Se non è paritaria non è democrazia

Il processo per il riequilibrio della rappresentanza tra uomini e donne nella società, nell’economia, nel mondo del lavoro e nella politica ha fatto molta strada nel corso degli ultimi anni. Un processo, però, che ha subìto un sostanziale rallentamento per via della crisi economica e finanziaria ancora in atto. Le preoccupazioni di ordine economico, pertanto, sia pur legittime, hanno distolto un po’ l’attenzione verso queste tematiche considerandole nel contingente, diciamo così, di “second’ordine”. Un processo, pertanto, che necessita di essere rilanciato attraverso un impegno costante e a 360 gradi, soprattutto se consideriamo la trasversalità delle problematiche legate all’universo femminile.

A livello mondiale, peraltro, la presenza e la partecipazione delle donne ai vari livelli non è ritenuta più solo la conquista di un diritto ma un indice di progresso e sviluppo della società. In questo ci confortano anche alcuni studi che individuano, ad esempio, nell’aumento dell’occupazione delle donne un incremento di circa 7 punti percentuali di Pil e nella loro maggiore presenza in posizioni apicali all’interno delle aziende una migliore performance delle stesse. Il problema della rappresentanza femminile è stato anche l’argomento centrale del Convegno “Se non è paritaria, non è Democrazia”, promosso dalla rete “Accordo di azione comune per la Democrazia Paritaria”, premiato con una medaglia dal Presidente della Repubblica, a cui era presente la Ministra Boschi, e a cui eravamo presenti anche noi come Cisl, che ha ripercorso le principali tappe del cammino verso le pari opportonità nella rappresentanza compiuto negli ultimi anni in Italia nonostante la crisi.

Dal 2010 ad oggi molti sono stati i provvedimenti che hanno visto il nostro sostegno e la nostra condivisione e che gradualmente stanno creando le condizioni per la realizzazione del principio di pari opportunità, base fondamentale per una sana competizione. La Campania, ad esempio, è stata una delle prime regioni ad introdurre il criterio della “doppia preferenza di genere” nella legge elettorale (l. r. n. 4 del 29 marzo 2009): “nel caso di espressione di due preferenze, una deve riguardare un candidato di genere maschile e l’altra un candidato di genere femminile della stessa lista, pena l’annullamento della seconda preferenza”.

E’ seguita poi la legge 120/2011 sulle quote di rosa nei cda che sta procedendo positivamente verso l’obiettivo finale del 30% di presenza delle donne al loro interno. Inoltre, la legge 215 del 2012 sulla par condicio di genere nelle elezioni comunali e provinciali e nella composizione delle rispettive giunte. La legge elettorale per il Parlamento Europeo (L. 65/2014) e quella nazionale per la Camera dei Deputati (c.d. Italicum), che prevede l’impossibilità per ciascuno dei due sessi di essere rappresentati in misura superiore al 50%. Per non citare le modifiche previste dalla riforma costituzionale, artt. 55 e 122 della Costituzione, che insistono sulla promozione dell’equilibrio tra i sessi in materia elettorale. Ultima, la Legge 20/2016 contenente disposizioni tese a favorire lo stesso obiettivo.

Anche sul versante lavoro, che ancora oggi vede le donne con un tasso di occupazione (47,5% del 2015) inferiore rispetto agli uomini (65,7%), qualche novità è stata introdotta, grazie anche all’azione sindacale, con le misure del Jobs Act che, ad esempio, sono andate ad arricchire il Testo unico sulla maternità e paternità, i congedi parentali e altri provvedimenti sulla conciliazione tempi di vita e tempi di lavoro nell’ottica di favorire l’ingresso e la permanenza delle donne nel mercato del lavoro. In questo senso la Cisl, attraverso la contrattazione di secondo livello, sta lavorando intensamente per introdurre misure concrete, già con importanti risultati, in termini di benessere organizzativo. Come Coordinamento nazionale Donne, pertanto, proseguiamo a tenere alta l’attenzione e la vigilanza su questi ed altri temi, non solo per tradurre in pratica i risultati raggiunti con fatica ma per non arretrare nel percorso di crescita civile e democratica del Paese, priorità non seconde a nessun’altra.

Si inserisce in questo percorso anche il recentissimo accordo sulle pensioni tra Governo e Parti Sociali che dopo anni di chiusura riconosce giuste e necessarie le istanze rappresentate dal sindacato e apre una nuova stagione di confronto per assicurare un futuro più sostenibile agli uomini e alle donne del nostro Paese.