Albergo etico, quando il lavoro diventa inclusione

Un albergo nuovo di zecca in un palazzo storico, in pieno centro di Roma. Snodo strategico per chiunque voglia accedere all'area nevralgica della Capitale, vista la vicinanza a Piazzale Flaminio, a Lungotevere e ai principali mezzi pubblici in direzione della zona Nord. Fin qui nulla di strano se non che la struttura in questione, un ex convento per la precisione, locato in Via Giuseppe Pisanelli, a due passi da Piazza del Popolo, non sia un hotel come gli altri, o almeno non nel senso stretto del termine. Intendiamoci, dentro c'è tutto: area bar, un bel giardino, camere confortevoli dislocate su due piani, una qualità tre stelle che potrebbe essere tranquillamente quattro. La particolarità è che qui lavoreranno ragazzi speciali, affetti da alcune forme di disabilità ma, non per questo, meno desiderosi di inserirsi nel mondo del lavoro e di dimostrare di poterci stare. Una peculiarità che è anche un po' una vocazione e che, per l'Albergo etico (così si chiama), costituisce la componente essenziale di un importante progetto sociale che è anche un unicum nella Capitale, pensato per offrire ai giovani receptionist, camerieri e inservienti a tutti i livelli, la possibilità di far parte di un contesto lavorativo di forte inclusione.

Un'ispirazione

Un'idea che parte da lontano, più o meno da quando il direttore dell'hotel e ideatore del progetto, Antonio Pelosi, sperimentò su se stesso il peso della convivenza con una condizione fisica difficile: “Nel 2007 rimasi vittima di un grave incidente stradale e la riabilitazione fu lunga e difficile. Ricordo che in quel periodo mi colpì l'attenzione e la cura che gli inservienti del centro dove ero stato ricoverato riservavano verso i pazienti. In quel momento pensai che l'opportunità di tornare a essere parte integrante della società andava concessa a tutti”. La fase embrionale del progetto inizia da lì, da una sorta di ispirazione, per poi svilupparsi nell'ambito di un'attitudine alberghiera ben radicata: “La mia famiglia possiede altri alberghi, so come si crea e si gestisce il contesto amministrativo e lavorativo di una struttura ricettiva. Qui la sfida non è ricreare un concetto classico di hotel ma consentire a chi ci lavora di confrontarsi con la realtà del settore e, soprattutto, di formarsi per essere poi inseriti in pianta stabile nel circuito della forza lavoro”.

Una risorsa

Un anno di attività con tempi e ritmi ben scanditi per i giovani inservienti, da vivere a stretto contatto con i rispettivi tutor, persone con formazioni ben precise nell'ambito dell'assistenza alla disabilità ma anche nel settore ricettivo. Ognuna di loro ha il compito di restare vicino a questi ragazzi ma anche quello di renderli in qualche modo autonomi nel proprio lavoro secondo le loro forze. E, per come si presenta, l'albergo sembra esesere il luogo ideale per questo percorso formativo, per nulla semplice dal momento che il servizio sarà tutt'altro che settoriale e ben lontano dall'essere un'esperienza circoscritta: “L'hotel è aperto a chiunque, i servizi sono confortevoli, le camere di alto livello. I ragazzi con disabilità, purtroppo, faticano molto a far emergere i loro talenti o anche solo la loro buona volontà… il nostro progetto mira a dimostrare che queste persone non solo non sono irrecuperabili ma anche una potenziale risorsa per la nostra società e che, attraverso una formazione specifica in un contesto in cui ognuno mette quel che può, possono arrivare a sviluppare una coscienza lavorativa e a svolgere bene la propria mansione”.

“Ognuno quel che può”

Che la sfida sia impegnativa, oltre che di qualità, si nota piuttosto chiaramente passeggiando per l'hotel: due piani per le stanze, piano – 1 in allestimento (lì troveranno posto la sala bar-ristorante, altro settore in cui i ragazzi daranno il meglio di sé, oltre che a una sala riunioni “perché questo diventi un luogo di inclusione a tutti i livelli”). Ed è interessante notare come il coinvolgimento non riguardi esclusivamente i lavoratori dell'hotel ma anche personalità esterne, che hanno aderito al progetto fornendo, come ripetuto spesso da Pelosi, “tutto quello che era in grado di dare”. E' il caso di Lorenzo Ludi, giovane pittore 29enne, affetto da una grave forma di tetraparesi ma artista di spessore internazionale, che ha offerto alcuni dei propri lavori per l'arredamento dell'hotel. E poi ancora avvocati, esperti del marketing, della ristorazione… “Una rete”, come l'ha definita il direttore, in cui “non c'è nulla di utopistico, semplicemente un mix di competenze inquadrate in un obiettivo che non ha niente a che fare con la classica concezione di una struttura ricettiva. Qui si crea un team di personalità con specifiche conoscenze, tutte utili a fare di questa un'esperienza sostenibile e un luogo di lavoro a tutti gli effetti”.

Una sfida vinta

L'hotel è ancora in fase di ultimazione ma l'atmosfera già si respira. Il posto è davvero strategico e veramente la qualità delle stanze è ben al di sopra delle aspettative. Ma, soprattutto, qui c'è una gran voglia di fare, un desiderio di mettersi in gioco, di dimostrare qualcosa agli altri ma anche a se stessi. In fondo non ha importanza di quali disabilità si parli: chi lavora qui sa che dovrà dare il meglio di sé e che da qui passerà anche il loro futuro. Una chiacchierata con Fabiano, un giovane receptionist, fuga ogni dubbio.: “E' un'esperienza iniziata da poco ma è in costante crescita. Io vengo dal Sud, lavoravo in un bar ma solo nel periodo estivo si riusciva a fare qualcosa”. La scelta di venire a Roma, decisamente coraggiosa: “Mi sto ambientando, so che devo impegnarmi in questo lavoro ed è quello che sto facendo”. Fabiano è solo uno dei circa dieci ragazzi dell'hotel, portatore di un entusiasmo che, condiviso con il resto della squadra, rende la sfida dell'albergo etico in parte già vinta.