“Ospedali aperti”, così saranno curati i poveri in Siria

Un grande incontro di spiritualità che coinvolga i leaders religiosi cristiani per la pace del Mediterraneo e un'azione concreta in Siria per aiutare le persone bisognose a ricevere le necessarie cure sanitarie. Sono le due iniziative presentate dal presidente della Cei cardinale Gualtiero Bassetti e dal nunzio apostolico in Siria cardinale Mario Zenari nel corso di una conferenza stampa nella sede della Radio Vaticana. Un'iniziativa che vuole anche essere un omaggio per i cinque anni del Pontificato di Papa Francesco, come ha sottolineato nella sua introduzione il direttore dell'Ufficio comunicazioni della Cei, don Ivan Maffeis, che ha ricordato il “fil rouge” dei ripetuti interventi del S. Padre a favore dell'”amata e martoriata Siria”, dalla veglia di preghiera del 7 settembre 2013 all'Angelus di un paio di settimane fa.

Un incontro per la pace

“Il Medio Oriente è sull'orlo di una spaventosa deflagrazione di cui la Siria è l'indicatore più grave” ha affermato il cardinale Bassetti che si è poi chiesto “cosa può fare la Chiesa“. L'arcivescovo di Perugia ha ricordato la “risposta solidale” messa in atto dal 2014, attraverso la Caritas, con 15 progetti in diversi ambiti, finanziati con circa 5 milioni provenienti dai fondi dell'8 per mille. Poi ha annunciato questo grande incontro per la pace, ispirato dalla figura di Giorgio La Pira, che definiva il Mediterraneo “il grande lago di Tiberiade”. La proposta è stata fatta ai vescovi del Consiglio permanente ed ha riscosso grande entusiasmo: l'inziativa, ha sottolineato Bassetti, è ancora in fase embrionale e dovrebbe tenersi dopo il Sinodo di ottobre, probabilmente nella primavera del 2019, in un luogo da definire. “Il Mediterraneo è la culla delle tre religioni abramitiche – ha ricordato il presidente della Cei – e la trascendenza presente in esse può diventare un elemento per costruire la pace”.

L'iniziativa sanitaria

Il progetto “Ospedali aperti” è stato illustrato da Giampaolo Silvestri, segretario generale dell'ong Avsi, a cui è stata affidata la gestione. I numeri della crisi siriana sono impressionanti: l'80% della popolazione vive in povertà, il 69% in estrema povertà. Oltre 11 milioni di persone non possono accedere alle cure, il 40% di queste sono bambini. Oltre metà delle strutture sanitarie pubbliche sono state distrutte. Il progetto, ideato dal cardinale Zenari, conta di poter offrire terapie e interventi chirurgici a 40.000 persone in tre anni in due ospedali di Damasco (l'italiano e il francese) e in uno di Aleppo (francese), gestiti da congregazioni religiose. Inoltre, la Fondazione Gemelli, che sostiene l'iniziativa, si farà carico della formazione del personale sanitario, visto che due terzi di quello che c'era prima della guerra è andato via dalla Siria. L'iniziativa ha un budget di 18 milioni di euro, 7 dei quali sono stati già raccolti (uno è arrivato dalla Cei). Ad oggi sono oltre 2.000 le persone già assisitite.

Guerra senza fine

Drammatico lo scenario dipinto dal cardinale Zenari, che ha scherzato definendosi “un nunzio veterano di guerra“, visto che da 19 anni opera in nazioni teatro di conflitti. “Sono in Siria da 9 anni, ho vissuto la guerra giorno per giorno e l'ho vista cambiare completamente. Dalla protesta iniziale è diventata un conflitto armato che vede fronteggiarsi cinque tra i più potenti eserciti del mondo – ha detto il porporato –  Oggi vedo la Siria come il malcapitato della parabola del Buon Samaritano che incappa nei briganti. Non sta a me dire chi sono i ladroni che hanno aggredito, massacrato e lasciato sul ciglio della strada quel Paese. Certo – ha aggiunto – ci sono i Samaritani. E' il mondo della Chiesa in uscita. Quando Aleppo è stata liberata, con mons. Dal Toso ci siamo detti che bisognava aprire un centro di aiuto. Era il dicembre 2016. Lo scorso Natale siamo tornati, con una delegazione delle Chiese orientali, e l'accoglienza è stata una sorpresa. C'era una coda lunghissima di musulmani. Quando ci hanno visto uno ha gridato 'Allah è grande, i cristiani ci hanno aiutato'. Un altro ha chiesto a un operatore 'perché voi che siete cristiani aiutate noi musulmani?' e quello ha risposto 'proprio perché siamo cristiani'. Non andiamo a fare proselitismo ma penso che sia una bellissima occasione per acquistare in simpatia, per abbattere il clima di sfiducia. Io non mi sento il nunzio solo dei cristiani ma di tutti i siriani”.

Le difficoltà del dialogo

Il cardinale Zenari ha ammesso le difficoltà “del dialogo per favorire la pace. Al'inizio pensavo al ruolo della Chiesa per esempio in America Latina o in Africa. Ma in Siria siamo il 2-3%. Toccherebbe ai leaders musulmani prendere l'iniziativa ma sono sunniti ed è molto difficile”. Il potere, infatti, è nelle mani della minoranza alawita del presidente Assad. “I gruppi minoritari – ha aggiunto il nunzio – sono quelli più a rischio, sono l'anello debole, e i cristiani sono quelli nelle condizioni peggiori” anche perché hanno fatto “la scelta, giusta, di non armarsi”. Non a caso difficilmente tornano nelle loro case, a parte gli sfollati interni: “I musulmani in questo caso dovrebbero fare la loro parte riconoscendo pari diritti e rispettandoli – ha detto il card. Zenari – I cristiani sono una finestra sul mondo per la Siria, bisognerebbe motivarli e aiutarli materialmente a restare e a tornare, perché altrimenti il Paese rischia di impoverirsi ulteriormente”.

Papa Francesco

Il cardinale Bassetti, a margine della conferenza stampa, ha anche commentato l'anniversario dell'elezione di Papa Francesco, a cominciare dalla sua insistenza sulla misericordia: “E' aprire ai poveri, ai miseri il proprio cuore. La misericordia è l'annuncio del Vangelo di Gesù. Il Papa ha compreso che per questa società ferita, che è un ospedale da campo, dove tutti più o meno hanno le loro ferite, o un'ambulanza, come diceva don Primo Mazzolari, l'atteggiamento della misericordia, che è quello fondamentale del cuore di Dio, è l'unico per sanare, curare la nostra società“. Riferendosi poi all'apertura dell'Anno giubilare in Africa, il porporato ha aggiunto: “Aprire la porta della misericordia in uno dei Paesi più travagliati del mondo per via della guerra, in uno dei Paesi più poveri per via della miseria e della fame, ha voluto dire che il cuore di Dio si china sugli ultimi. E' stato un gesto emblematico. Se vogliamo risolvere i problemi dell'umanità, in tutti i sensi, dalle guerre al terrorismo, alla fame, bisogna ripartire da quel gesto di Bangui“. Un cenno anche alla lettera di Papa Benedetto resa nota ieri: “E' quello che Papa Benedetto ha sempre sostenuto. Chi lo contrapponeva a Francesco non si è reso conto che li offendeva tutti e due nella stessa misura. Il Papa emerito ha riportato da par suo le cose su un piano di giustizia e dimostrato che Francesco è un grande pastore perché è un grande teologo”.