L’amore si merita, non si pretende né si acquista

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Formare all’affettività è compito delle agenzie educative: famiglia, scuola, comunità. Nella già esistente ora scolastica settimanale di educazione civica sarebbe opportuno inserire quella dimensione affettiva e sentimentale che sola può prevenire la piaga dei femminicidi. Amare vuol dire apprezzare la persona che ci sta accanto, rispettare la sua libertà, amarla così com’è, non come noi vogliamo che sia. La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne offre l’occasione, quindi, per rimettere al centro la sacralità della vita umana e l’intangibilità della dignità dell’individuo.

Nella prefazione del mio libro “Donne crocifisse Papa Francesco evidenzia proprio questa “ferita alla coscienza collettiva” e “deviazione all’immaginario corrente”. E’ “patologica”, secondo il Pontefice, “la mentalità per cui una donna vada sfruttata come se fosse una merce da usare e poi gettare”. Una civiltà che non sa formare le generazioni al rispetto della dignità umana produce tragedie che scaturiscono non solo dalla mancanza di un’adeguata educazione sentimentale ma anche dall’assuefazione a una cultura di morte che nell’immaginario collettivo anestetizza l’orrore della sopraffazione e della brutalità. Si tratta di una malattia dell’umanità, di un modo sbagliato di pensare della società. L’amore va meritato, non imposto, preteso o acquistato. Il senso profondo della relazione di coppia è il rispetto e non la reificazione dell’essere umano. Non è avere tutto e subito.

Ad essere vittime della sopraffazione di genere sono innanzi tutto “le più fragili e indifese delle creature”, come le definiva don Oreste Benzi, cioè le migliaia di ragazze, spesso minorenni, assoggettate al racket della prostituzione coatta. “Liberare le povere schiave della tratta è un gesto di misericordia e un dovere per tutti gli uomini di buona volontà – avverte il Pontefice-. Il loro grido di dolore non può lasciare indifferenti né i singoli individui né le istituzioni. Nessuno deve voltarsi dall’altra parte o lavarsi le mani del sangue innocente versato sulle nostre strade”. Nell’abietto mercato che arricchisce le mafie internazionali il cosiddetto cliente diventa di fatto corresponsabile. E’ la domanda a creare l’offerta e, dunque, coloro che richiedono persone giovanissime per soddisfare i propri turpi sfoghi sono complici dei mercanti di carne umana. Il contrasto a un simile orrore deve cominciare in classe, tra i banchi delle nuove generazioni. Secondo l’Onu, le nazioni nella quali il mercimonio è legale sono le principali destinazioni della tratta. Significativamente 50 mila studenti olandesi hanno firmato una petizione, consegnata al Parlamento per dire basta alla schiavitù delle loro coetanee. La campagna si chiama “Sono impagabile” e nelle manifestazioni vengono mostrati cartelli con le scritte “Ik ben onbetaalbaar” (io sono senza prezzo), “e se fosse tua sorella?” e “la prostituzione è causa e conseguenza della disuguaglianza di genere”.

In ogni ambito (fuori e dentro le mura domestiche) lo sfruttamento del corpo femminile è una sconfitta della nostra civiltà al pari di una catastrofe collettiva come il femminicidio. E’ un dovere comunitario proteggere la dignità delle donne e non possiamo restare indifferenti di fronte al moltiplicarsi degli abusi. All’origine della violenza c’è la discriminazione. Il Papa ha più volte sottolineato come nella diverse parti del pianeta le donne si trovino ad affrontare sfide e problematiche differenti. “Nel mondo occidentale subiscono ancora penalizzazioni in campo lavorativo; sono spesso forzate a scegliere tra lavoro e famiglia; la loro vita di fidanzate, mogli, madri, sorelle, nonne, non di rado conosce purtroppo la violenza – osserva il Pontefice -. Nei Paesi in via di sviluppo e in quelli più poveri sono le donne a portare sulle spalle il peso maggiore. Sono loro che percorrono chilometri al giorno in cerca di acqua; che troppo spesso muoiono nel dare alla luce un figlio; che vengono rapite a fini di sfruttamento sessuale o forzate a sposarsi in età troppo giovane o contro la loro volontà; a volte viene addirittura loro negato il diritto alla vita solo perché di sesso femminile”.

Ecco ciò che è utile e giusto insegnare a scuola nelle necessarie lezioni di educazione affettiva. Le questioni legate alla vita sono intrinsecamente connesse a quelle sociali. Difendere il diritto all’uguaglianza di genere fa sì che la vita possa, dal suo concepimento al suo termine naturale, essere dignitosa e non conosca le ingiustizie della fame e della povertà, della violenza e della persecuzione. Il Magistero pontificio collega etica della vita e etica sociale nella consapevolezza che non può avere basi una società che, mentre afferma valori quali la dignità della persona, la giustizia e la pace, poi si contraddice radicalmente accettando e tollerando le più dolorose forme di disistima e violazione della vita umana, soprattutto se debole e emarginata. Non c’è difesa della dignità delle donne, infatti, se non attraverso la promozione dei loro diritti. E’ in questo modo in cui il “genio femminile” può manifestarsi pienamente, a beneficio di tutta la società.