“Dopo di noi”: non è più tempo di procrastinare

Chiesa

Il Dopo di Noi è un tema molto importante sul quale c’è molto da dire, anche se, negli ultimi anni, la discussione si è un po’ inflazionata. L’argomento riguarda diverse leggi, sia la 328 dell’ormai lontanissimo 2000 che la legge 112 del 2016. In particolare, l’argomento trattato dalle due norme citate, è la presa in carico della persona con disabilità e della relativa famiglia. Il problema di queste leggi è la quasi totale mancanza di applicazione e l’essere quasi totalmente sconosciute, anche da parte di chi dovrebbe applicarle. Ciò dimostra che le leggi sono molto importanti perché, l’Italia, ha una delle legislazioni migliori in ambito europeo per quanto riguarda la disabilità e le malattie rare, ma spesso, tali norme, sono inapplicate e questo rappresenta un grave problema. Il Dopo di Noi è un ottimo strumento di propaganda e in questo periodo lo è ancora di più perché interessa moltissime persone.

La preoccupazione di una famiglia che ha un figlio con disabilità è chi si prenderà cura di lui quando diventerà adulto i genitori non ci saranno più. Oggi, molte delle persone che vengono curate con enorme amore dai caregiver, terminano quasi sempre la loro vita in residenze da cui praticamente non escono più. Non c’è una prospettiva di vita indipendente e lavorativa. Permane ancora una cultura per cui, chi ha una disabilità o una fragilità deve stare a casa o in ospedale a farsi curare. Ovviamente ci sono delle eccezioni, grazie alle quali, le persone che, con una rete importante alle spalle di tipo familiare o sociale, riescono a formare e a redigere, quasi da soli e senza un supporto economico o sociale da parte di chicchessia, un progetto di vita indipendente.  Il Dopo di Noi è assolutamente fondamentale, non focalizzandosi però solamente sul futuro della persona con disabilità quando i genitori non ci saranno più, ma anche sul “Durante Noi”, ossia su cosa si può fare oggi per fare il modo che, colui di cui ci si prende cura, possa avere un futuro indipendente, entrare nel mondo del lavoro e avere delle relazioni. Se non si agisce affinché un bambino con disabilità o con una malattia rara, sia assistito e supportato cominciando a pensare nell’ottica di quando avrà 18 o 20 anni. Questo pensiero manca perché, se non si programma l’oggi, non si può pensare al domani. Ci vuole uno specifico percorso di vita dal momento della diagnosi che poi arriverà al Dopo di Noi.

Le leggi non possono far altro che accompagnarci nei processi decisionali per quanto riguarda questi temi. La politica, le istituzioni a tutti livelli e la società civile devono rendersi conto che, questo percorso, non si può procrastinare oltre. Quarant’anni fa, le persone con disabilità e le loro famiglie, avevano quasi vergogna a mostrarsi. Fortunatamente oggi, da questo punto di vista, sono stati fatti dei passi avanti molto importanti. I centri diurni e le residenze, ad esempio, sono stati fatti molti anni fa perché erano l’unica possibilità per dare un sollievo alle famiglie, far compiere qualcosa di diverso alle persone con disabilità e quindi unire questi due fattori. Oggi questo percorso, a parte per i casi certificati che non possono entrare nel mondo del lavoro per delle patologie molto gravi, non ha più senso. Riveste invece significato un percorso di accompagnamento che, all’inizio, possa portare fuori di casa le persone con disabilità e pensi a un progetto di vita, se possibile indipendente e autonomo. Auspico che si cominci a parlare del Dopo di Noi applicando le leggi che ci sono, ma contemporaneamente si inizi a programmare il “Prima di Noi” e il “Durante Noi”. In altre parole, quando viene diagnosticata una disabilità o una malattia rara, si deve iniziare a programmare la vita, sperando che possa diventare autonoma e indipendente.