Mettiamo in campo ogni energia perché nessuno resti da solo

“Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti”. (Papa Francesco)

Il Coronavirus ha costretto l’uomo a fermare la corsa, ad isolarsi, a guardare dagli oblò della comunicazione di massa quello che progressivamente accade nel mondo, apparentemente senza un motivo, idealisticamente per una fatalità. Quanto sta accadendo sta generando nuovi poveri e nuove povertà e ciò nonostante interventi massicci e generalizzati di sostegno da parte delle autorità degli Stati.

Ma quanto sta accadendo non è frutto del caso o della sfortuna, è un segno preciso dei tempi, una conseguenza di ciò che abbiamo costruito e pensato solido e sicuro. Ancora Papa Francesco: “La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di “imballare” e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente ‘salvatrici’, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità. Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli”.

Tanti stanno vivendo questo tempo in attesa che la tempesta passi, ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo, stanno mettendo in gioco la loro vita ed assumono un impegno verso altre persone per un senso del dovere ed un amore per la vita che va oltre ogni possibile spiegazione razionale.

Li trovi lungo le strade, al fianco di chi non ha nulla e non conta nulla, a salvare una vita che nessuno vede e magari a tanti da fastidio. Una coperta, una parola, un po’ di cibo, la proposta di un alloggio sicuro, di un cambio e di una doccia. Le esperienze di solidarietà, di prossimità si stanno moltiplicando ogni giorno e con una fantasia che sembrava scomparsa dal corredo genetico di questa generazione umana.

C’è chi produce mascherine, chi lascia il cibo davanti la porta in attesa che qualcuno lo prenda perché ne ha bisogno, chi apre l’androne di casa per ospitare un senza tetto, chi sceglie di stare con chi sta male mettendo in pericolo la propria stessa vita.

Finalmente stiamo riuscendo a vedere chi vive nei nostri palazzi, lungo le nostre strade, chi ha maggiori fragilità o problemi economici. Stiamo vincendo la paura del contagio – che ci porterebbe ad allontanarci dagli altri – con la forza dell’amore.

Non deleghiamo più agli altri quel valore fondamentale che è la capacità di essere caritatevoli, quel portare aiuto senza aspettarci nulla in cambio, quell’amare incondizionatamente che è proprio di chi ha fiducia nel prossimo, di chi si sente prossimo.

Stanno rinascendo le Comunità degli uomini, le Comunità della cura, un modo di essere che è appartenuto ai periodi bellici, in cui il tozzo di pane poteva essere ancora diviso.

Mettiamo dunque in campo ogni energia perché nessuno resti solo, perché a nessuno manchi il necessario per vivere, serve un grande coordinamento per sviluppare azioni di prossimità che incontrino i bisogni di chi è più fragile, che accolgano la persona nella sua interezza, che non facciano vincere la paura dell’emergenza, ma piuttosto la solidarietà fra esseri umani.

Abbracciare – ci dice ancora Papa Francesco – tutte le contrarietà del tempo presente, abbandonando per un momento il nostro affanno di onnipotenza e di possesso, trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità e di solidarietà.

Sembrerà paradossale, ma questo è un tempo di speranza, forse proprio adesso nasce la speranza. Per dirla con Marco Mengoni passiamo dal “Oggi la gente ti giudica per quale immagine hai. Vede soltanto le maschere, non sa nemmeno chi sei”, al “Credo negli esseri umani che hanno coraggio, di essere umani”.