Medicina, ecco la possibile arma contro sindrome di Down e autismo che arriva dall’Italia

Un nuovo composto chimico potrebbe influire positivamente sulle condizioni neurologiche dei pazienti affetti da queste problematiche

femminile

In Italia un nuovo farmaco è stato candidato a diventare un farmaco utile per il trattamento dei sintomi caratteristici di alcune condizioni neurologiche. Si tratta della sindrome di Down e dell’autismo. Si parla di nuovo composto chimico e i test animali hanno già dimostrato l’efficacia nel migliorare le difficoltà cognitive. Migliorano anche le condizioni di interazione sociale e i comportamenti ripetitivi, tipici di tali disturbi.

Gli autori del medicinale per trattare la sindrome di Down

Ottenuto dai ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit), il risultato è pubblicato sulla rivista Chem. É supportato da Fondazione Telethon e ha beneficiato in parte dei finanziamenti del Consiglio europeo della ricerca (Erc). La ricerca si deve ai due gruppi guidati da Laura Cancedda, a capo del Brain Development and Disease Laboratory dell’Iit e assistant scientist presso il Dulbecco Telethon Institute e Marco De Vivo, a capo del Molecular Modeling and Drug Discovery Laboratory dell’Iit, e vi hanno partecipato Annalisa Savardi e Marco Borgogno.

sindrome di Down

Quali sono gli effetti dei medicinali

I ricercatori si sono concentrati sull’effetto del nuovo composto sulla proteina NKCC1, che nel cervello trasporta sostanze tra le quali ioni di cloro, regolandone la corretta concentrazione che è cruciale per la funzione cerebrale. In condizioni come sindrome di Down, autismo ed epilessia, la concentrazione di queste sostanze nel cervello è alterata a causa della funzione anomala di NKCC1. La ricerca ha dimostrato che i nuovi composti possono bloccare NKCC1 senza effetti collaterali indesiderati.

I progetti futuri

Per Laura Cancedda, “i risultati entusiasmanti arrivano in un momento in cui la ricerca di nuovi farmaci per le neuroscienze al livello industriale fatica a individuare nuove classi di molecole efficaci” e “dopo diversi anni di lavoro all’Iit sulla funzione e l’inibizione della proteina NKCC1”. Il candidato farmaco dovrà essere sottoposto a studi preclinici avanzati, in modo da procedere con studi sull’uomo e arrivare al farmaco finale che secondo De Vivo potrebbero “iniziare in meno di due anni”. Tuttavia, osserva “quest’ulteriore passaggio, prevede ancora tanto lavoro e la necessità di fondi aggiuntivi. Per questo stiamo pianificando di lanciare una nuova start-up dedicata al progetto”.