Campi Flegrei, il super vulcano che spaventa l’Italia

L'intervista di Interris.it al dottor Roberto Isaia, vulcanologo dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV

I Campi Flegrei sono una vasta area situata nel golfo di Pozzuoli, a ovest della Città di Napoli e il suo golfo. Si tratta di un antico supervulcano che comprende in particolare i comuni di Napoli, Pozzuoli, Quarto, Giuliano in Campania, Bacoli e Monte di Procida. Come viene spiegato sul sito dell’Istituto Nazionale di Geofisica a Vulcanologia (Ingv), da millenni la caldera dei Campi Flegrei è sede di un’intensa attività vulcanica. La zona è caratterizzata anche dal rilascio concentrato di gas da delle specie di camini che producono le fumarole e dal bradisismo, ossia il lento sollevamento o abbassamento del suolo.

Gli episodi più recenti di instabilità

Gli episodi più recenti di instabilità che si sono manifestati con sollevamento e sismicità sono stati quelli del 1969-72 e del 1982-84, quando molti abitanti dell’area, soprattutto quelli del centro storico di Pozzuoli, furono costretti ad abbandonare le proprie case. Dal 2005 al 2023 si è verificato un lento sollevamento del suolo che a luglio 2023 ha raggiunto circa 111 centimetri nell’area del Rione Terra.

Gli eventi sismici di settembre e ottobre 2023

Lo scorso 27 settembre l’area flegrea è stata interessata da un sisma di magnitudo 4.2. Per l’Ingv si è trattato del terremoto più potente degli ultimi 40 anni. La zona dei Campi Flegrei da tempo è al centro di uno sciame sismico. La scossa registrata alle 3.35, magnitudo 4.2, è tra le più alte verificate nelle ultime settimane. All’inizio di ottobre, un terremoto di magnitudo 4 ha generato paura nella popolazione della zona. Le persone da tempo sono alle prese con un interminabile sciame sismico e il loro scoramento e l’ansia è apparso anche sui social dove gli utenti hanno lasciato commenti in cui chiedono che venga detta loro la verità.

Cosa accade sotto i Campi flegrei

I gas emessi nella zona dei Campi Flegrei e le variazioni nella loro composizione hanno origine da due principali sorgenti di magma: una più profonda, situata tra 16 e 12 chilometri di profondità, che ha alimentato la crisi bradisismica del periodo compreso fra il 1982 e il 1984; l’altra, localizzata a circa 8 chilometri di profondità, è alla base della crisi iniziata nel 2000 e ancora in corso. E’ questa la dinamica attiva al di sotto dell’area vulcanica dei Campi Flegrei, scoperta dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV).

Il risultato è pubblicato sul Journal of Geophysical Research: Solid Earth. La ricostruzione fa luce sui meccanismi che sono alla base del sollevamento del suolo (il cosiddetto bradisismoe dell’attività sismica che caratterizzano la zona, e le nuove conoscenze in futuro potrebbero essere utili per affinare gli strumenti di previsione e prevenzione della protezione civile.

“Le calderecome quella dei Campi Flegrei, sono depressioni vulcaniche formate dal collasso delle rocce della camera magmatica quando si svuota durante le grandi eruzioni”, osserva Lucia Pappalardo, dell’Osservatorio Vesuviano dell’Ingv e co-autrice dello studio, riportato da Ansa.

Come funziona il bradisismo

“Spesso manifestano delle fasi di squilibrio, con frequenti terremoti, bradisismo e un considerevole flusso di gas e calore. Tuttavia – prosegue – poiché questa attività è dovuta alle complesse interazioni tra magma e sistema idrotermale immagazzinato sotto il vulcano, è sempre difficile prevedere l’evoluzione di queste dinamiche”. I ricercatori hanno esaminato le minuscole gocce di magma intrappolate nei cristalli che si sono formati durante le eruzioni degli ultimi 15.000 anni, ricostruendo in questo modo l’architettura del sistema magmatico profondo dei Campi Flegrei. “Il nostro studio mostra come i gas rilasciati dal magma in risalita nelle zone profonde del sistema di alimentazione del vulcano si accumulino alla base del sistema idrotermale sovrastante, localizzato a circa 3 chilometri di profondità”, commenta Antonio Paonita, uno degli autori. “Il sistema idrotermale viene quindi riscaldato e pressurizzato – aggiunge – deformando e fratturando le rocce crostali più superficiali e dando così origine ai fenomeni di sollevamento del suolo e ai terremoti tipicamente osservati nell’area”.

L’intervista al dottor Roberto Isaia

Per approfondire il tema, Interris.it ha intervistato il dottor Roberto Isaia, vulcanologo dell’Osservatorio Vesuviano dell’Ingv.

Dottor Isaia, cosa sta succedendo nei Campi Flegrei?

“E’ in atto un fenomeno bradisismico che consiste nel sollevamento e abbassamento del suolo, legato ai processi vulcanici più profondi, ossia al movimento di masse magmatiche. Quando si accumula tanta energia, le rocce non riescono ad assorbirla, arrivano a un punto critico in cui si spaccano e quindi si crea il terremoto. Fenomeno che nell’area dei Campi Flegrei si è verificato sia migliaia di anni fa, sia molto recentemente. Adesso, a partire dal 2015, c’è questa ulteriore crisi bradisismica”.

A quali rischi si può andare incontro? 

“Sono di diversa dimensione: un perdurare della crisi bradisismica come è avvenuto nel 1982-1984, con sollevamenti importanti che può far soffrire i fabbricati e indebolirli; la continua attività sismica; se invece il magma riesce a risalire in superfice si potrebbero avere anche fenomeni eruttivi, di diversa natura o dimensione”.

Per la zona dei Campi Flegrei esiste un piano di evacuazione che dovrebbe essere messo in atto qualora la situazione diventasse davvero pericolosa. Ma evacuare così tante persone è fattibile? Ci sarebbe il tempo necessario? 

“L’evacuazione della zona rossa non è prettamente di competenza dell’Ingv. Noi forniamo i dati del monitoraggio che possono essere utili alla Commissione grandi rischi e alla Presidenza del Consiglio per prendere decisioni in relazione all’andamento dei livelli di allerta. Bisogna sottolineare che un’eruzione di una grande importanza, come quella del 1538 del Monte Nuovo, si è annunciata con fenomeni importanti negli anni precendenti, molto più ampi di quelli che si stanno verificando in questi giorni. Il piano è stato costruito tenendo conto di simulazioni di eruzioni anche più grandi di quella del Monte Nuovo, ma c’è anche un’incertazza scientifica di dove si potrebbe aprire la ‘bocca’, ecco perché la zona rossa è molto ampia. Sulla base di questo scenario, la Protezione Civile ha pensato di poter essere in grado di mettere in moto tutta la macchina per allontanare le persone in una stima di 72. Il piano è stato preparato teoricamente con tutti i criteri. Da non addetto ai lavori mi sembra che la fattibilità e l’operatività ci sia tutta”.

Dottor Isaia, è possibile prevedere l’eruzione di un vulcano?

“Solitamente noi ci poniamo tre domande: dove, come e quando. Il come: gli studi vulcanologici ci indicano come il vulcano si è comportato nel passato, quindi quali sono le sue potenzialità. Il dove: per i Campi Flegrei è un po’ difficile stabilirlo, perché non essendo un vulcano centrale (come ad esempio il Vesuvio o lo Stromboli) non sappiamo dove si aprirà la ‘bocca’. Il quando: è sostanzialmente qualcosa a cui non si può rispondere, direi che è impossibile”.