Migranti, il Papa a Lesbo: “Fermiamo questo naufragio di civiltà”

Il Santo Padre rinnova il suo appello per fermare l'emergenza delle migrazioni: "Chiusure e nazionalismi portano conseguenze disastrose"

Migranti
Foto © Vatican Media

Entra più che mai nel vivo il viaggio apostolico di Papa Francesco fra Grecia e Cipro. Il Santo Padre approda nell’isola di Lesbo, tocca con mano (per la seconda volta dopo il viaggio del 2016) la sofferenza dei migranti e dei rifugiati e recita con loro la preghiera dell’Angelus. Il Centro di accoglienza di Mytilene è quasi un simbolo stesso dell’emergenza delle migrazioni. Come lo era stato il campo di Moria, finché un incendio non lo ha distrutto. Papa Francesco, cinque anni fa, invitò il mondo a farsi “attento a queste situazioni di bisogno tragico e veramente disperato”. E, soprattutto, a produrre risposte. Oggi, il numero dei migranti è sceso considerevolmente a Lesbo: 3 mila contro i 25 mila del 2016. Ma anche le chiusure sono più rigide. E il Pontefice rinnova la sua vicinanza a chi resta in attesa di conoscere il proprio futuro: “Sono qui per vedere i vostri volti. Per guardarvi negli occhi. Occhi carichi di paura e di attesa, occhi che hanno visto violenza e povertà, occhi solcati da troppe lacrime”.

Lesbo, l’appello di Francesco

“Un problema del mondo” lo definisce Papa Francesco. “Una crisi umanitaria che ci riguarda tutti”. Perché è vero, “la pandemia ci ha colpiti globalmente, ci ha fatti sentire tutti sulla stessa barca”. E, soprattutto, ci ha fatto capire che “le grandi questioni vanno affrontate insieme”. Eppure, nonostante le mosse per rispondere alle tante emergenze del mondo contemporaneo, “tutto sembra latitare terribilmente per quanto riguarda le migrazioni. Eppure ci sono in gioco persone, vite umane! C’è in gioco il futuro di tutti, che sarà sereno solo se sarà integrato”. E un nuovo monito giunge da Lesbo, dalla voce di Papa Francesco: “Quando i poveri vengono respinti si respinge la pace. Chiusure e nazionalismi – la storia lo insegna – portano a conseguenze disastrose”. Il futuro, ricorda il Santo Padre, “ci metterà ancora più a contatto gli uni con gli altri. Per volgerlo al bene non servono azioni unilaterali, ma politiche di ampio respiro”.

Il rispetto delle persone

Gli occhi dei migranti chiedono di “non girarci dall’altra parte”, di “non rinnegare l’umanità che ci accomuna… Prego Dio di ridestarci dalla dimenticanza per chi soffre, di scuoterci dall’individualismo che esclude, di svegliare i cuori sordi ai bisogni del prossimo. E prego anche l’uomo, ogni uomo: superiamo la paralisi della paura, l’indifferenza che uccide, il cinico disinteresse che con guanti di velluto condanna a morte chi sta ai margini”. Ricordando chi si è impegnato nell’accoglienza, il Pontefice ricorda come, tutt’oggi, vi sia chi si rivolge al tema dei migranti come a “un affare che non lo riguarda… Eppure il rispetto delle persone e dei diritti umani, specialmente nel continente che non manca di promuoverli nel mondo, dovrebbe essere sempre salvaguardato, e la dignità di ciascuno dovrebbe essere anteposta a tutto”. E questo al netto dei comprensibili timori e delle insicurezze, dovute alle difficoltà e ai pericoli. “Ma non è alzando barriere che si risolvono i problemi e si migliora la convivenza. È invece unendo le forze per prendersi cura degli altri secondo le reali possibilità di ciascuno e nel rispetto della legalità, sempre mettendo al primo posto il valore insopprimibile della vita di ogni uomo, di ogni donna, di ogni persona”.

Fermare il naufragio di civiltà

L’invito che arriva da Lesbo è guardare alla realtà, a fermarsi per osservare ciò che accade, le emergenze umanitarie subite da tante popolazioni, le guerre dimenticate. E ad affrontare il tutto senza la paura dell’altro. “Vanno affrontate le cause remote, non le povere persone che ne pagano le conseguenze, venendo pure usate per propaganda politica! Per rimuovere le cause profonde, non si possono solo tamponare le emergenze. Occorrono azioni concertate. Occorre approcciare i cambiamenti epocali con grandezza di visione”. L’appello di Papa Francesco è anche a guardare il Mediterraneo, “che per millenni ha unito popoli diversi e terre distanti”, e alla sua deriva verso “un freddo cimitero senza lapidi… Non permettiamo che questo ‘mare dei ricordi’ si trasformi nel ‘mare della dimenticanza’. Fratelli e sorelle, vi prego, fermiamo questo naufragio di civiltà”.