La solennità dell’Annunciazione del Signore ci insegni ad affidarci a Gesù

L'Incarnazione non è un fatto relegato a duemila anni fa ma un miracolo che si ripete continuamente nell'esistenza umana

Esattamente nove mesi prima del Santo Natale la Chiesa celebra la festa dell’Annunciazione del Signore, memoria della visita dell’arcangelo Gabriele a Maria Vergine che dà il suo assenso a diventare la madre del Salvatore. L’Onnipotente per scendere sulla Terra ha chiesto l’aiuto, la collaborazione a un’umile fanciulla di una delle tante periferie del mondo, Nazareth, uno sperduto villaggio della Galilea. Ma nonostante le origini il suo “eccomi”, il suo “fiat”, “è il sì più importante della storia – ha osservato Papa Francesco durante un Angelus – il sì umile che rovescia il no superbo delle origini, il sì fedele che guarisce la disobbedienza, il sì disponibile che ribalta l’egoismo del peccato”.

Nutrita dalla Parola di Dio, Maria ha preso coscienza di essere serva del Signore e ha offerto sé stessa in sacrifico gradito al Creatore. Ciò non significa che abbia rinunciato alle proprie capacità razionali, tutt’altro! Dichiarando all’Angelo di essere vergine (“Non conosco uomo”) e probabilmente avendo intenzione di non avere rapporti in futuro – scelta inusitata presso il popolo ebraico – mostrava senza dubbio di avere un’intesa stupenda col suo fidanzato Giuseppe. Il turbamento della Vergine viene subito compreso dal messaggero divino che la rassicura poiché il bimbo da lei generato sarà opera dello Spirito Santo. Nell’esortazione apostolica Christus Vivit l’attuale Pontefice ha scritto che “Maria non ha comprato un’assicurazione sulla vita! Maria si è messa in gioco, e per questo è forte, per questo è una influencer, è l’influencer di Dio!”.

La Chiesa ha professato, fin dai primi secoli, l’Incarnazione di Dio attraverso il concepimento di una vergine. La celebrazione di questa solennità si è diffusa all’epoca di Giustiniano, nel VI secolo, ed è stata introdotta nella Chiesa romana da Papa Sergio I alla fine del VII secolo. Attualmente la sua liturgia viene officiata il 25 marzo a meno che non coincida con una domenica di Quaresima o altre solennità.

Alla Vergine di Nazareth vengono attribuiti una molteplicità di titoli. Uno di questi, assegnatole durante il Concilio di Efeso, è Theotókos, ossia “Genitrice di Dio”. Significativa anche l’etimologia del nome Maria nelle antiche lingue: in aramaico è “mia principessa, mia signora, mia regina”, in ebraico “colei che vede e che fa vedere”, in egizio “colei che è amata da Dio”.

L’Annunciazione è inserita da secoli a pieno nella tradizione spirituale, culturale e popolare dell’Italia. Molti studiosi concordano che la Santa Casa venerata nel santuario di Loreto sia davvero quella abitata da Maria di Nazareth. Nel Bel Paese è un fiorire di celebrazioni, veglie, meditazioni, preghiere ed eventi che pongono al centro la Regina del Cielo. A Firenze nel Medioevo il primo giorno dell’anno (il cosiddetto Capodanno fiorentino) era proprio il 25 marzo, a testimonianza del legame forte del popolo al culto mariano. La città toscana rimase fedele a questo calendario fino al 1749, quando il Granduca Francesco III di Lorena emise un decreto nel quale fissava anche per Firenze l’inizio dell’anno in data primo Gennaio. La ricorrenza è molto sentita ancora oggi e il 25 marzo si svolgono solenni funzioni liturgiche, il corteo storico e la fiera dell’Annunziata. La tradizione racconta di un miracolo avvenuto nella cappella di Santa Maria di Cafaggio nel 1252. Lì il pittore Bartolomeo da Siena, mentre affrescava la scena dell’Annunciazione e si stava accingendo a rappresentare il volto della Vergine, venne colto da inspiegabile e profondo sonno. Al suo risveglio vide una sorpresa inimmaginabile: il volto della Madonna era stato già completato ed era così straordinario che Michelangelo, secoli dopo, affermerà che “mai mano umana avrebbe potuto dipingere”.

I cristiani (e non solo) celebrano questa importante festa a tutte le latitudini. È piuttosto singolare il fatto che il giorno dell’Annunciazione, il 25 marzo, sia addirittura festa nazionale in Libano. Tale ricorrenza, proclamata ufficialmente nel 2009, è un bel momento di unità per questo Paese dove cristiani e musulmani manifestano insieme devozione e venerazione per la Santa Vergine Maria, tesoro comune condiviso da tutti i credenti.

La Madre del Salvatore, col suo esempio, ci fa anche comprendere tutto il dramma di riconoscere il Signore nei momenti difficili della vita, quando il Padre Celeste sembra chiedere all’uomo cose difficili, contraddittorie, apparentemente impossibili. Ma è proprio in queste situazioni che si ricostruisce l’unità con Dio: quando obbediamo, pronunciamo il nostro “sì”. E allora Cristo si incarna. L’incarnazione, infatti, non è un fatto relegato a duemila anni fa, ma si ripete continuamente nell’esistenza umana.