Eutanasia: insorgere contro un’approvazione possibile

La sentenza pronunciata dalla Consulta sul caso di Marco Cappato interroga il Paese; di fatto la Corte ha preferito “lavarsi le mani” non esprimendo una sentenza precisa, non applicando la legge esistente nel nostro Paese che prevede la condanna, con pena detentiva, per “coloro che favoriscono il suicidio assistito”. Quanto avvenuto, ricordiamo tutti del caso di Dj Fabo, accompagnato dallo stesso Cappato in una clinica svizzera per porre fine alla sua vita con una puntura di Pentobarbital. La Corte ha deciso di “prendersi” un anno di tempo, fino al 24 settembre 2019 per poter far completare al parlamento – già anticipata con il testamento biologico – una legislazione in materia di eutanasia. Una risposta immediata di esultanza, quasi da “cori da stadio”, di quei partiti a favore di questa cultura della morte. Ricordiamo che il presidente della Camera, Roberto Fico, prontamente ha dichiarato, con soddisfazione, di inserire tra le priorità delle attività parlamentari anche una buona legge in materia di eutanasia.

Io credo che l'unica “risposta” che la Corte doveva esprimere avrebbe dovuto riguardare la condanna per Cappato e far riconoscere quel primato del Diritto naturale sul Diritto positivo, secondo cui la “vita va difesa dal suo naturale concepimento fino a morte naturale”, non favorendo e contrastando qualsiasi forma di accanimento terapeutico. Questo purtroppo non è avvenuto, si è voluta favorire una strategia diversa che troviamo anche nelle iniziative dei Radicali, nello specifico una raccolta firme di iniziativa popolare a favore dell’eutanasia. Naturalmente, la Corte ha voluto concedere questo tempo soprattutto per permettere al Partito di raccogliere 50mila firme previste dalla Costituzione, per poter presentare una proposta di legge in tal senso e poi trovare i numeri, che sono già presenti, per farla votare ed approvare. Già oggi, se diamo un'occhiata in Parlamento, troviamo il M5s favorevole, un Partito Democratico per la stragrande maggioranza favorevole, compresa gran parte di Forza Italia e buona parte della Lega che si è espressa sulla libertà di scelta, come il presidente della Regione Veneto Zaia e, dall’altra parte, anche qualche componente di Fratelli d’Italia sarebbe a favore, quindi ci sarebbero assolutamente i numeri.

In questo modo, quindi, si introdurrebbe una legislazione sul caso e la Corte, non condannerebbe più Marco Cappato per aver favorito il suicidio assistito del dj. Purtroppo in questo Paese si usano sempre leve tutt'altro che democratiche, tutt'altro che rispettose della legislazione italiana esistente, per arrivare a realizzare leggi che vanno contro la difesa della persona e della vita. Noi come Popolo della Famiglia abbiamo presentato un'istanza di contestazione “forte” in risposta a questa scelta della Corte ed anche verso la proposta di iniziativa popolare del Movimento Radicale. Saremo pronti a scendere in Piazza ad esprimere il deciso “NO” di migliaia di famiglie italiane che chiedono che non venga modificata la legge attualmente in vigore e, contestualmente, chiedono di fare leggi che tutelino la vita e la persona dal suo naturale concepimento alla sua morte naturale, contrastando con ogni forza e ogni strumento l'accanimento terapeutico. L'eutanasia rappresenta l'ennesimo esempio di quella cultura di morte, e mi viene alla mente San Giovanni Paolo II quando, a fine anni ‘80 durante un suo viaggio apostolico in Austria, pronunciò parole dure su come la “deriva finale ed ultima di un'Europa che rinnegando sé stessa non fa altro che autodistruggersi”.