Oltre la metà dei nuovi lavoratori risiede al Sud Italia

Il tasso di crescita del Mezzogiorno, al 4,4%, è stato più che doppio rispetto al resto del Paese, secondo la Fondazione studi dei consulenti del lavoro

Lavoro sindacati
Foto di Janno Nivergall da Pixabay

Il Meridione ha ingranato la marcia, dopo lo scoppio della pandemia da Covid-19: su 474mila nuovi lavoratori, tra il primo trimestre del 2019 e lo stesso periodo del 2023, 262mila (il 55,3% del totale), risiedono al Sud. E, se il tasso di crescita dell’occupazione nel Mezzogiorno “è stato del 4,4%, più che doppio, rispetto al resto del Paese”, protagonisti della ripresa sono soprattutto giovani e “senior”.

I dati

È quel che emerge dalla ricerca della Fondazione studi dei consulenti del lavoro (su elaborazione di dati Istat), che mette in risalto come l’impennata degli impieghi nell’area meridionale dopo la pandemia abbia riguardato il comparto edile prima (verosimilmente, in buona parte grazie agli incentivi fiscali per la ristrutturazione degli edifici), e il turismo nell’ultimo anno (quando, cioè, i contagi sono calati sensibilmente). La “parte del leone”, al Sud, l’ha fatta la Puglia, visto che dal primo trimestre del 2019 a quello dell’anno in corso si sono registrati 100mila addetti in più, con “un aumento netto dell’8,6%“. A seguire c’è la Sicilia, “che ha visto salire la propria base occupazionale di circa 93mila unità (+7,2%)”, e “anche la Calabria ha conosciuto un discreto miglioramento (+5%), mentre la Campania (+1,7%) non ha registrato significativi passi avanti”. In termini percentuali, recita il dossier dei professionisti, in Puglia l’ascesa va dal 44,6% del 2019 al 49,8% del 2023.

Centro-Nord

Tra le regioni del Centro Nord, poi, si segnala l’Umbria, che vede aumentare l’occupazione del 5,3% e passare il tasso di forza lavoro attiva dal 63,2% al 67,8%, seguita dalla Liguria (+4,4%) e dal Friuli-Venezia Giulia (+4,3%). Avvicinando la lente, si scopre come l’incremento delle opportunità abbia riguardato indistintamente uomini e donne, avvantaggiando sia i giovani, sia gli adulti: nella fascia 15-34 anni si sono registrati 70mila addetti in più (+5,5%), a beneficio, però, della sola componente maschile, e assai più intensa è stata l’ascesa per i lavoratori fra i 55 ed i 64 anni (14,8%)”. Le ragioni – si stima – risiedono “nella contrazione occupazionale delle fasce anagrafiche centrali e nel loro calo demografico (-11,7%), che ha dirottato le imprese verso l’offerta più disponibile”. Per il presidente del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro Rosario De Luca, le cifre dimostrano che “le potenzialità del Sud, dove si concentra circa un terzo della popolazione italiana, sono enormi”.

Fonte Ansa