I tre silenzi di San Giuseppe

Il silenzio è la lingua di Dio ed è il linguaggio dell’amore. Il silenzio è la porta del sacro ed è la vera musica dell’anima. Senza silenzio, non c’è la Parola di Dio e le parole umane, Maria «custodisce tutto nel suo cuore» (Lc 2, 19), quindi è la Vergine del silenzio. Il silenzio è la parola originale ed originante di tutte le parole. Il mistico sacerdote Maurice Zundel scrive: «San Giuseppe è un gigante del silenzio e la sua grandezza incommensurabile è proprio questo silenzio».

Chi è san Giuseppe? Padre putativo di Gesù, custode del Redentore, sposo della beata Vergine Maria, figlio di Davide, uomo giusto, patrono della Chiesa cattolica, modello dei contemplativi, patrono dei lavoratori, patrono dei papà, protettore dei poveri, tanti sono gli appellativi con cui viene invocato, ma è anche l’uomo del silenzio. Papa Francesco dice in una sua omelia: «Vorrei anche dirvi una cosa molto personale. Io amo molto san Giuseppe, perché è un uomo forte e silenzioso. Sul mio tavolo ho un’immagine di san Giuseppe che dorme. E mentre dorme si prende cura della Chiesa! Sì! Può farlo, lo sappiamo. E quando ho un problema, una difficoltà, io scrivo un foglietto e lo metto sotto san Giuseppe, perché lo sogni! Questo gesto significa: prega per questo problema!… Proprio san Giuseppe, può essere un riferimento per ogni cristiano. Portiamo con noi oggi questa figura di san Giuseppe: l’uomo che accompagna nel silenzio e l’uomo che sa sognare nel modo giusto. A lui chiediamo la grazia di saper sognare cercando sempre la volontà di Dio nei sogni, e anche la grazia di accompagnare in silenzio, senza chiacchiere».

Quali sono i silenzi di Giuseppe?

I silenzi di Giuseppe non sono passivi, ma attivi. Possiamo individuare dai Vangeli tre silenzi.

Il silenzio della delicatezza verso Maria

«Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto» (Mt 1, 19).

Giuseppe poteva lapidare Maria, come prescriveva la legge, ma da “uomo giusto” preferisce licenziarla in segreto. Questa delicatezza di Giuseppe è lo stile di Dio che è delicato verso ogni creatura. Il Signore usa il tatto e la discrezione con noi, non invade la nostra volontà e libertà, ma come scrive Edith Stein «s’inginocchia davanti alla nostra libertà» per rispetto dell’uomo.

Il silenzio del sogno

«Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”. Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa» (Mt 1, 20-24).

Giuseppe è un sognatore ad occhi aperti, sono i sogni che muovono il cuore, la mente e il cuore di una persona. Nel silenzio «si destò dal sonno» per salvare tutta la sacra famiglia. Destare significa svegliarsi dal torpore, dall’inerzia, dalla pigrizia. Giuseppe è un esempio di «uomo vigilante e vegliante» per la salvezza degli altri. Credo che anche noi dobbiamo essere “laboriosi”, senza perdere tempo nello sparlare degli altri e nel vivere la vita degli altri. Abbiamo poco tempo su questa terra per realizzare il sogno che Dio ha per ciascuno di noi.

Il silenzio dello stupore

«Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui» (Lc 2, 33).

Giuseppe, insieme a Maria, vivono lo stupore dell’ascolto della «voce del popolo che diventa la voce di Dio». Solo lo stupore conosce e solo lo stupore ci apre alla meraviglia dell’amore di Dio. Giuseppe, maestro del silenzio, c’insegni lo stupore davanti al creato, ad un bambino che piange, ad un malato che sorride, all’innamoramento di due sposi, all’amore di Dio sempre nuovo. Il grande scienziato Albert Einstein diceva: «Chi non riesce più a provare stupore e meraviglia è già come morto e i suoi occhi sono incapaci di vedere».

Infine, il grande teologo ortodosso Paul Evdokimov scrive che la nostra vita è tra il tempio e la strada, il silenzio e la parola, la solitudine e la comunità: «Gesù, “al mattino, essendosi alzato molto prima del giorno, uscì e se ne andò in un luogo deserto e là pregava”. Il “deserto” per gli asceti diviene interiore e significa la concentrazione dello spirito raccolto e silenzioso. È a questo livello, in cui l’uomo sa tacere, che si pone la vera preghiera e che l’essere è misteriosamente visitato. Paul Claudel osserva che il Verbo è il figlio adottivo del silenzio perché san Giuseppe percorre le pagine dell’evangelo senza pronunciare una sola parola. Per ascoltare la voce del Verbo si deve saper ascoltare il suo silenzio, soprattutto impararlo. L’esperienza dei Maestri è categorica: se non si sa far posto nella propria vita al raccoglimento, al silenzio, è impossibile giungere ad un grado più alto e poter pregare sulle piazze».

Pubblicato su L’Osservatore Romano il 7 dicembre 2021