Le chiese non sono “semplici luoghi di riunione”, ma “edifici destinati al culto divino” e “dimora di Dio”, in cui “la verità e l'armonia dei segni che la costituiscono devono manifestare Cristo che in quel luogo è presente e agisce”.
Così recita il Catechismo della Chiesa cattolica (1179 e 1180), nella sua seconda parte, a proposito del luogo ove deve avvenire la celebrazione del mistero cristiano. E fino a prova contraria, il Catechismo è espressione viva di un depositum fidei.
Un deposito che a molti cattolici sembra inesorabilmente svuotarsi quando si assiste all’uso delle chiese per attività lontane dalla liturgia, finanche dalla carità. Attività mondane, persino bizzarre, come mostre di pitture accusate di blasfemia o banchetti con maiale allo spiedo, nonché intrattenimenti sportivi e danzanti. Le polemiche sulla liceità di alcune opere destinate ai luoghi sacri hanno accompagnato tutta la storia della Chiesa, ma negli ultimi anni è sempre più evidente che provocazioni e affronti alla sensibilità religiosa stiano prevalendo sull'arte autentica come espressione di bellezza.
Dall’altare alla console
Sant’Agostino affermava che “chi canta prega due volte”, ma forse qualcuno in Austria ha equivocato la frase e ha esteso il concetto al ballo. Nel Paese al di là delle Alpi alcune importanti chiese sono diventate teatro di concerti di musica elettronica. No, non si tratta di luoghi di culto sconsacrati. Il duomo di Linz e quello di Klagenfurt, come testimoniano i video diffusi in Rete o il sito di una diocesi stessa, ospitano questi appuntamenti dance con una certa frequenza.
Non è da meno il duomo di Innsbruck, dedicato a San Giacomo, patrono dei viaggiatori. Dentro questo gioiello barocco, a viaggiare sono le note psichedeliche della musica elettronica. Eventi simili si consumano anche a Vienna, nella chiesa di St. Peter, con il plauso del rettore, padre Christian Spalek. L’iniziativa, dal titolo evocativo Electric Church, non è affatto gratuita: i biglietti d’ingresso per assistere a queste esibizioni da discoteca possono arrivare ad oltre settanta euro.
Tennis in chiesa
Si parla molto di “Chiesa in movimento”, ma qualcuno ha frainteso. Dal ballo nelle chiese austriache al gioco del tennis in una altrettanto bella, ma in disuso, chiesa milanese. Qualche giorno fa il Corriere della Sera, nella sua rubrica Dove, ha dato notizia di un progetto artistico unico nel suo genere ad opera dell’americano Asad Raza. Nella chiesa San Paolo Converso, inutilizzata per le funzioni liturgiche fin dall’occupazione napoleonica della città, per tre giorni a settimana a farla da padrone sono racchette e palline da tennis.
Sotto colonne, statue, affreschi e altre meraviglie artistiche ci sono un campo sintetico e una rete tesa, con due contendenti che si lanciano la pallina gialla con le racchette. “Questo movimento, ossia farla rimbalzare, produce una sospensione, quasi uno stato meditativo”, afferma con un certo trasporto Asad Raza.
Suino allo spiedo…
Molto più materiale è stato invece l’intento, nel 2013, del vescovo di Hildesheim, in Germania, nell’organizzare un pranzo con porchetta allo spiedo e fiumi di birra all’interno della cattedrale. Mons. Robert Trelle decise di festeggiare così, con i fedeli e le maestranze, la fine della ristrutturazione della chiesa. Ma l’immagine destò più di qualche polemica, al punto di spingere la diocesi a rimuoverla dal proprio sito dove in un primo momento era stata pubblicata.
…e bovino in croce
Dai suini ai bovini, ma stavolta finti. In Belgio, a Looz, qualche settimana fa è comparsa in una chiesa, dissestata e semi-abbandonata ma mai sconsacrata, la scultura di una mucca crocifissa. Un gruppo di fedeli ha reagito a quella che è stata reputata una blasfemia, ritrovandosi nella chiesa di Kuttekoven (così si chiama) per recitare un Rosario di riparazione al motto “Fermate la blasfemia e l’arte degenerata. Pregate per la riabilitazione”.
Tributo a Mao e alla donna immigrata
Preghiera pubblica che è un gesto estremamente rischioso nei Paesi in cui vigono regimi totalitari, atei e comunisti, come era la Cina di Mao Tse-Tung. La scorsa estate a Roccasecca, nel frusinate, è comparsa nella chiesa di San Tommaso una mostra celebrativa del padre della rivoluzione cinese. Gigantografie di Mao sono state poggiate ad ogni lato del luogo di culto coprendo così gli affreschi del ‘400. Le comprensibili polemiche sono state spente dopo qualche giorno direttamente dal parroco, don Xavier Razanadahy, che si è così scusato con i fedeli: “L’allestimento di simili immagini in questo luogo di culto ha rappresentato una ferita alla sensibilità religiosa di tanti nostri concittadini e fedeli”.
Dalla Cina alla Palestina. Un mese più tardi l’affaire Roccasecca, la scelta di sostituire i volti dei santi da una chiesa con quelli di dittatori sanguinari o persone comuni è avvenuta a Noli, in provincia di Savona. Qui – senza alcun intento blasfemo, ma suscitando perplessità – sulla facciata della chiesa di San Francesco è comparso il volto di Rasha, profuga palestinese giunta ora in Italia. L’opera dell’artista Adrian Paci è spuntata in un riquadro dove sorge un affresco religioso sbiadito dal tempo e dall’incuria. Oggi, quale involontario emblema di una Chiesa sempre più orizzontale e meno verticale, il riferimento celeste è stato sostituito dall’immagine della donna immigrata. E il suo volto viene proiettato anche dentro il luogo di culto, dalle parti dell’abside, dove qualche fedele si aspetterebbe di trovare un tabernacolo.
Stupri, suore discinte ed “Eucarestia al peperoncino”
Donne al centro della “dimora di Dio” anche ad Ostia. Nella località balneare romana ci furono polemiche nel febbraio 2016, quando il parroco della chiesa Regina Pacis, don Ludovico Barbangelo, fece coprire il dipinto “Gloria e opere di San Vincenzo Pallotti” di Mario Rosari, che rappresenta un inferno nel quale si consuma, dietro le foglie di una pianta, lo stupro di una donna. Dopo la decisione del sacerdote, ci fu una manifestazione di protesta da parte di un drappello di alfieri della libertà artistica senza censure. Ma don Barbangelo si fece interprete di un sentimento diffuso tra i fedeli, per i quali l’opera era “blasfema”.
Come riportava LuccaInDiretta nell'ottobre 2016, aveva un intento “provocatorio e dichiaratamente blasfemo” l'allestimento di fumetti “tra l'osé, il mistico e l'esoterico” dentro la chiesa dei Servi nell'ambito di Lucca Comics and Games. Ad accogliere i visitatori nella chiesa l'immagine provocante di suor Clerance, “che mostra le grazie molto profane e poco sacre”.
Ancora Toscana. Il marchio “dissacrante” fu affibbiato nel febbraio scorso alla mostra dell’artista Giuseppe Carta, nella chiesa di Sant’Agostino, a Pietrasanta (Lucca). Lo psichiatra Mario Di Fiorino protestò rivolgendo una lettera pubblica all’arcivescovo di Pisa: “In una chiesa dove ci sono ancora altari con il tabernacolo, vengono esposte opere di dubbio gusto come altari con ostensori contenenti invece dell'ostia dei peperoncini. Anche la fronte di Nostro Signore è ornata da una corona di peperoncini”. Secondo Di Fiorino, “permettere una mostra che dissacra l’Eucarestia e l’esposizione del Santissimo è un atto molto grave”.
La reazione dei cattolici
Voci di cattolici si sono levate contro la blasfemia nei luoghi di culto anche a Carrara, nel 2013. Qui una statua con gambe divaricate dell’artista Donia Maaoui fu esposta davanti al crocifisso nella chiesa delle Lacrime. Il primo a reagire, in modo vibrante, fu il consigliere comunale Alessandro Bruzzi. Qualche benpensante puntò il dito, ma la protesta coinvolse altri fedeli spingendo gli organizzatori a coprire l’opera con un telo. Fu la testimonianza che l’indignazione dei cattolici, quando offesi nella propria sensibilità, può scuotere le coscienze e provocare interventi riparatori. Meglio tardi che mai.