Filippine: 4 vescovi accusati di “sedizione”

Le accuse di sedizione contro quattro vescovi e tre sacerdoti cattolici “sono incredibili, andiamo oltre il razionale. Si tratta di persone che amano la patria e hanno una coscienza limpida”. E' il commento su Fides del presidente della Conferenza episcopale filippina, mons. Romulo Valles, alla notizia della messa in stato di accusa di 40 persone confermata dalla polizia per “incitamento alla sedizione, calunnie online e ostacolo alla giustizia”. Fra i fermati vi sono 4 vescovi, 3 sacerdoti, il vice presidente delle Filippine e diversi membri dell'opposizione. Le denunce sono state presentate alcuni giorni fa dal Gruppo per le indagini criminali della polizia di Stato. I rapporti tra Stato e Chiesa sono tesi da tempo: lo scorso dicembre Duterte aveva detto ai fedeli cristiani: “Pregate a casa, non pagate quegli idioti di vescovi”, in prossimità delle feste natalizie.

I nomi

I vescovi accusati sono mons. Honesto Ongtioco di Cubao, mons. Pablo Virgilio David di Kalookan, mons. Teodoro Bacani di Novaliches e mons. Socrates Villegas di Lingayen-Dagupan. I sacerdoti sono p. Flaviano Villanueva, p. Albert Alejo e p. Robert Reyes. Proprio p. Reyes commenta: “Si tratta di una mossa patetica per distrarre la popolazione dall'avvento del totalitarismo. Questa decisione potrebbe dare la sveglia agli indecisi e agli indifferenti”. Secondo p. Jerome Secillano, presidente dell'Ufficio Affari pubblici della Conferenza episcopale, la messa in stato di accusa “rappresenta una scelta chiara. Si vuole spaventare quei chierici che criticano il governo e metterli a tacere. I nostri fratelli non hanno mai combattuto il governo o Duterte: sono contro le politiche repressive che danneggiano i poveri”. Lo scorso 22 luglio un'imponente manifestazione aveva marciato sotto la pioggia per le strade di Manila, la capitale, per protestare contro il controverso presidente dello stato del sud est asiatico nel giorno in cui Duterte ha tenuto il suo discorso annuale alla nazione. Nel discorso ha chiesto al parlamento di ripristinare la pena di morte per portare avanti la sua guerra contro la droga denunciata in passato da Amnesty International che l'aveva definita una “barbarie”.