La rotta balcanica è la principale via di fuga attraverso la quale arriva in Europa chi fugge da guerre di lungo periodo, come in Siria, Afghanistan, Iraq, o cerca di sottrarsi a persecuzioni e a violazioni dei diritti umani fondamentali che segnano vaste aree del Medio Oriente. Ciò dovrebbe portare i governi della UE a proteggere con una particolare attenzione chi si trova in questa area dell’Europa.
Purtroppo non solo non è così, ma la situazione è drammaticamente opposta: tutta l’area balcanica, compresa quella che ricade in Paesi UE, è segnata da gravissime violenze e dalla sistematica negazione del diritto di asilo che viene violato nel suo nucleo più profondo, ovvero il diritto di poter chiedere protezione. Tanto al confine greco-turco che a quello croato-bosniaco sono in atto da anni respingimenti sistematici dei richiedenti asilo, in spregio sia della Convenzione di Ginevra del 1951 che delle normative dell’Unione sull’asilo.
I respingimenti vengono attuati spesso, specie sul confine croato con la Bosnia, in modo brutale con l’uso di violenze efferate verso persone inermi (almeno 25 mila respingimenti nel corso del biennio 2019-2020). Se in Libia e in altre aree si è parlato di un appalto dell’uso della violenza a Stati terzi, nel caso della rotta balcanica la violenza è interna alla stessa Europa. Altrove le violazioni consapevoli della legalità sono meno violente ma si muovono nella stessa dimensione ideologica, come nella pratica delle “riammissioni informali” dei rifugiati da un Paese UE a un altro: ai rifugiati intercettati ad un frontiera interna dell’Unione o persino nel territorio dello Stato viene impedito di chiedere asilo ed essi vengono semplicemente restituiti al Paese confinante; da quest’ultimo, nello stesso modo, passano ad un altro Stato fin quando la catena, più o meno lunga, si conclude con il respingimento fuori dall’Unione Europea.
Poiché tutto ciò è illegale, lo si fa informalmente, ovvero senza adottare alcun provvedimento che possa essere contestato in giudizio di fronte a un giudice, trasformando le persone in fantasmi. Questo fango ha travolto anche l’Italia, almeno dal maggio 2020 al gennaio 2021 quando le riammissioni sono state “sospese”. Per contrastare questo crollo del sistema giuridico e difendere il nostro ordinamento costituzionale è necessario che esse siano archiviate per sempre quale pagina buia della nostra storia.
Gianfranco Schiavone, Presidente del Consorzio Italiano di Solidarietà – Ufficio Rifugiati, è tra i fondatori dello SPRAR-Sistema nazionale di protezione per richiedenti asilo e rifugiati
Articolo pubblicato su Sempre Magazine