dottrina sociale, predicando e vivendo il bene, che deve essere l’oggetto della politica stessa. E aiutando a vivere quell”amore politico’ di cui Papa Francesco parla nella lettera enciclica ‘Fratelli tutti’. Questo serve per riavvicinare la politica, spesso segnata dalla diffidenza, dalla rabbia e dal risentimento, ai cittadini”.

Eminenza, lei ha parlato della pandemia, un periodo molto lungo e che ha causato tante sofferenze. Ora la guerra in Ucraina. La Chiesa come si sta muovendo nella ricerca di un cammino che accompagni questi due popoli verso la pace?

“Indicando che l’unica via da cercare è sempre e soprattutto la pace. La Chiesa si sta muovendo con questa fermezza: far comprendere a tutti la responsabilità che hanno nel costruire la pace, di far propria la sofferenza di chi è colpito dal conflitto e sottolinea l’urgenza di interrompere questa logica della guerra che genera morte. La via della pace è l’unica soluzione per porre fine a tanto dolore”.

La guerra in Ucraina ha causato quello che è stato definito l’esodo più rapido di questo secolo, profughi che sono stati accolti prontamente da molti Stati Ue che in passato hanno messo in atto dei respingimenti anche brutali ai loro confini. Recentemente lei ha lanciato un appello “alla responsabilità politica, culturale e sociale di tutti verso il cammino dei migranti”. Crede che ci sia una certa disparità nell’accoglienza dei profughi? 

“La disparità per la Chiesa è sempre inaccettabile. Tutte le persone sono da accogliere, aiutare, integrare, soprattutto chi si trova in maggiore difficoltà. L’accoglienza che c’è stata nei confronti dei profughi ucraini è stata molto importante, credo che tutti ci siamo resi conto della necessità di aiutare e di proteggere chi scappava dalla guerra. Speriamo che questo ci faccia capire maggiormente le sofferenze anche di tanti altri profughi che fuggono da guerra, fame e violenze, fattori che spingono a cercare una via di speranza”.

Oggi si conclude il X incontro mondiale delle famiglie, vorrebbe fare loro un augurio? 

“Prima di tutto auguro loro di essere famiglia, non solo all’interno della loro casa ma anche al di fuori. La famiglia non vive per sé: siamo più fragili quando viviamo solo per noi stessi. Il secondo augurio è quello di credere nella forza dell’amore. La famiglia è molto esposta, spesso su di lei pesano tanti problemi. Devono quindi essere forti di quell’amore di Gesù che ci aiuta ad affrontare le inevitabili contraddizioni, difficoltà, asprezze che si possono incontrare”.

Cosa vorrebbe raccomandare ai vescovi italiani e quale augurio vuole fare loro per il futuro?

“Viviamo questo tempo sinodale come una grande opportunità per camminare insieme e diventare compagni di strada. Augurerei loro di sentirsi veramente una famiglia, perché lo siamo molto di più di quello che possono pensare. E’ la presenza dei vescovi aiuta una comunità a sentirsi famiglia e aiuta, chi è affaticato e incerto, a crescere”.

Eminenza, sappiamo della sua vicinanza ai più poveri e tra questi anche la sua conoscenza diretta delle donne vittime di tratta e prostituzione coatta. Spesso ritorna il tema della riapertura delle case chiuse. Cosa può dirci a proposito?

“La Dottrina della Chiesa è molto chiara quando parla della protezione dei più deboli, nell’affrancare chi è vittima di schiavitù. Per liberare queste giovani donne che sono oppresse dal racket della prostituzione schiavizzata dobbiamo tutti noi impegnarci a ‘pagare’ il prezzo del riscatto della loro libertà, questo sì che è veramente urgente e fondamentale. Come ripeteva sempre il Servo di Dio don Oreste Benzi: “nessuno deve mettersi dalla parte di chi vuole far diventare le donne delle prostitute”, mentre tutti insieme dobbiamo metterci accanto a chi deve essere liberato. Tutto ciò è possibile dando fiducia, l’opportunità di un vero lavoro, facendo in modo che queste persone possano vivere dignitosamente.  Io credo che la Chiesa questo lo stia già facendo, ma vorrei che si impegnasse ancora di più per riscattare la vita dei tanti schiavi di oggi”.