Omicidio Abe, il killer voleva realizzare una bomba

Dall'interrogatorio di Tetsuya Yamagami con i pm sarebbero emersi nuovi dettagli. Proseguono anche gli accertamenti sul sistema di sicurezza

Omicidio Shinzo Abe

Proseguono le indagini della Polizia giapponese su Tetsuya Yamagami, il quarantunenne che ha sparato e ucciso l’ex premier nipponico Shinzo Abe. Nel corso di un nuovo interrogatorio con le Forze dell’Ordine, il killer avrebbe riferito di aver tentato di costruire una bomba accanto alle pistole artigianali, una delle quali poi utilizzata per realizzare l’attentato mortale. A riferirlo è stata la Kyodo, che cita fonti investigative. Questo quanto emerso al momento dal colloquio di Yamagami con pubblici ministeri, avvenuto per la formalizzazione dell’arresto. L’uomo è accusato di omicidio, ribadendo comunque di non aver agito per motivi politici. Piuttosto, a spingerlo al folle gesto, sarebbe stata “una grande donazione” effettuata dalla madre a un’organizzazione religiosa. La quale, nella sua mente, era associata proprio all’ex premier nipponico.

Omicidio Abe, la versione del killer

Secondo quanto riferito dalla stessa Kyodo, Yamagami avrebbe raccontato ai pm di aver avuto inizialmente l’intenzione di colpire uno dei dirigenti del gruppo religioso, prima di individuare Abe come obiettivo finale. Al momento, tuttavia, le autorità giapponesi non hanno rivelato quale sia l’organizzazione citata a più riprese dal killer, anche se alcuni media stranieri hanno avanzato qualche ipotesi. Fra queste, la Chiesa dell’Unificazione, presente in Corea del Sud e popolare in Giappone negli anni Ottanta. Secondo le ipotesi formulate, sarebbe stata importata nel Sol Levante da Nobusuke Kishi, nonno di Shinzo Abe.

Lacune nella sicurezza

Nel frattempo, proseguono gli accertamenti anche sul piano della sicurezza. L’omicidio di Abe, avvenuto alla stazione di Nara durante un comizio, ha evidenziato diverse falle nel sistema di tutela. Secondo il network Nhk, gli agenti di polizia non avrebbero riconosciuto l’uomo sospetto fino al momento del primo sparo. Colpi peraltro esplosi a distanza ravvicinata, dopo che il killer si era avvicinato camminando da dietro fino a pochi passi di distanza. La stessa polizia giapponese ha ammesso le evidenti lacune nel sistema di sicurezza durante il comizio. È stato il capo della Polizia di Nara in particolare, Tomoaki Onizuka, ad ammettere “che ci siano stati problemi nella sicurezza”.