Cosa serve affinché una vacanza possa dirsi inclusiva

Foto di Stefan Schweihofer da Pixabay

Una vacanza, per potersi definire inclusiva, deve far sì che tutto ciò che si ha nel luogo di residenza abituale, si possa avere anche durante i periodi di vacanza. Purtroppo, le disabilità e le malattie rare non vanno in vacanza e, spesso, per le famiglie e i caregiver, questo crea enormi difficoltà. Ciò succede perché, nei luoghi di ferie, non c’è più l’assistenza, bisogna trovare dei luoghi accessibili e verificare se è presente una struttura sanitaria nelle vicinanze che li possa prendere in carico. I diritti al turismo accessibile, alla vacanza e alla mobilità sono fondamentali. Moltissime famiglie vanno sempre negli stessi posti perché hanno la certezza di avere un minimo di presa in carico oppure, nei casi peggiori, restano a casa. Si tratta dell’ennesima privazione di libertà in presenza di una condizione già di per sé molto difficile.

Quando si parla di presa in carico, oltre che per il luogo di residenza, deve avere valore anche nei luoghi dove la persona con disabilità o malattia rara si sposta, ovvero anche nelle zone di vacanza. Sarebbe molto utile se, comunicando la data e il luogo dello spostamento, si potessero già trovare nei luoghi di permanenza temporanea dei servizi adeguatamente predisposti attraverso una comunicazione adeguata tra i servizi di provenienza e di arrivo. Questo rappresenta il primo passo verso città e luoghi a misura di tutti. È impensabile e allucinante che, nel 2023, una persona con disabilità si possa spostare solo se trova un luogo con determinate caratteristiche.