L’odio uccide la carità fraterna: la guerra inizia nel cuore

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Papa Francesco ha evidenziato in più occasioni come nel Vangelo il discorso della montagna consenta di inquadrare l’argomento dell’adempimento della Legge. Gesù vuole aiutare i suoi ascoltatori ad avere un approccio giusto alle prescrizioni dei Comandamenti dati a Mosè, esortando ad essere disponibili a Dio che ci educa alla vera libertà e responsabilità mediante la Legge. Si tratta di viverla come uno strumento di libertà. “La legge mi aiuta a essere più libero, a non essere schiavo delle passioni e del peccato. Chi fa la guerra non sa dominare le passioni – afferma il Pontefice-. Quando si cede alle tentazioni e alle passioni – continua il papa -, non si è signori e protagonisti della propria vita, ma si diventa incapaci di gestirla con volontà e responsabilità. Gesù incoraggia a passare da un’osservanza formale della Legge a un’osservanza sostanziale, accogliendo la Legge nel cuore, che è il centro delle intenzioni, delle decisioni, delle parole e dei gesti di ciascuno di noi”. Prosegue il Santo Padre: “Dal cuore partono le azioni buone e quelle cattive. E questo vale per le guerre, ma anche per le chiacchiere, perché le parole uccidono. Accogliendo la Legge di Dio nel cuore si capisce che, quando non si ama il prossimo, si uccide in qualche misura sé stessi e gli altri, perché l’odio, la rivalità e la divisione uccidono la carità fraterna che è alla base dei rapporti interpersonali”.

Non va dimenticato che secondo l’impostazione di una morale moderna, quale è sottesa alle concezioni neocontrattualiste, neoutilitariste e dialogiche dei diritti, si fa sì appello al dovere, ma senza fondarlo ultimamente, come accennato, nell’ordo ad Deum. Per realizzare i diritti non basta appellarsi al dovere categorico verso gli altri e all’obbligo di osservare le corrispondenti norme. Ciò che è fondamentale è la considerazione della finalizzazione della condotta verso il Bene supremo dell’uomo, ossia l’ordo ad Deum. Del dovere e dell’obbligo si può dar ragione solo se si spiega che riguardano azioni necessariamente richieste dall’ordo ad Deum, ossia dall’ordinamento a Dio sommo bene al quale è dovuto amore. In breve, nessuna convenzione tra esseri umani, nessun consenso, nessuna necessità puramente logica può di per sé rendere ragione di un obbligo che s’impone a persone libere e responsabili. Neanche l’appello a valori intesi in senso “soggettivistico”, ossia a valori- “costruzioni” del soggetto psichico, quali “oggetti” creati dal sentimento, dalla volontà, dalla ragione, aventi una valenza che non è “oggettiva” o “reale”, ma solo “intersoggettiva” ed “ideale” o “di coscienza”. Se i valori sono costruzioni artificiali, entità meramente concettuali, senza fondamento nella realtà extramentale e psichica, allora le scelte perdono senso. E ciò perché il loro contenuto diventa incommensurabile. La conseguenza è che tutte le scelte diventano equivalenti. Ogni scelta avrebbe valore non perché ragionevole e fondata, bensì perché così ha deciso il soggetto. Non c’è più la possibilità di valutare le scelte con criteri universali, che valgono indipendentemente da esse. Ogni scelta pone i suoi valori e basta.

In definitiva, o gli ordinamenti giuridici usufruiscono del riferimento ad un’esperienza morale inclusiva di Dio – Bene trascendente perfettissimo, da amare come fine ultimo della vita – o vengono meno motivazioni forti ed incondizionate per la loro realizzazione. Detto altrimenti, la benevolenza nei confronti degli altri, singoli o popoli; la giusta collaborazione per dar luogo ad istituzioni e ad ordinamenti giuridici internazionali secondo le esigenze del bene comune mondiale; l’adempimento di norme e doveri; la pratica delle virtù sono vissuti con più determinazione e perseveranza: non solo per sé stessi, per amore dei beni dell’uomo, bensì anche ultimamente per amore di Dio. Grazie a questo amore, il fondamento dei diritti diventa più sicuro, meno precario ed ambiguo. I diritti poggiano sul perché le persone e i popoli debbono essere ciò che sono in germe: esseri aperti al compimento in Dio, ovvero esseri trascendenti. In tal modo, gli ordinamenti giuridici, lo ius positum internazionale, la laicità degli Stati non sono in balia di coscienze relativistiche o utilitaristiche.