Udienza, Papa: “Senza discernimento la vita ci porta dove non vorremmo”

Nella catechesi generale del mercoledì, Papa Francesco ha proseguito il ciclo di catechesi sul Discernimento

Il Papa saluta il gruppo dei lettori. Foto: Vatican News

Papa Francesco ha condotto la consueta Udienza Generale del mercoledì, che questa mattina si è svolta – dalle ore 9.00 – nell’Aula Paolo VI. Nel discorso in lingua italiana il Papa ha proseguito il ciclo di catechesi sul Discernimento (Lettura: Sal 119,33-35.105). Riportiamo la catechesi integrale.

La catechesi del Papa

Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Chi ha seguito finora queste catechesi potrebbe forse pensare: ma che pratica complicata è discernere! In realtà, è la vita ad essere complicata e, se non impariamo a leggerla, rischiamo di sprecarla, portandola avanti con espedienti che finiscono per avvilirci. Nel nostro primo incontro avevamo visto che sempre, ogni giorno, che lo vogliamo o no, compiamo atti di discernimento, in quello che mangiamo, leggiamo, sul lavoro, nelle relazioni. La vita ci mette sempre di fronte a delle scelte, e se non le compiamo in maniera consapevole, alla fine è la vita a scegliere per noi, portandoci dove non vorremmo.

Il discernimento però non si fa da soli. Oggi entriamo più specificamente in merito ad alcuni aiuti che possono rendere più agevole questo esercizio indispensabile della vita spirituale, anche se in qualche modo li abbiamo già incontrati nel corso di queste catechesi.

Un primo aiuto indispensabile è il confronto con la Parola di Dio e la dottrina della Chiesa. Esse ci aiutano a leggere ciò che si muove nel cuore, imparando a riconoscere la voce di Dio e a distinguerla da altre voci, che sembrano imporsi alla nostra attenzione, ma che ci lasciano alla fine confusi. La Bibbia ci avverte che la voce di Dio risuona nella calma, nell’attenzione, nel silenzio. Pensiamo all’esperienza del profeta Elia: il Signore gli parla non nel vento che spacca le pietre, non nel fuoco o nel terremoto, ma in una brezza leggera (cfr 1 Re 19,11-12). È un’immagine molto bella.

La voce di Dio non si impone, è discreta, rispettosa, e proprio per questo pacificante. E solo nella pace possiamo entrare nel profondo di noi stessi e riconoscere i desideri autentici che il Signore ha messo nel nostro cuore. Per il credente, la Parola di Dio non è semplicemente un testo da leggere, è una presenza viva, opera dello Spirito Santo che conforta, istruisce, dà luce, forza, ristoro e gusto di vivere. È un vero anticipo di paradiso. Lo aveva ben compreso un grande santo e pastore, Ambrogio, che scriveva: «Quando leggo la Divina Scrittura, Dio torna a passeggiare nel paradiso terrestre» (Lett., 49,3).

Questo rapporto affettivo con la Scrittura porta a vivere una relazione affettiva con il Signore Gesù, e questa è un altro aiuto indispensabile e non scontato. Molte volte possiamo avere un’idea distorta di Dio, considerandolo come un giudice arcigno, severo, pronto a coglierci in fallo. Gesù, al contrario, ci rivela un Dio pieno di compassione e di tenerezza, pronto a sacrificare sé stesso pur di venirci incontro, proprio come il padre della parabola del figlio prodigo (cfr Lc 15,11-32). Chi rimane di fronte al Crocifisso avverte una pace nuova, impara a non avere paura di Dio, perché Gesù sulla croce non fa paura a nessuno, è l’immagine dell’impotenza totale e insieme dell’amore più pieno, capace di affrontare ogni prova per noi. I santi hanno sempre avuto una predilezione per il Crocifisso.

Il racconto della Passione di Gesù è la via maestra per confrontarci con il male senza esserne travolti; in essa non c’è giudizio e nemmeno rassegnazione, perché è attraversata da una luce più grande, la luce della Pasqua, che consente di vedere in quelle azioni terribili un disegno più grande, che nessun impedimento, ostacolo o fallimento può vanificare. È molto bello pensare alla vita con il Signore come una relazione di amicizia che cresce giorno dopo giorno.

L’amicizia con Dio ha la capacità di cambiare il cuore; è uno dei grandi doni dello Spirito Santo, la pietà, che ci rende capaci di riconoscere la paternità di Dio. Abbiamo un Padre tenero, affettuoso, che ci ama, che ci ha amato da sempre: quando se ne fa esperienza, il cuore si scioglie e cadono dubbi, paure, sensazione di indegnità. Nulla può opporsi a questo amore. E questo ci ricorda un altro grande aiuto, il dono dello Spirito Santo, presente in noi, che ci istruisce, rende viva la Parola di Dio che leggiamo, suggerisce significati nuovi, apre porte che sembravano chiuse, indica sentieri di vita là dove sembrava ci fossero solo buio e confusione. Lo Spirito Santo è discernimento in azione, presenza di Dio in noi, è il dono più grande che il Padre assicura a coloro che lo chiedono (cfr Lc 11,13).

La Liturgia delle Ore fa iniziare i principali momenti di preghiera della giornata con questa invocazione: «O Dio vieni a salvarmi, Signore vieni presto in mio aiuto». “Signore, aiutami!”, perché da solo non posso andare avanti, non posso amare, non posso vivere… Questa invocazione di salvezza è la richiesta insopprimibile che sgorga dal profondo del nostro essere. Il discernimento ha lo scopo di riconoscere la salvezza operata dal Signore nella mia vita, mi ricorda che non sono mai solo e che, se sto lottando, è perché la posta in gioco è importante. Con questi aiuti, che il Signore ci dà, non dobbiamo temere.