Giornalista e divulgatore dell’arte e della letteratura: chi era Ugo Ojetti

Sono trascorsi 150 anni dalla nascita di Ugo Ojetti, scrittore e giornalista fra i più eleganti ed autorevoli del primo Novecento italiano, uno dei massimi divulgatori dell’arte e della letteratura.

Nacque a Roma il 15 luglio 1871 da famiglia dell’alta borghesia romana rappresentando la figura centrale di una tradizione giornalistico-letteraria scomparsa mantenendo, ancor oggi, il fascino discreto e signorile di personaggio eclettico e ricco di talento.

Nel 1905 sposò Fernanda Gobba stabilendosi definitivamente a Fiesole, in un’antica villa cinquecentesca, sulle colline sopra Firenze chiamata il Salviatino che diventò negli anni un vero e proprio salotto culturale, ospitando scrittori, artisti, intellettuali e politici dell’epoca. Nella dimora fiorentina ebbe modo di raccogliere una ricchissima collezione d’arte, purtroppo andata dispersa alla sua morte, con opere di Jacopo della Quercia, Poussin, Casorati, Boldini, De Nittis, Fattori.

Ojetti amava definirsi un “cronista” al servizio dei lettori, occupandosi di arte, cultura, viaggi e politica. Effettivamente è stato uno dei più grandi critici d’arte italiani. Scrisse, non tanto per il gusto di compiacere gli addetti ai lavori, bensì proprio per dare valore all’arte italiana, per “difendere e diffondere tutta l’arte”, da quella antica a quella contemporanea.

Ancor giovanissimo mosse i primi passi sulla strada del giornalismo con una serie di interviste ad un folto gruppo di letterati “di grido” sulle sorti della letteratura italiana. Ad appena ventitré anni era già in grado di “dare del tu” ai più giovani dei suoi interlocutori i quali rappresentavano quanto di meglio offrisse la letteratura dell’epoca, da Carducci a Verga, da D’Annunzio a Pascoli, da Fogazzaro a De Roberto, dalla Serao a Capuana, da Pascarella a De Amicis, solo per citare i nomi più noti.

Cronista principe, grandissimo osservatore di cose umane, appassionato promotore di cultura e scopritore di talenti, naturalmente incline alla valorizzazione dei giovani, questo soprattutto fu Ugo Ojetti nel panorama giornalistico-letterario italiano del suo tempo.

Indro Montanelli, parlando di un Direttore del “Corriere della Sera” del secondo dopoguerra, gli rivolse forse il più alto e raro degli elogi: “Si preoccupa di scoprire talenti ed è soprattutto felice del successo di coloro che lancia”.

Molti infatti sono stati “i nomi nuovi” lanciati da Ojetti, solo a citarne alcuni: Giuseppe De Robertis, Pietro Pancrazi, Guido Piovene ed ancora, nel mondo giornalistico: Orio Vergani, Paolo Monelli ed Indro Montanelli.

Il suo attento e continuo lavoro di ricerca e valorizzazione dell’opera artistica resta testimoniato nelle sue pagine, nelle sue analisi critiche e nelle riviste di cultura da lui fondate e dirette, “Pegaso e Pan”.

Come critico d’arte guidò con grandissima maestria l’organizzazione di tutte le grandi mostre fiorentine, da quella del Ritratto Italiano a Palazzo Vecchio nel 1911, alla Mostra Giottesca agli Uffizi nel 1937, com’anche a Parigi la grande Mostra dell’Arte Italiana nel 1935.

Alla sua vera vocazione, il giornalismo, non rinunziò comunque mai, collaboratore prima della romana “Tribuna” passò, ventisettenne, “al Corriere della Sera”: “Il giornalista è il solo scrittore che, quando prende la penna, non spera nell’immortalità. Basta questo per amarlo”.

Venne inviato nel 1898 negli Stati Uniti a seguire la guerra contro la Spagna per l’indipendenza di Cuba tornandone con la gloria di una esclusiva intervista a Teodoro Roosvelt.

La sua collaborazione con il “Corriere” fu ininterrotta dal 1898 al 1943 divenendone Direttore, per un solo anno, nel 1926 non confacendogli la figura del “laudator del regime”. Nella conduzione del Corriere non dimenticò mai la tradizione del giornalismo, un certo stile nel linguaggio, nella titolazione, nei caratteri, riversando soprattutto il suo impegno nella terza pagina. Fu Accademico d’Italia dal 1930, facendo anche parte fino al 1933 del consiglio d’amministrazione dell’Enciclopedia Italiana.

Di tutta l’opera di Ojetti, che va dal romanzo alla critica d’arte, quella che definisce meglio lo scrittore sono senz’altro i volumi delle “Cose Viste” (1921-1938) in cui egli venne raccogliendo i suoi articoli di terza pagina del “Corriere della Sera”: “Cose viste, Cose viste: anche troppe lodi e troppi applausi. Ma nessuno dice che la difficoltà non sta nell’averle viste bene, ma nel riuscire a farle vedere”.

Nella prefazione al libro Gabriele D’Annunzio, al quale lo legò per tutta la vita una profonda e sincera amicizia, così lo descrive: “Così, tutt’occhi e tutt’orecchi, il cronachista sa cogliere gli aspetti e gli accenti del suo tempo innumerevoli.”.

In questi volumi sono i ritratti di uomini illustri, descrizioni di luoghi, notazioni di avvenimenti, interpretazioni di fatti, che ci conservano la cronaca più colorita di quanto è accaduto di notevole in quegli anni.

“Nella memorialistica Italiana, che è ben poca cosa, non c’è nulla di comparabile a queste pagine per gusto, capacità di osservazione e sottesa cultura”. Così affermava Indro Montanelli sul Corriere della Sera, riferendosi alle “Cose viste”, nella rubrica “La stanza” e aggiungeva: “E’ un dimenticato Ojetti, come in questo paese lo sono quasi tutti coloro che valgono”.

In questo lavoro di attenta osservazione e commento l’aspetto emergente è quello di fine ritrattista: gli uomini e le cose che egli ha descritto sono stati sempre prima osservati con tranquillità, attenzione e originalità. Quell’atteggiamento descrittivo più curioso che impegnato, sempre lievemente colorito di un disincantato scetticismo, fu frutto di una naturale predisposizione del suo carattere che non fu certo quello di “maestro di vita”, ma piuttosto di “maestro del saper vivere”.

Nella sua lunga e molteplice attività di scrittore, di giornalista, di critico, di polemista, di studioso, di agitatore di idee, di appassionato d’ogni vivo problema della cultura e dell’arte, Ugo Ojetti ha insegnato molte cose: agli scrittori come migliorare col progredire negli anni, ai giornalisti come scrivere con finezza ed intelligenza sempre di cose vive, interessanti e pure in modo che tutti capiscano, ai polemisti come colpire gli avversari senza mai perdere il buon gusto: “Se vuoi offendere un avversario, lodalo a gran voce per le qualità che gli mancano”, agli uomini in genere come si può invecchiare restando giovani nello spirito e conservando il gusto della vita e del lavoro: “Giovane è, a qualunque età, chi è ancora felice di dir la verità”.

Muore a Firenze il 1° gennaio 1946 e sepolto nella Badia Fiesolana. Sulla sua lapide vi è scritto “Qui riposa Ugo Ojetti, Romano. Amò e servì le Arti e la Lingua d’Italia. Le più limpide e umane sulla terra e per questo care a Dio”.