Quanti lavoratori rischiano il posto a causa dell’IA. L’allarme di Confartigianato

Il presidente della Confartigianato ha dichiarato che l'intelligenza artificiale non deve essere temuta, ma deve essere "governata dall'intelligenza artigiana"

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

La Confartigianato ha stimato quanti potrebbero essere i lavoratori che potrebbero perdere il posto a causa della diffusione dell’intelligenza artificiale. Ecco quale sarebbe la regione che potrebbe risentire di più questo problema. 

L’allarme di Confartigianato: lavoratori a rischio a causa dell’intelligenza artificiale

Sono 8,4 milioni i lavoratori italiani a rischio per effetto della diffusione dell’intelligenza artificiale“. La stima è di Confartigianato che ha analizzato “il grado di esposizione all’Ia del nostro mercato del lavoro” e avverte: “Il 36,2% del totale degli occupati subirà l’impatto delle profonde trasformazioni tecnologiche e dei processi di automazione”. La regione più esposta è la Lombardia, poi il Lazio. Per “lavoratori in bilico” in Europa “stanno peggio di noi Germania e Francia” e spicca il 59,4% del Lussemburgo. L’Ia, commenta il presidente Marco Granelli, “non va temuta ma governata dall’intelligenza artigiana”. La percentuale di lavoratori messi a rischio dall’impatto dell’intelligenza artificale sul nostro mercato del lavoro, secondo il rapporto elaborato da Confartigianato, è “inferiore di 3,3 punti rispetto al 39,5% della media europea di lavoratori maggiormente esposti all’Ia. Stanno peggio di noi Germania e Francia rispettivamente al 43% e al 41,4% di lavoratori in bilico e il Lussemburgo con addiritttura il 59,4%, seguito da Belgio al 48,8% e Svezia al 48%”. Le professioni più esposte “sono quelle maggiormente qualificate e a contenuto intellettuale e amministrativo, a cominciare dai tecnici dell’informazione e della comunicazione, dirigenti amministrativi e commerciali, specialisti delle scienze commerciali e dell’amministrazione, specialisti in scienze e ingegneria, dirigenti della pubblica amministrazione”, mentre “tra le attività lavorative a minor rischio vi sono quelle con una componente manuale non standardizzata”. Secondo la rilevazione di Confartigianato “l’espansione dell’intelligenza artificiale insidia il 25,4% dei lavoratori in ingresso nelle imprese nel 2022, pari 1,3 milioni di persone. Per le piccole imprese fino 49 addetti la quota è del 22,2%, pari a 729.000 persone”.

I dati regione per regione

Il dato è stato calcolato anche regione per regione: “A livello territoriale, la maggiore percentuale di personale in bilico si registra nel centro-nord, con in testa la Lombardia (35,2% degli occupati assunti nel 2022 più esposti a impatto IA), seguita dal Lazio (32%), Piemonte e Valle d’Aosta (27%), Campania (25,3%), Emilia Romagna (23,8%), Liguria (23,5%). “Da rischio a opportunità”, il rapporto di Confartigianato mette anche in evidenza che “l’intelligenza artificiale è l’arma che le imprese stanno sfruttando per ottimizzare le proprie attività. In particolare, il 6,9% delle nostre piccole aziende utilizza robot, superando il 4,6% della media europea e, in particolare, doppiando il 3,5% della Germania. Inoltre, il 5,3% delle pmi usa sistemi di intelligenza artificiale e il 13% prevede di effettuare nel prossimo futuro investimenti nell’applicazione dell’Ia”.

L’intelligenza artificiale sia un mezzo non un fine

L’intelligenza artificiale – sottolinea il presidente di Confartigianato Marco Granelli – è un mezzo, non è il fine. Non va temuta, ma governata dall’intelligenza artigiana per farne uno strumento capace di esaltare la creatività e le competenze, inimitabili, dei nostri imprenditori. Non c’è robot o algoritmo che possano copiare il sapere artigiano e simulare l’anima dei prodotti e dei servizi belli e ben fatti che rendono unico nel mondo il made in Italy“. Nelle altre regioni, a seguire dopo la Liguria, la ‘classifica’ dei “lavoratori in bilico” stilata da Confartigianato prosegue con Sicilia (23,2%), Friuli Venezia Giulia (22,9%), Veneto (22,6%), Toscana (21,1%), Calabria (20,8%), Trentino Alto Adige e Umbra (19,9%), Puglia (19,8%), Molise (18,6%), Marche (18,4%), Sardegna (18,3%), Abruzzo (17,5%), Basilicata (16,7%).

Fonte Ansa