Chi sono i Santi del nuovo millennio

Ci sono più santi che nicchie” scriveva Honoré de Balzac ne Il medico di campagna. Quando si parla di santità occorre subito mettersi al riparo da una tendenza in voga da sempre: quella della superbia, che eleva l’uomo a una presunta superiorità che oscura gli altri fino ad eclissarli. I Santi, quelli veri, ci insegnano invece che non esiste un vademecum della santità. Seguire le orme del Cristo, raggiungere quella che i mistici chiamano “imitatio Christi” non ha nulla di ieratico. Al contrario, è un cammino profondamente radicato nella storia di ciascuno. Lo ha ricordato anche Papa Francesco nell’Esortazione Apostolica Gaudete et Exsultate. Sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo: “la santità è una via per tutti”. Il Pontefice mette in guardia dalla tentazione di dipingere i Santi come icone, “simulacri vuoti”, spogliandoli di quell’umanità che ha del “miracoloso” perché pervasa da Cristo. “Molte volte – ricorda il Papa – abbiamo la tentazione di pensare che la santità sia riservata a coloro che hanno la possibilità di mantenere le distanze dalle occupazioni ordinarie […]. Non è così”. Il modello è, piuttosto, la “santità della porta accanto“, che ha bisogno della fede per elevarsi, ma è tale perché si cala nelle vite di ciascuno.

“Unità nella diversità”

La schiera dei Santi canonizzati negli ultimi tre Pontificati dipinge il carattere universale della Chiesa cattolica. L’immagine – mutuata da Papa Francesco – è quella del poliedro, un modello ecclesiologico a più facce che non standardizza ma, al contrario, rivela la molteplicità nell’Unità di Dio. Come scrive il Pontefice nell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium: “Non è un’unità qualsiasi. Non è un’uniformità […]. Il modello è il poliedro, che riflette la confluenza di tutte le parti che in esso mantengono la loro originalità e questi sono i carismi, nell’unità ma nella propria diversità. Unità nella diversità“. La trama simbolica rappresentata dai Santi degli ultimi trent’anni, inoltre, permette di leggere il mistero dell’Incarnazione nella storia pulsante dei popoli di tutti i tempi. Non deve, dunque, meravigliare la “differenza” fra i Santi da un Pontificato all’altro. Come ricorda il vaticanista Paolo Rodari su Repubblica, attraverso “beati e santi […], i Pontefici esprimono un modello di Chiesa. Canonizzare o non canonizzare una persona […] significa anche scegliere se esercitare o meno un potere reale, concesso da secoli soltanto a chi siede sul soglio di Pietro”. In questa veste senza cuciture che è la Chiesa, i Santi non sono solo espressione di una devozione popolare, ma di un profilo di cristianità modello per il popolo di Dio: nell’avvicendarsi dei Pontefici, salta all’occhio un’immagine varia e viva dello Spirito Santo al passo coi tempi.

Papa Giovanni Paolo II: 482 Santi

La provenienza dei Santi canonizzati da Papa Giovanni Paolo II

La Chiesa “martiriale” di Wojtyła

Il Santo è, innanzitutto, un testimone della fede e da sempre la Chiesa dà grande rilevanza ai martiri, a coloro, cioè, che hanno pagato con il sangue l’adesione a Cristo. Nel corso della Storia, il martirio ha subìto varie forme, non solo quella della “sentenza di morte” nelle arene dell’Antica Roma. Quando era ancora un giovane ragazzo, il polacco Karol Wojtyła sperimentò, infatti, la morsa della persecuzione nei regimi nazista e comunista. La Chiesa di Papa Giovanni Paolo II non potè che essere una Chisa martiriale: il Pontefice canonizzò, infatti, 388 uomini e donne morti in odio alla fede. 
Ci sono i martiri coreani, dal 13enne Peter Yu al 72enne Mark Chong, uccisi dal regime negli anni Cinquanta dell’Ottocento. Nell’omelia della messa di canonizzazione pronunciata in Piazza Youido a Seoul (6 maggio 1984), Papa Wojtyła ricordò: “I martiri coreani hanno portato la loro testimonianza al Cristo crocifisso e risorto. Attraverso il sacrificio della propria vita essi sono diventati simili a Cristo in un modo molto speciale”. Dall’Asia provengono anche i martiri Lorenz Ruiz e i suoi compagni, torturati e uccisi a Nagasaki, in Giappone, fra il 1633 e il 1637, che il Pontefice canonizzò nel 1981: “Nelle loro sofferenze, il loro amore e l’imitazione di Gesù ha raggiunto il suo compimento, e la loro conformazione a Gesù, l’unico mediatore, fu portata alla perfezione” ricordò il Papa nella Giornata dedicata alla preghiera per le Missioni, rammentando il sacrificio di molti Cristiani nell’evangelizzazione in luoghi poco ospitali. La fatica del lavoro apostolico è stata presente anche in Vietnam, dove il sacerdote Andrea Dung-Lac e i suoi compagni persero la vita a causa di persecuzioni perpetrate dagli stessi re del Paese: nel 1988, i cristiani vietnamiti furono canonizzati e in quest’omaggio della Chiesa al popolo di Dio, il Papa polacco riversò la sua diretta esperienza delle persecuzioni religiose che, nonostante l’isolamento, non trancano mai il rapporto fra il cristiano e Gesù Cristo: “Il divino Maestro non ha lasciato i suoi discepoli e i suoi fedeli indifesi di fronte alle grandi persecuzioni: ‘Quando vi arresteranno non preoccupatevi di ciò che direte; non sarete voi a parlare; lo Spirito di vostro Padre parlerà per voi'” ricordò per l’occasione il Pontefice. Si rischiò una frattura fra Santa Sede e Repubblica Popolare Cinese nel 2000, quando Papa Giovanni Paolo II canonizzò 120 martiriuccisi in Cina dai boxer, una setta xenofoba e anticristiana. Per l’occasione, Pechino bollò i neosanti quali nemici della Repubblica cinese e quando il Papa ne fu al corrente non se l’aspettò. Come ricorda mons. Celli, lo scopo di Wojtyła era un altro, come esemplificato dalle parole da lui pronunciate il 7 maggio per il Regina Caeli: “Fare memoria degli eroici testimoni della fede del secolo ventesimo significa preparare il futuro, assicurando solide basi alla speranza. Le nuove generazioni devono sapere quanto è costata la fede che hanno ricevuto in eredità, per raccogliere con gratitudine la fiaccola del Vangelo e con essa illuminare il nuovo secolo e il nuovo millennio”.

Il germogliare dei Santi “mittleuropei”

In epoca più recente i regimi totalitari, pur nelle loro forme, non hanno impedito la nascita di Santi che furono fulgidi esempi di fede. Questo avvenne soprattutto in Europa, dove la caduta del Muro di Berlino rivelò luci e ombre di un sogno europeo ancora in divenire, Sotto il Pontifcato di Wojtyła, furono canonizzati tanti uomini e donne provenienti dall’est-europa. Al centro, la Polonia che, a dispetto della provenienza del Papa, fu eletta a sorgente di una Cristianità feconda. Testimone mistica e spirituale, canonizzata da Giovanni Paolo II nel 2000, fu Maria Faustyna Kowalska, l’ancella della Divina Misericordia. Per il Pontefice, la Santa è testimone diretta della presenza di Dio nella Storia: “Dalla divina Provvidenza la vita di questa umile figlia della Polonia è stata completamente legata alla storia del ventesimo secolo, il secolo che ci siamo appena lasciati alle spalle. È, infatti, tra la prima e la seconda guerra mondiale che Cristo le ha affidato il suo messaggio di misericordia” ricordò il Santo Padre nell’omelia pronunciata durante l’anno giubilare. Per Wojtyła era bene ricordare che i Santi testimoni erano protagonisti attivi della storia. Come Alberto Adamo Chmielowski, il frate-pittore che morì di cancro un anno dopo lo scoppio della Grande Guerra in un rifugio per i poveri, gli ultimi ai quali aveva deciso di dedicare tutta la sua vita. Fratel Alberto incise profondamente nella vocazione di Wojtyła  ai tempi in cui era un giovane allievo di teatro. In Dono e mistero (1966) così scriveva il Pontefice: “Mi domando a volte quale ruolo abbia svolto nella mia vocazione la figura del Santo Frate Alberto […]. Quest’uomo a un certo punto della sua vita rompe con l’arte, perché comprende che Dio lo chiama a compiti ben più importanti. Venuto a conoscenza dell’ambiente dei miserabili di Cracovia, il cui punto d’incontro era il pubblico dormitorio […] Adam Chmielowski decide di diventare uno di loro, non come elemosiniere che arriva da fuori per distribuire dei doni, ma come uno che dona se stesso per servire i diseredati“. Papa Giovanni Paolo II svolse un ruolo decisivo nella caduta del Muro di Berlino: ciò testimonia che la vocazione del cristiano s’immerge nel ruolo della società. Fra i suoi canonizzati, c’è il carmelitano Raffaele Kalinowski, un Santo intessuto nella trama della storia politica della Lituania. Come ricordò Wojtyła “Prima che gli fosse dato di iniziare il cammino sulla via della vocazione alla vita carmelitana, dove si avvicinò all’esperienza della ‘notte oscura’ della fede, della speranza e dell’amore di Dio, Cristo lo ha guidato attraverso la ‘notte oscura’ dell’amore per la Patria terrena”. Nella Evangelii Gaudium Papa Francesco ha ricordato che “la politica […] è una vocazione altissima, una delle forme più preziose di carità”. San Raffaele Kalinowsky fu condannato a morte, una pena poi commutata ai lavori forzati in Siberia, in seguito divenne precettore del principe Augusto Czartoryski: una testimonianza di Santo inserito nella vita politica del proprio Paese.

Le Sante di Wojtyła

Tutto il Pontificato di Giovanni Paolo II è una lunga riflessione della Chiesa sulla donna, che il Pontefice ringraziò per il suo “mistero” nella lettera apostolica Mulieris dignitatem (1988). Non stupisce, quindi, che le Sante del suo Pontificato esprimano la fortezza e il vigore della fede, come la già citata Maria Faustyna Kowalska. Ci sono, per esempio, testimoni luminose del periodo buio della Shoah, come Teresa Benedetta della Croce, al secolo Edith Stein, brillante teologa e dedita al prossimo sino a farsi ultima: “Siamo tutti membri di un’unica famiglia umana” amava ripetere. La giovane carmelitana prestava servizio fra le sue consorelle quando, nell’agosto del ’42, la Gestapo la condusse ad Auschwitz, dove morì nelle camere a gas. Poco dopo la sua morte, il professore e amico Jan Nota scrisse di lei: “Per me lei è, in un mondo di negazione di Dio, una testimone della presenza di Dio“. La dignità della donna germoglia nelle situazioni più difficili, quando la forza di Dio si fa prossima al martire. Durante il Giubileo, il Papa canonizzò la sudanese Giuseppina Bakhita, venduta come schiava e costretta ad emigrare in Italia settentrionale: “Tuttavia – disse nell’omelia alla Messa di canonizzazione – comprese la verità profonda che Dio, e non l’uomo, è il vero padrone di ogni essere umano, di ogni vita umana. Questa esperienza divenne fonte di grande saggezza per questa umile figlia d’Africa”. La Chiesa di Papa Giovanni Paolo II diede un forte impulso alle vocazioni dei non religiosi. Fra le Sante laiche, Gianna Berretta Molla fu testimone di quella Chiesa baciata dell’amore di Dio anche, e soprattutto, nella famiglia: “Sull’esempio di Cristo, che “avendo amato i suoi… li amò sino alla fine” (Gv 13,1), questa santa madre di famiglia si mantenne eroicamente fedele all’impegno assunto il giorno del matrimonio. Il sacrificio estremo che suggellò la sua vita testimonia come solo chi ha il coraggio di donarsi totalmente a Dio e ai fratelli realizzi se stesso” ricordò Wojtyła.

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Papa Benedetto XVI: 45 Santi

La provenienza dei Santi canonizzati da Papa Benedetto XVI

Rispetto alle canonizzazioni di Papa Giovanni Paolo II che – come ricorda Paolo Rodari su Repubblica – rappresentarono più della metà delle santificazioni della Chiesa Cattolica, i Santi della Chiesa di Papa Benedetto XVI furono minori: a tal proposito, si deve tener conto anche dei suoi anni di Pontificato, non comparabili a quelli di Wojtyła. Eppure, dando un’occhiata alla mappa che individua i luoghi di nascita o di morte dei Santi, colpisce la presenza della Chiesa negli angoli più remoti del mondo.

Una “Chiesa missionaria”

Le santificazioni sotto Ratzinger riflettono la linea missionaria inaugurata dal Pontefice, nato sì nel cuore dell’Europa, ma teso a raggiungere quelle “periferie” che avrebbero caratterizzato la linea programmatica del suo successore. Dopo Giovanni Paolo II, Papa Benedetto XVI fu il secondo Papa nella storia a viaggiare in America Latina e, se non si contano tanti viaggi, se ne annoverano però di significativi, come le visite a São Paulo e Aparecida, per esempio, inaugurandoil santuario di Nossa Senhora Aparecida e la V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e Caraibico. Fu Ratzinger a canonizzare il primo santo del BrasileAntonio de Sant’Anna Galvão, testimone integrale della teologia del popolo, così feconda nel subcontinente latino: “Significativo è l’esempio di Fra Galvão per la sua disponibilità al servizio del popolo, ogni qualvolta veniva interpellato” ricordò il Pontefice nella Messa di canonizzazione celebrata a São Paulo (2007). Letta dalle canonizzazioni di Papa Benedetto XVI, l’America Latina è il Paese della testimonianza di Cristo, che si fa prossimo agli ultimi fino al martirio. Significativa in tal senso fu la canonizzazione del messicano Rafael Guízar Valencia, un vescovo che si consumò per la sua diocesi fino all’ultimo. Nel 1919, il prelato contrastò personalmente la persecuzione dei Cristiani in Messico attraverso un giornale, poi chiuso dai rivoluzionari: erano gli anni della censura per i seguaci di Cristo, ma San Rafael Valencia non si perse d’animo e raggiunse sempre i suoi fedeli bisognosi, anche attraverso travestimenti da venditore di ninnoli e musicista. È il coraggio della vocazione quello che caratterizza i Santi canonizzati da Bendetto XVI: una virtù che non solo sfida gli ostacoli, ma anche le convenzioni sociali. Il Pontefice, per esempio, canonizzò la prima Santa amerindaCaterina Tekakwitha, nata nello stato di New York ma di etnia irochese, che si prodigò per l’evangelizzazione nonostante le persecuzioni dei gruppi locali. Di lei, Papa Ratzinger disse: “Kateri ci impressiona per l’azione della grazia nella sua vita in assenza di sostegni esterni, e per il coraggio nella vocazione tanto particolare nella sua cultura. In lei, fede e cultura si arricchiscono a vicenda!”. L’ecumene delineato da Papa Benedetto XVI svela una Chiesa in azione al centro come ai confini. È quella di San Josef Daamian de Veuster, il religioso belga che sul finire dell’Ottocento partì per le isole Hawaii e si dedicò all’assistenza dei lebbrosi fino a contrarre la stessa malattia e morirne nel 1889. Oppure di Maria della Croce MacKillop, la Santa di Melbourne tutta dedita all’assistenza dei poveri nelle colonie che accettò la scomunica del suo vescovo, che non comprese il suo progetto. Ben tre Pontefici – oltre a Benedetto XVI, anche Giovanni Paolo II e Paolo VI – pregarono sulla sua tomba. Di lei, Papa Benedetto XVI ricordò: “La sua perseveranza di fronte alle avversità, il suo appello per la giustizia in favore di coloro che venivano trattati ingiustamente e il suo esempio concreto di santità […] diventati una fonte di ispirazione per tutti gli australiani”.

Laici e donne a imitazione di Cristo

La Chiesa missionaria è tale anche per la presenza di Santi laici. Pochi mesi prima di lasciare il soglio pontificio, Papa Ratzinger canonizzò Pietro Calungsod, un giovane catechista filippino che seguì i missionari gesuiti spagnoli per evangelizzare i Chamorros nelle Isole Marianne, una “testimonianza coraggiosa” come disse Papa Benedetto XVI. L’unico santo equipollente canonizzato da Ratzinger è la tedesca Ildegarda di Bingen, nominata dottore della Chiesa insieme a San Giovanni D’Avila in occasione dell’apertura del Sinodo dei Vescovi per la “Nuova evangelizzazione”. Spettatrice dei rivolgimenti accaduti nel Medioevo, la monaca benedettina incarnò appieno la regola monastica nella sua persona, unendo la contemplazione – spesso sotto la forma di visioni mistiche – all’azione del ruolo da lei svolto. Di lei, il Papa disse: “Ildegarda nutrì uno spiccato amore per il creato, coltivò la medicina, la poesia e la musica. Soprattutto conservò sempre un grande e fedele amore per Cristo e per la sua Chiesa”.

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Papa Francesco: 898 Santi

La provenienza dei Santi canonizzati da Papa Francesco

L’elezione di Papa Francesco ha contribuito richiamare ai fedeli cattolici il carattere universale della Chiesa. Con il 42% dei Cattolici, l’America Latina è il primo Continente cattolico al mondo. Non meraviglia, dunque, che la sua sensibilità gli abbia permesso di far conoscere il carisma di tanti Santi oltreoceano. Papa Francesco incarna la “Chiesa in uscita” che si rivolge alle periferie e i centinaia di Santi assunti alla gloria degli altari ne sono una conferma.

I Santi delle “periferie”

La canonizzazione di Pietro Favre, fra i primi compagni di Sant’Ignazio di Loyola, ha un significato profondo. Per il Pontefice, il Santo gesuita fu l’apostolo della dolcezza del Vangelo perché, nonostante l’onda protestante, evangelizzò senza “bastonate inquisitorie, di condanna”. Il Papa ricorda che fu testimone di un Vangelo che “si annunzia con dolcezza, con fraternità, con amore. La sua familiarità con Dio lo portava a capire che l’esperienza interiore e la vita apostolica vanno sempre insieme“.  Nell’epoca della Controriforma, evangelizzare nelle periferie significava impegnarsi completamente in una causa affidandosi alla Divina Provvidenza. Il Papa, formatosi in ambienti che devono tutto a questi “pionieri della fede”, ha una fraterna affezione per loro. François de Montmorency-Laval, missionario morto in Canada nel Seicento, è annoverato fra coloro che tennero a modello Cristo crocifisso. La Chiesa di Francesco vuole ricordare che la missione evangelizzatrice è innanzitutto un atto d’amore e miserciordia, perché porta la Parola ai più lontani. Una vita virtuosa fu quella di San Giuseppe de Anchieta, denominato “l’apostolo del Brasile”, che evangelizzò gli aborigeni difendendoli dagli abusi dei colonizzatori portoghesi. Questo testimone di Cristo suggerisce che abbracciare il Vangelo richiede un impegno radicale: nella sua vita, si offrì come ostaggio in un momento in cui portoghesi e indigeni stavano avviando il dialogo. Nata in Spagna, ma “adottata” dal Messico, fu Nazaria Ignazia di Santa Teresa di Gesù, la Santa missionaria che percepì l’evangelizzazione cme la volontà di dare inizio al Regno di Dio sulla Terra: una Santa coraggiosa è, nello stesso tempo, umile, che ha saputo incontrare Gesù nella sofferenza, nel silenzio e nell’offerta di sé stessa.

Ai piedi degli ultimi

Il volto della Chiesa di Papa Francesco riflette l’umiltà di Cristo, che si fece prossimo agli ultimi. Ne è stata un esempio Maria Caterina Kasper, suora di orgini tedesche, missionaria negli Stati Uniti, che a metà Ottocento si dedicò agli orfani e ai malati di Chicago. Un esempio di santità speso per gli ultimi dell’altra parte del mondo è quello di Josè Vaz, il sacerdote oratoriano che, cento anni prima di Santa Maria Kasper, desiderò stare accanto agli ultimi dello Sri Lanka, anche a costo della sua incolumità. Nell’omelia pronunciata a Galle Face Green a Colombo nel 2015, il Santo Padre disse: “San Giuseppe ci ha mostrato l’importanza di superare le divisioni religiose nel servizio della pace. Il suo indiviso amore per Dio lo ha aperto all’amore per il prossimo; egli ha dedicato il suo ministero ai bisognosi, chiunque e dovunque essi fossero. Il suo esempio continua oggi ad ispirare la Chiesa in Sri Lanka”. L’apertura dell’Anno giubilare della Misericordia a Bangui, nella Repubblica Centrafricana, è segno di una Chiesa che continua a fissare il suo sguardo zelante ai fratelli dell’Africa. Il campano Ludovico da Casoria, canonizzato nel 2014, esprime bene questo l’impegno. Francescano come san Ludovico, San Junípero Miguel José Serra Ferrer, nella sua missione fra Maillorca e il Messico nella seconda metà dell’Ottocento, ha saputo incarnare la Chiesa in uscita. Come disse il Pontefice dal Santuario Nazionale dell’Immacolata Concezione, Washington, D.C.: “San Junipero Serra ha imparato a generare e ad accompagnare la vita di Dio nei volti di coloro che incontrava rendendoli suoi fratelli. Junipero ha cercato di difendere la dignità della comunità nativa, proteggendola da quanti ne avevano abusato. Abusi che oggi continuano a procurarci dispiacere, specialmente per il dolore che provocano nella vita di tante persone”.

Martiri di ieri e di oggi

Come già ai tempi di Papa Giovanni Paolo II, Papa Francesco ha più volte ricordato la piaga della persecuzione dei Cristiani in atto ancora oggi, soprattutto in quei Paesi stretti dalla morsa del fondamentalismo. I martiri di ieri e di oggi, dunque, offrono un porto di consolazione per i tanti Cristiani perseguitati. Come i trenta martiri del Brasile, vessati e condannati a morte dai coloni olandesi di religione calvinista. Papa Francesco ha voluto ricordare anche i martiri del Messico, come gli adoloescenti Cristobal, Antonio e Juan, che hanno pagato con la vita l’adesione al Vangelo, accettando di morire anche per mano dei genitori, come nel caso di San Cristobal. Sotto Papa Francesco avvennero i processi di beatificazione e canonizzazione di Óscar Romero,l’arcivescovo di San Salvador ucciso in odio alla fede nel 1980. Nell’omelia di beatificazione pronunciata a San Salvador nel 2015, il Papa definì Romero “vescovo e martire, pastore secondo il cuore di Cristo, evangelizzatore e padre dei poveri, testimone eroico del Regno di Dio, Regno di giustizia, di fraternità e di pace”. La sua prossimità ai poveri lo rese simile a loro e, per questo, fu odiato. Ma agli occhi della fede, la sua morte è un’offerta compiuta di pace.

I Santi del Concilio Vaticano II

Per la prima volta nella storia della Chiesa, un Pontefice ha santificato tre Papi, tutti del secolo scorso. Il filo rosso che lega Papa Giovanni XXIII, Paolo VI e Papa Giovanni Paolo II è il Concilio Vaticano II. Prima di salire sul soglio petrino, i tre Pontefici furono esempio di virtù eroica. Nonostante le crisi politiche mondiali, essi riuscirono a tenere fermo il timore della Chiesa di Cristo a dispetto di una drammatica solitudine personale. Sia Giovanni XXIII che Paolo VI colsero il vento di riforma rappresentato dal Concilio Vaticano II. Papa Giovanni Paolo II, invece, ne accolse le istanze, attuandole nonostante la difficoltà, finanche l’opposizione, persino in ambienti curiali. Questi fu anche il Papa che mostrò, attraverso la comunicazione dei mass media, il senso più profondo del martirio della sofferenza. Il Papa polacco non si sottrasse mai dal suo ruolo di guida per i figli di Dio, nemmeno negli anni più difficili del suo Pontificato, segnati dalla malattia. Di uguale fermezza fu Santa Maria dell’Immacolata Concezione Salvat y Romero, la Superiora Generale della Congregazione delle Suore della compagnia della Croce che seppe guidare con saggezza e dedizione l’Isitituto delle sue consorelle rendendosi responsabile della loro educazione e formazione negli anni difficili del Concilio Vaticano II. È stato il Concilio ecumenico a ricordare, come attestato nella Costituzione dogmantica Lumen Gentium, la santità della donna, riassunta in Maria di Nazareth, madre di Cristo e figura della Chiesa. Nel settembre 2016 fu canonizzata Madre Teresa di Calcutta, già nella schiera dei beati con Papa Giovanni Paolo II. La Santa di origine albanese non solo seppe farsi testimone vivente del Vangelo in luoghi difficili come l’India, ma dedicò tutta la sua vita al servizio degli “scarti” della società, quelli che le megalopoli del subcontinente emarginavano e abbandonavano alla morte di stenti. Come ricordò Papa Francesco, “la sua missione nelle periferie delle città e nelle periferie esistenziali permane ai nostri giorni come testimonianza eloquente della vicinanza di Dio ai più poveri tra i poveri“.

I Santi giovani

Scrutando la vita dei Santi, spesso si cade nel paradosso di considerarli santini “stucchevoli”. Papa Francesco, che ha a cuore il ruolo dei giovani nella Chiesa e ne avverte il bisogno, ha canonizzato testimoni forti dell’amore “giovane” di Dio, che non concede sconti. Un cuore giovane insegna il “carattere rivoluzionario” della vocazione in Cristo. Come José Sanchez del Río, il 15enne brasiliano che, nei primi anni del Novecento, visse appieno la sequela a Cristo. Erano gli anni della “guerra cristera” e diversi suoi fratelli si unirono ai ribelli anticristiani del Paese. Pur nell’isolamento, il Santo adolescente non si sentì mai solo. Anzi, nel nascondimento trovò nutrimento nella relazione con Cristo e pagò con la tortura e la morte questa sua adesione. Sono stati canonizzati nel 2017 Francisco e Jacinta Marto, i pastorelli di Fatima che, assieme a Lucia, videro la Madonna e s’intrattenero con lei nella preghiera quotidiana. Nella loro infanzia hanno dato testimonianza della “piccolezza” di cuore gradita a Dio: “Non vogliamo essere una speranza abortita! La vita può sopravvivere solo grazie alla generosità di un’altra vita” ha ricordato il Papa nella Messa di canonizzazione celebrata il 13 maggio 2017 nel Santuario della Vergine Maria di Fátima. Fra i “giovani” Santi sulla via della canonizzazione, si ricordano la Santa “fidanzata” Sandra Sabattini, che sarà presto beatificata, e il Venerabile Carlo Acutis. Aveva scelto di dedicare la sua vita ai malati Sandra, folgorata dalla missione di don Oreste Benzi, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII. Carlo Acutis, invece, era un ragazzo come tanti che, accanto alla passione per l’informatica, coltivava un rapporto intimo e fecondo con Cristo.

Come ha ricordato Papa Francesco nel messaggio inviato al raduno messicano dei giovani di Scholas Occurrentes, “Il finale non sta solo alla fine. Forse dovremmo prestare attenzione a ogni piccolo finale della vita quotidiana“. L’insegnamento che tutti i Santi della Chiesa Cattolica, dal giovane diacono e protomartire Stefano all’adolescente dei nostri giorni Carlo Acutis, hanno lasciato nei loro istanti finali ha un senso se letto alla luce della verità incarnata dalle loro vite, eco diverse di un’unico grande messaggio: che la santità è una grazia a portata di tutti.