DIFENDO LA MIA VERGINITA’

Il suo cognome è Uy, perché è di origini filippine. Ma è una ragazza occidentale, nata e cresciuta in Italia; immersa nel mondo “moderno” del consumismo, dove tutto si brucia velocemente: idee, valori, passioni. Ha 17 anni, una famiglia cattolica alle spalle che circa 20 anni fa si è trapiantata nel Bel Paese, e ha deciso di fare – come sua mamma – una scelta radicale: quella della verginità prematrimoniale.
Persino nella culla della Cristianità, Roma, è un’opzione che ormai pochissime ragazze considerano; così non è in Paesi lontani, che vivono la fede in maniera molto più profonda e meno “di facciata” di quanto non accada intorno a San Pietro. Ed è per questo che la scelta di Giorgia risulta ancora più forte.

“Devo tanto all’educazione che mi hanno dato i miei genitori, ma anche alla vicinanza alla Chiesa, alla mia appartenenza ai gruppi giovanili. Da lì ho maturato la volontà di fare questa scelta”. Una strada in salita… “Le mie coetanee pensano che sia una follia. Mi sono molto meravigliata di questa cosa. Io ho parlato con loro, mi sono aperta con tranquillità, ma la loro reazione è stata: “E’ impossibile”. Non si pongono nemmeno il dubbio che possa essere una strada percorribile. Mi è dispiaciuto vedere descritto il futuro come inevitabile, “una cosa che succede se hai un ragazzo”, quasi non potesse esserci alcuna possibilità di discernimento. Io invece ci voglio riuscire, perché vorrei dedicare questa cosa alla persona con la quale dividerò la mia vita. Anche per rispetto di me stessa”. Uno schiaffo alla superficialità con la quale oggi si affronta l’argomento della sessualità.

Attenzione, Giorgia non ha alcuna intenzione di mostrarsi come una “santa”. E’ una ragazza normalissima, che studia al liceo Artistico, fa un po’ di sport, va a messa (“ma nemmeno sempre…”), frequenta gli amici e non esclude l’idea di un fidanzato. “Non è che mi allontano dalla vita di gruppo per evitare i rischi, diciamo così. Vivo normalmente, e sono convinta che se piaci a un ragazzo e lui ti piace, non c’è alcun problema a stare insieme; solo che se esiste il rispetto dell’altro, non mi deve chiedere di fare ciò che ho deciso di non fare. A maggior ragione se poi sarà lui l’uomo della mia vita”.

La sua dunque non è una storia di integralismo religioso, ma una condivisione di valori che peraltro sono non solo cattolici, ma di rispetto di se stessi. Gran parte delle sue motivazioni provengono dall’esperienza familiare, di due genitori di origini Filippine che hanno fatto la stessa scelta quando erano giovani e hanno proposto questo valore alla figlia.

Giorgia non si sente sola su questa strada. “C’è una mia amica più grande che ha fatto come me, con la quale mi confronto spesso. Curioso, anche lei di origine asiatica: è cinese”. E non è solo un pia intenzione, ma una decisione che ha già dovuto superare qualche “prova”: “Mi è capitato che qualche ragazzo mi chiedesse, più o meno esplicitamente, di arrivare là dove io non volevo. E ho detto di no”.

C’è anche un altro aspetto che fa riflettere, e non c’entra col voto di castità fino al matrimonio: “Alcune mie amiche, ma anche semplici conoscenti, si raccontano sempre le proprie esperienze intime; credo che questo non sia giusto, perché così facendo si banalizza una cosa sacra come deve essere il proprio corpo, le emozioni. Parlarne con chiunque significa non dargli valore, e questo a prescindere dalla mia vita. E’ una cosa così intima che non può diventare ‘social’, fa perdere tutta la bellezza di quello che è un atto d’amore”.