Ucraina, il Papa: “L’export di grano dimostra che il dialogo è possibile”

Papa Francesco auspica che la ripresa delle esportazioni di grano e cereali possa riaprire i colloqui per "arrivare a una pace giusta e duratura"

Papa Francesco Angelus grano
Foto © Vatican Media

La ripresa dell’export di grano come possibile spiraglio di dialogo. Papa Francesco, al termine dell’Angelus, esprime soddisfazione per “la partenza dai porti dell’Ucraina delle prime navi cariche di cereali“. Un passo che, secondo il Santo Padre, “dimostra che è possibile dialogare e raggiungere risultati concreti, che giovano a tutti. Pertanto, tale avvenimento si presenta anche come un segno di speranza, e auspico di cuore che, seguendo questa strada, si possa mettere fine ai combattimenti e arrivare a una pace giusta e duratura”. La ripresa dei commerci significa un deciso passo anche in direzione della stabilità alimentare mondiale. L’auspicio è che possa fornire lo spunto decisivo per riaprire un tavolo negoziale abbandonato da troppo tempo.

L’Angelus del Papa

Nell’Angelus domenicale, Papa Francesco ha condiviso una riflessione sulla rassicurazione che Gesù offre ai suoi discepoli in merito a possibile paure, esortandoli alla vigilanza. Attraverso due concetti, ossia il “non temere” e “l’essere pronti”. Due inviti che sono anche due incoraggiamenti: “Per prima cosa – ha detto il Papa – Gesù incoraggia i discepoli. Ha appena finito di parlare loro della cura amorevole e provvidente del Padre, che si preoccupa dei gigli dei campi e degli uccelli del cielo e, quindi, tanto più dei suoi figli. Perciò non bisogna affannarsi e agitarsi: la nostra storia è saldamente nelle mani di Dio”. Un invito che ci rincuora, offrendoci consolazione rispetto ai possibili sentimenti di sfiducia, angoscia e alla paura di non farcela. “E allora ci affanniamo per cercare soluzioni, per trovare qualche spazio in cui emergere, per accumulare beni e ricchezze, per ottenere sicurezze; e come finiamo? Finiamo per vivere nell’ansia e nella preoccupazione costante”.

Custodi della bellezza

Sapere che il Signore veglia su di noi, però, “non ci autorizza a dormire, a lasciarci andare alla pigrizia! Al contrario, dobbiamo essere svegli, vigilanti. Amare infatti significa essere attenti all’altro, accorgersi delle sue necessità, essere disponibili ad ascoltare e accogliere, essere pronti”. Concetto che introduce alla seconda parola: “Siate pronti”. Un invito che è saggezza cristiana: “Avere questa attenzione al Signore, non essere addormentati. Bisogna stare svegli. E alla fine della nostra vita ci chiederà conto dei beni che ci ha affidato; per questo, vigilare significa anche essere responsabili, cioè custodire e amministrare quei beni con fedeltà. Tanto abbiamo ricevuto: la vita, la fede, la famiglia, le relazioni, il lavoro, ma anche i luoghi in cui viviamo, la nostra città, il creato”. Per questo, ha concluso il Papa, bisogna riflettere sulla cura prestata al bene ricevuto: “Ne custodiamo la bellezza oppure usiamo le cose solo per noi e per le nostre convenienze del momento?”.