Capannini: “L’Operazione Colomba in Ucraina, esempio di nonviolenza”

L'intervista di InTerris.it a Alberto Capannini, responsabile dell'Operazione Colomba in Ucraina, nella Giornata Internazionale della Nonviolenza

Alberto Capannini, Responsabile di Operazione Colomba, Corpo nonviolento di pace della Comunità Papa Giovanni XXIII

“La vera nonviolenza dovrebbe significare libertà assoluta dalla cattiva volontà, dall’ira, dall’odio, e un sovrabbondante amore per tutto”, scriveva Gandhi. Oggi, 2 ottobre, si celebra la Giornata internazionale della nonviolenza. La ricorrenza è stata scelta perché è la data di nascita proprio del Mahatma Gandhi, leader del movimento indipendentista indiano e pioniere della filosofia e della strategia della nonviolenza.

Cosa è la nonviolenza

La nonviolenza (dal sanscrito ahimṣā “non violenza”, “assenza del desiderio di nuocere o uccidere o fare male”) è un metodo di lotta politica che consiste nel rifiuto di ogni atto di violenza (in primo luogo proprio contro i rappresentanti e i sostenitori del potere cui ci si oppone), ma anche disobbedendo a determinati ordini militari (obiezione di coscienza) o ad altre norme e codici, articolando la propria azione nelle forme della disobbedienza, del boicottaggio e della non-collaborazione (resistenza nonviolenta).

Il Mahatma Gandhi

Il principio venne teorizzato formalmente negli anni Venti del Novecento dal Mahatma Gandhi e applicato dal movimento anticoloniale indiano, che lo ricollegava al principio di origine induista e buddhista dell’ahimṣā, ed ebbe un peso notevole per il successo del movimento indipendentistico indiano.

A partire dagli anni Sessanta, all’esempio di Gandhi si sono richiamati esplicitamente diversi movimenti pacifisti, ecologisti e per i diritti civili, come per esempio Martin Luther King.

La Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi, ha istituito un suo corpo di Pace nel 1992: l’Operazione Colomba (OP). Quest’anno, OP celebra i trenta anni di attività. Per l’occasione, In Terris ha intervistato Alberto Capannini, Responsabile di Operazione Colomba, Corpo nonviolento di pace della Comunità Papa Giovanni XXIII.

L’intervista ad Alberto Capannini

Perché è importante l’esistenza di una Giornata internazionale dedicata alla nonviolenza?

“Per due motivi. Sia perché quello della violenza è un problema aperto e attuale, vedi la situazione di guerra in Ucraina; sia perché di nonviolenza, al contrario, ce n’è molto poca. L’uomo è ancora ancorato, nel 2022, a un’idea antica di possesso, di prevaricazione; indi per cui tirare delle bombe a dei civili disarmati è lecito”.

Quest’anno è il trentennale della fondazione dell’Operazione Colomba. Come è nato questo progetto?

“Operazione Colomba nasce nel 1992 dal desiderio, di alcuni volontari e obiettori di coscienza della Comunità Papa Giovanni XXIII, di vivere concretamente la nonviolenza in zone di guerra. Inizialmente ha operato in ex-Jugoslavia dove ha contribuito a riunire famiglie divise dai diversi fronti, proteggere (in maniera disarmata) minoranze, creare spazi di incontro, dialogo e convivenza pacifica. L’esperienza maturata sul campo ha portato Operazione Colomba negli anni ad aprire presenze stabili in numerosi conflitti nel mondo, dai Balcani all’America Latina, dal Caucaso all’Africa, dal Medio all’estremo Oriente coinvolgendo tra volontari e obiettori di coscienza, oltre 2.000 persone”.

Cosa rappresenta la nonviolenza nel carisma specifico della Comunità Papa Giovanni XXIII?

“L’Operazione Colomba è il corpo civile di pace della Comunità Papa Giovanni XXIII. E’ un progetto aperto a tutte quelle persone, credenti e non credenti, che vogliono sperimentare con la propria vita che la nonviolenza è l’unica via per ottenere una Pace vera, fondata sulla verità, la giustizia, il perdono e la riconciliazione. In pratica, siamo un gruppo di persone che va a vivere con coloro che stanno subendo una guerra: in Libano, in Ucraina, in Palestina, in Colombia contro i narcos e in altre zone di conflitto. Si chiama condivisione diretta. E’ questo il carisma specifico della nostra missione. La guerra la conosce davvero solo chi la subisce. Ma non ci occupiamo solo di guerre: facciamo condivisione diretta anche con i profughi nei campi di accoglienza, con chi vive al confine d’Europa o – come dice il Papa – con quanti abitano le ‘periferie esistenziali'”.

Quali sono le principali cause che generano violenza?

“La povertà e l’ingiustizia. Non c’è pace senza giustizia, diceva il fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, don Oreste Benzi. Le vittime della guerra sono principalmente i più fragili e indifesi: bambini, anziani, disabili e donne. Questo perché la guerra è una sopraffazione del più forte sul più debole, spesso indifeso e disarmato. Una grande ingiustizia, appunto”.

Cosa è dunque la nonviolenza?

“Per noi la nonviolenza è una scelta imprescindibile. Il fine infatti non giustifica mai i mezzi, tutt’altro, i mezzi determinano il fine e la nonviolenza è l’unica forza attiva in grado di fermare la spirale di odio e vendetta che ogni guerra, espressione massima della violenza, inevitabilmente genera”.

Come portare la pace in zone di conflitto?

“Per portare la pace in terra di conflitto bisogna dare il meglio di noi stessi. A volte non ci si spera più, nella possibilità di costruire la pace: sembra un traguardo lontano e irraggiungibile. Non bisogna disperare ma continuare, anche se a piccoli passi, per quello che si può a seconda delle situazioni quotidiane”.

Cosa sta facendo Operazione Colomba in Ucraina?

“Adesso c’è un gruppo di noi che vive a Mykolaïv (nel sud dell’Ucraina, a pochi chilometri sul fronte) e stanno giorno e notte sotto le bombe. Sono tornato lì da poco. I volontari hanno un centro che prima dell’invasione russa accoglieva persone con problemi di alcool; ora è divenuto un rifugio per quanti hanno paura a passare la notte da soli, sotto le bombe. Cadono 10-15 missili a notte… Inoltre, più volte a settimana portiamo i viveri a quelle famiglie che abitano proprio sulla linea di confine, in mezzo ai due eserciti, e non possono muoversi. E’ una situazione complessa. La guerra – come dicevo – prima – la conosce solo chi la vive sulla propria pelle. I cittadini di Mykolaïv non hanno l’acqua da bere e quando fanno la fila per approvvigionarsi, possono morire colpiti dalle granate o dai proiettili. Metà delle persone sono scappate perché è terribile vivere così. Molti altri però non possono allontanarsi. Il dramma della violenza è che ci distacca dal senso della vita. Non solo chi la subisce; ma anche chi la mette in pratica perché perde la sua umanità, la pietà verso l’indifeso, il senso della misura”.

Qual è stato l’episodio peggiore che ha vissuto in Ucraina?

“Pochi giorni fa sono andato a trovare una mamma che aveva perso il figlioletto due giorni prima. Il bambino di 8 anni era stato colpito da una granata mentre giocava fuori in cortile. Per lui, piccola vittima innocente, non c’è stato niente da fare. Sono quasi 400 i minori uccisi da inizio invasione. Questo bambino è stato colpito, come molti altri prima di lui, da una bomba a frammentazione, quel tipo di bombe a mano concepito per massimizzare la sua azione nella ‘frantumazione’ della sua superficie al momento dello scoppio. Pensato, insomma, per uccidere più persone possibili. Bambini compresi. Noi dell’Operazione Colomba viviamo al fianco di questa donna, e delle tante persone che hanno visto morire i propri cari, perché è l’unico modo che abbiamo per dimostrare loro che non sono soli. Che non siamo indifferenti alla loro sofferenza e che il loro grido contro l’ingiustizia viene ascoltato. La nonviolenza è anche questo: in mezzo all’odio, portare la solidarietà e la vicinanza. Un piccolo passo per costruire la Pace”.