Il boom della Greta Economy nella capitale

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Per dirla con Bank of America Merrill Lynch, “uno tsunami di prodotti è pronto a investire in “buone” azioni”. Tre categorie, in particolare, secondo le ricerche, guidano le legioni di nuovi investitori sensibili ai princìpi di sostenibilità che hanno catalizzato anche l’ultima edizione del World economic forum di Davos: donne, millennials e quelli che nelle eleganti banche del centro chiamano “high net worth individuals“, i Paperoni che hanno per lo meno un milione di dollari da investire. Dunque la Greta-Economy rende di più. Doppio premio per i fondi verdi. Rispetto agli investimenti tradizionali, i 1300 portafogli etici abbattono i pericoli di una perdita di valore nel lungo termine. A spingere i prodotti finanziari sostenibili sono Millenials e grandi ricchi. In Borsa però c’è chi li ritiene una “scelta limitante”.

Settori strategici

E' stato il presidente della Camera di Commercio di Roma, Lorenzo Tagliavanti, ad aprire in veste di padrone di casa il convegno “Un nuovo bilancio europeo all'altezza delle sfide” organizzato al Tempio di Adriano di Roma, riferisce Nova. Nel suo intervento, il presidente ha voluto ricordare che “l'Europa è fondamentale per le imprese italiane perché rappresenta il primo promo sbocco per le merci. Grazie all'Unione sono state abolite centinaia di dogane e regolamenti nazionali che hanno facilitato la circolazione fra i paesi con benefici importanti per vari settori strategici del nostro Paese, come la cultura ed il turismo”. In questo contesto l'economia romana, pur con un passato difficile, “è molto vitale per la dinamicità imprenditoriale: ci sono elementi di difficoltà ma anche grande dinamicità e combattività: per questo guardiano con vivo interesse al cambiamento della politica economica europea, che va nella nostra direzione grazie alla scelta ambientalista. Un settore in cui Roma ha grandi possibilità e che rappresenta un'opportunita' di ridimensionamento dell'economia cittadina“.

Scelta etica

Investire facendo del bene all’ambiente e alla società sta diventando il nuovo imperativo dell’industria del risparmio gestito, riferisce La Stampa. L’ultima svolta è giunta da uno dei più grandi fondi del mondo, Blackrock. Il suo numero uno, Larry Fink, in una lettera indirizzata ai suoi investitori, ha posto la sostenibilità, specialmente quella ambientale, come “nuovo standard di investimento”. È la certificazione di una tendenza in atto da tempo anche da parte degli stessi clienti: la richiesta di prodotti di investimento che rispettino i principi di sostenibilità sta aumentando. Di più: è un boom. “Secondo le nostre stime- dicono alla Stampa da Bank of America-  nei prossimi due decenni, l’ulteriore crescita degli attivi nei fondi sostenibili sarà di 20 mila miliardi di dollari, l’equivalente della dimensione odierna dell’S&P 500″, il principale listino azionario americano. L’Italia non fa difetto in questa corsa alle “buone” azioni. “I prodotti di investimento sostenibili, infatti, stanno crescendo con tassi a doppia cifra in Italia, un fenomeno che riflette più in generale la consapevolezza crescente nella società su questi temi”, evidenzia alla Stampa Emilio Franco, amministratore delegato di Mediobanca Sgr. Il fenomeno è esploso soprattutto negli ultimi due anni in cui si è registrata una crescita del 154% con il lancio di oltre cento fondi sostenibili negli ultimi tre anni: oggi sono più di 1300.

Sostenibilità ambientale e sociale

Gli investimenti basati su strategie Sri (investimenti sostenibili e responsabili) e Esg (sigla che definisce in inglese i tre criteri di attenzione: ambiente, società, governance) valgono circa 375 miliardi. Sono esclusi, precisa la Stampa, settori problematici come armi, tabacco, alcool, gioco d’azzardo; si favorisce invece la sostenibilità ambientale e sociale delle società su cui si punta. Nel mondo della finanza, insomma, si fa largo la carica dei fondi “buoni” che si contrappongono a quelli tradizionali che fanno la parte dei cattivi, visto che ancora si limitano a guardare i parametri classici, strettamente finanziari, senza curarsi di aspetti come le emissioni di Co2, la composizione dei consigli di amministrazione o le condizioni di lavoro applicate dalle società in cui investono. Una distinzione però ancora non così chiara.

Green washing

“Riuscire a distinguere i “buoni” dai “cattivi” non è sempre agevole- dichiara alla Stampa Angelo Meda, responsabile azionario e della ricerca Esg di Banor Si-.In finanza si tende a cavalcare la moda del momento. Provare oggi a vendere un prodotto finanziario che magari rende tanto ma non è sostenibile, semplicemente non funziona”. Per questo tutti sono, in un modo o nell’altro, diventati verdi. Si è sviluppato il fenomeno del “green washing”, un “lavaggio” verde che serve a soddisfare almeno le esigenze di marketing. Quelle del pianeta, si vedrà. La domanda che da tempo arrovella gli investitori è se scegliere dove investire anche in base a criteri non strettamente finanziari faccia bene anche al portafoglio. Insomma: la sostenibilità fa guadagnare? Escludere alcuni settori e titoli per motivi sociali o ambientali ha delle controindicazioni, sostengono i detrattori: se non altro riduce l’universo di investimento e la possibilità di diversificare. Insomma, in Borsa c’è chi la considera una “scelta limitante. “È un pregiudizio- sottolinea alla Stampa Roberto Grossi, vice direttore generale di Etica Sgr –. Al limite ci saranno meno opportunità di investimento, ma la selezione elimina quelle che nel medio-lungo termine potrebbero avere dei problemi per rischi attualmente sottovalutati“.