7 gennaio, Cristiani che si preparano a celebrare il Natale

Tra le Chiese che celebreranno il Natale il 7 gennaio c’è anche la Chiesa greco-cattolica ucraina, il cui capo, l’arcivescovo maggiore di Kiev, Sviatoslav Shevchuk, alla vigilia di questa solennità ha lanciato un appello di pace per la sua terra.

“Quest’anno stiamo celebrando questa festa nel contesto della guerra. E’ la prima volta, dopo la II Guerra Mondiale, che queste circostanze varcano fortemente la nostra vita e quindi anche la nostra festa. Ma il Natale è una grande luce per noi, perché nostro Signore ci dimostra la sua solidarietà divina. E noi ci sentiamo veramente sollevati: non siamo soli ad affrontare le nostre difficoltà. La tenerezza di Gesù Bambino può vincere la violenza e la guerra che ci porta amarezza in questo momento”.

L’arcivescovo ha poi continuato “l’augurio principale è quello della pace”, “noi auguriamo a tutti i cristiani del mondo, specialmente qui in Ucraina, che quella pace divina che il Signore ci sta donando con la sua nascita sia quella realtà che ci possa trasformare e dare speranza per il nostro futuro”.

Il 7 gennaio sarà Natale anche per la Chiesa ortodossa, “tutti quanti insieme stiamo affrontando questa difficoltà. Io posso testimoniare che sentiamo veramente l’appoggio fraterno di tutti i cristiani delle diverse confessioni in Ucraina. C’è una specie di “ecumenismo pratico”, specialmente quando si tratta di dare una risposta cristiana a queste sfide di guerra, di violenza, di fame e del freddo che ci porta questo inverno ucraino. Noi siamo cristiani e stiamo insieme, non solo insieme fra di noi ma insieme con lo stesso Dio: questa è la nostra speranza”.

Di fronte alla difficile situazione in Ucraina “noi – ha aggiunto Mons. Shevchuk – stiamo accompagnando questi sforzi della diplomazia internazionale con la preghiera. Noi sappiamo che l’alternativa alla soluzione militare della crisi è proprio quella della diplomazia. Noi stiamo soffrendo veramente una aggressione esterna, contro l’integrità del nostro Paese. Certamente la diplomazia deve difendere quelli che sono i più deboli. Noi accompagniamo questi sforzi della Comunità internazionale per costruire una pace giusta, perché sappiamo che il Signore è sempre con i più deboli”.