NIGERIA, L’ESERCITO AMMETTE: “ABBIAMO DATO ARMI A BOKO HARAM”

Notizie scioccanti dalla Nigeria, dove i vertici militari hanno ufficialmente ammesso – durante una conferenza stampa – che alcuni componenti dell’esercito hanno venduto sia armi che munizioni ai fondamentalisti islamici di Boko Haram. Il gruppo di terroristi operante in Africa è il responsabile del rapimento delle oltre 200 studentesse di Chibok.

L’ammissione arriva tre settimane dopo che l’esercito nigeriano ha reso noto che un tribunale militare intende processare 16 ufficiali e soldati accusati di reati connessi alla lotta contro Boko Haram, tra cui furto e vendita di munizioni ai terroristi. A questo proposito, il generale Lucky Iraboms, pochi giorni fa, aveva dichiarato che la vicenda costituiva un grave tradimento nei confronti di tutto il popolo nigeriano. Per il presidente Muhammadu Buhari, invece, la corruzione è il fattore principale della devastazione del Paese: durante i sette anni di guerra contro i miliziani di Boko Haram sono morte oltre 20.000 persone.

“La corruzione è una malattia sociale, un morbo che si è diffuso fino a permeare tutti i settori della società, dal governo all’impresa privata e persino all’ambito religioso”. E’ quanto ha dichiarato monsignor Ignatius Kaigama, arcivescovo di Jos e presidente della conferenza episcopale nigeriana, lo scorso marzo durante un’intervista rilasciata a Vatican Insider.

Nell’ultimo rapporto sulla corruzione nel mondo curato dall’ong Transparency International, la Nigeria risulta 136ma su 168 Stati esaminati e l’indice di corruzione è di 26 su 100 (più basso è questo valore, peggiore viene considerata la situazione). E secondo la società specializzata Pricewaterhouse Cooper, anche solo riducendo il malaffare al livello del vicino Ghana, l’economia del Paese aumenterebbe le sue dimensioni del 22%.

“La corruzione ha mutilato questo paese, lo ha ridotto in schiavitù, e come Chiesa non possiamo autorizzarla, né incoraggiarla, né sostenerla! – aveva dichiarato l’arcivescovo – Non possiamo permettere che il malaffare entri nella Chiesa; contro il corrotto, anche se è un sacerdote, un pastore o un vescovo, si deve sempre far sentire la voce della protesta”.