Mutui: ecco perché le famiglie italiane sono insolventi

L'aumento del costo del denaro, l'incremento dei tassi e la corsa dell'inflazione: i fattori che mettono in ginocchio le famiglie italiane

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Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Le famiglie italiane non hanno pagato le rate dei mutui e dei prestiti per un valore di 14,9 miliardi di euro. La Federazione autonoma bancari italiani spiega perché si verifica questa insolvenza. 

Mutui e prestiti: le famiglie italiane in difficoltà

Valgono 14,9 miliardi di euro le rate di mutui e prestiti vari non pagate da quasi un milione di famiglie italiane. Lo sostiene la Federazione autonoma bancari italiani (Fabi) indicando tra le cause delle insolvenze “l’aumento del costo del denaro, l’incremento dei tassi e la corsa dell’inflazione”. Fattori che, secondo il sindacato, “riducono il reddito disponibile e mettono in difficoltà i clienti delle banche nel rispettare le scadenze relative ai finanziamenti”. Ammontano a 6,8 miliardi le rate di mutui non pagati, a 3,7 miliardi quelle del credito al consumo e 4,3 miliardi gli arretrati relativi ad altri prestiti personali. Secondo la Fabi 5,7 miliardi sono sofferenze certe, 7,1 miliardi sono inadempienze probabili e circa 2 miliardi sono rate scadute.

E hanno raggiunto quota 425,5 miliardi di euro i mutui erogati agli italiani dalle banche allo scorso 30 aprile. Circa 1/3 del totale, vale a dire 140 miliardi, è composto da mutui a tasso variabile. Rispetto alla fine del 2017 – riferisce la Fabi, che ha elaborato i dati di Bankitalia – i mutui erogati sono cresciuti di circa 50 miliardi, con un rialzo del 13,4%. Su un totale di 25,7 milioni di famiglie italiane, circa 3,5 milioni hanno contratto un mutuo. Al dato si aggiungono 6,8 milioni di cittadini indebitati anche con altre forme di finanziamento, come il credito al consumo e i prestiti personali, per un totale erogato di 251,2 miliardi di euro. Un dato, secondo la Fabi “in linea con i valori di fine 2017″, ma in rallentamento rispetto alla tendenza degli ultimi mesi. Un segno, quest’ultimo, dell'”incidenza negativa dell’aumento dei tassi d’interesse“.

Fonte Ansa