La donna che provò ad imitare la Thatcher

Un cavallo! Un cavallo! Il mio regno per un cavallo!”, così con un epilogo degno del più grande teatro Shakespiriano (Il Riccardo III), esce di scena, solo dopo qualche settimana di governo, la prima ministra Liz Truss. Per la cronaca, l’equino in questione non è uno qualunque, il suo valore ammonta a 130mila euro all’anno: l’indennità da ex-premier! A rendere l’idea della velocità in cui si sono succeduti gli eventi, citiamo il Re Carlo III, che dopo averle conferito il mandato a settembre per formare il governo, ritrovandosela subito dopo a Buckingham Palace per le dimissioni, esclamerà basito “E tu cosa ci fai ancora qui?”.

Proveremo noi a rispondere a questa domanda raccontando la storia dei 44 giorni che sconvolsero il Regno. C’era una volta una signora molto potente il cui sogno più grande era quello di diventare una donna di ferro. E le sue intenzioni erano “nobili” perché’ una volta ottenuti i super poteri avrebbe potuto “rubare” ai poveri per fare diventare più ricchi i ricchi, che a loro volta avrebbero pensato a rendere meno poveri i più poveri. Lascio al lettore il giudizio se questa fosse una logica di “ferro” o meno! Ciò che mi preme è raccontare la storia ed esporre dei fatti. Quindi andiamo avanti. Per realizzare questo sogno si fece aiutare da uno “stregone” che dopo aver pronunciato 3 parole magiche, “trickle-down economics”, iniziò il suo incantesimo. Ahimè, le cose non andarono per il verso giusto, l’incantesimo si ruppe, tutti, ricchi e poveri, si ritrovarono più poveri, e la donna in questione si trasformò in carta che un vento d’autunno si portò via chissà dove.

Proprio così,  la “mini finanziaria” sostanzialmente senza copertura, che con sussidi e diminuzione della pressione fiscale alle imprese e i redditi più alti  avrebbe dovuto aumentare il benessere dei sudditi, è stata bocciata senza appello dai mercati finanziari, con la conseguenza che la sterlina è crollata avvicinandosi paurosamente alla parità con il dollaro, il debito pubblico è schizzato in alto, tutto questo mentre l’inflazione, dovuta in parte alla guerra in Europa, raggiungeva le due cifre, i costi dei mutui delle case aumentavano, mentre diminuivano il valore dei fondi pensione e delle obbligazioni. In sintesi, la donna che provò ad imitare la Thatcher, insieme al suo ministro dell’economia Kwasi Kwarteng, e la clack dei fan oltre oceano che su Fox news inneggiavano l’utopia libertaria della destra del partito conservatore, sono riusciti laddove nessuno era riuscito: generare dentro una tempesta la tempesta perfetta per portare al collasso completo l’economia di un intero Paese.

Se si allarga l’orizzonte temporale di questa storia tutta Tory, ricordiamo che negli ultimi 3 anni, Downing Street ha visto passare quattro premier differenti. Da Theresa May, l’indimenticabile Boris Johnson e suoi party clandestini, al nuovo primo ministro Rishi Sunak, spingendo l’Economist a parlare di Britaly, accezione negativa, per descrivere un’instabilità politica all’italiana. Permettetemi di dissentire con questa rivista, che peraltro decide di raccontare la parabola della Truss invocando stereotipi di un popolo con una copertina dove la leader dei Tory è vestita da gladiatore, e brandisce una forchetta con gli spaghetti arrotolati e una pizza a forma di scudo. E sullo sfondo la scritta: “Benvenuti a Britaly”.

L’instabilità politico-economica e la decadenza culturale è tutta una questione Britannica che poco o nulla a che fare con l’esperienza italica. Ad esempio, la Brexit è stata una scelta tutta British che ha voluto esprimere l’autodeterminazione di un Paese che decide nel 2016, con la favola dell’autarchia e dei confini chiusi, di non aver più niente a che fare con l’Europa e quindi con Paesi come l’Italia. Ed ancora, le scelte politiche ed etiche durante la prima ondata dell’epidemia Covid di non sottoporre i cittadini al lockdown sono state scelte completamente in antitesi con quelle del governo italiano che ha scelto di preservare una vita in più per un euro in meno. Fino all’idea naïve tutta londinese di implementare una ripresa economica con la diminuzione delle tasse ai più ricchi.

Quindi no signori dell’Economist, prendere come cattivo esempio l’Italia per descrivere i mali di questo Paese non ha senso. E poi diciamoci la verità, se in tutto in questo tempo non siamo riusciti a insegnare agli inglesi come cuocere la pasta al dente… Come si fa soltanto ad immaginare che la nostra tradizione, anche di instabilità politica, sia riuscita a condizionare Westmister? Il mio augurio è che il nuovo leader conservatore, tra l’altro il primo premier di origini indiane, non decida di trattare l’economia inglese come gli inglesi hanno trattato il suo Paese di origine durante il colonialismo. Allora sì che dovremmo temere la legge del contrappasso!

Il professor Moscone insegna alla Brunel University London e all’Università Ca’ Foscari Di Venezia