Falso e abuso d’ufficio: Virginia Raggi rischia il processo

Falso e abuso d’ufficio. Sono queste le accuse che la Procura di Roma ha notificato alla sindaca capitolina Virginia Raggi, chiudendo l’inchiesta che la riguarda. Il rischio di essere processata per falso è legato alla nomina di Renato Marra – fratello dell’ex capo del personale Raffaele ora a processo per corruzione – a responsabile del Turismo, mentre quello di finire davanti ai giudici per abuso d’ufficio nasce dalla promozione di Salvatore Romeo a capo della sua segreteria.

Il caso Marra

La vicenda ha avuto inizio quando Raffaele Cantone, presidente dell’Anticorruzione (Anac), aveva segnalato il conflitto d’interessi per la nomina di Marra. La Raggi si difese affermando che in questa decisione non aveva influito Raffaele. Tuttavia era emerso da una conversazione via Telegram che la sindaca protestava con Marra: “Raffaele, questa cosa dello stipendio mi mette in difficoltà, me lo dovevi dire“. Secondo l’accusa, l’ammissione della sindaca di non averne saputo nulla è la prova che la decisione della nomina sarebbe stata presa da Raffaele Marra.

Il caso Romeo

Salvatore Romeo era passato da funzionario nel dipartimento Partecipate del Campidoglio alla guida della segreteria della prima cittadina. Il suo stipendio era schizzato da trentanove mila euro annui a quasi centoventimila. Di qui l’intervento dell’Anac, che aveva portato il Campidoglio ad abbassare lo stipendio di Romeo a novantatré mila euro annui. La Raggi era stata sentita dai pm il 2 febbraio scorso. Nel corso dell’interrogatorio i magistrati le avevano comunicato che Romeo le aveva intestato alcune polizze vita. Ora la Raggi potrebbe chiarire queste circostanze, se decidesse di farsi interrogare o se depositasse una memoria difensiva.

Archiviazione per la nomina di Raineri

La Procura ha invece archiviato la posizione della Raggi sulla nomina di Carla Raineri a capo di Gabinetto. Pur ritenendo la scelta di Raineri per quel ruolo non legittima e non in linea con alcuni pronunciamenti dalla Corte dei Conti, è stato considerato insussistente l’elemento soggettivo del reato.