Caritas: “Contro Ebola serve più collaborazione nella Chiesa”

“Dobbiamo stare accanto ai poveri, accanto a queste persone che sono ammalate e che sono escluse. Spero anche che riusciremo a metterci insieme: molto spesso nella Chiesa facciamo un bellissimo lavoro, ma non lo facciamo insieme. Serve quindi una collaborazione fra di noi, istituzioni cattoliche”. E’ quanto emerso oggi in una conferenza, convocata a Roma da Caritas Internationalis, destinata a tutte le Congregazioni religiose e le organizzazioni di ispirazione cattolica attive nei Paesi colpiti dall’Ebola. Secondo Caritas Internationalis sono più di 5.000 i decessi e oltre 14 mila i contagi finora causati dall’epidemia, ma le cifre potrebbero arrivare ad un milione.

Mons. Robert J. Vitillo, consigliere speciale di Caritas per la sanità, ha spiegato che la Chiesa finora si è impegnata nell’opera di sensibilizzazione, nella distribuzione di kit sanitari e nell’assistenza alimentare a chi è in quarantena. Inoltre ci sono oltre 3.700 orfani ospitati nelle case o negli istituti di cura che “sono il posto peggiore dove stare per un bambino che è sano, perché c’è sempre la possibilità di infettarsi”. Per fronteggiare quest’emergenza nell’emergenza e “prendere questi bambini che sono rimasti senza genitori” sono stati interpellati tutti gli istituti, tra cui le Suore di Madre Teresa di Calcutta. Tra le azioni da portare avanti, secondo mons. Vitillo, “prima di tutto, educazione sociale, e poi mantenere aperte le cliniche e gli ospedali della Chiesa, perché dobbiamo assicurare la salute di tutta la popolazione. Poi, dobbiamo rispondere alle persone non solo con un trattamento diretto, ma anche pastoralmente. Occorre pensare al futuro di questi Paesi”.