IL TRIANGOLO DI SANGUE

Un triangolo di fuoco e di morte. Kamikaze in azione contro la moschea sciita di Kuwait City con una decina di vittime. Poi l’attacco quasi simultaneo in Francia e in Tunisia. A Lione due terroristi contro una centrale di gas, a Sousse i due attentatori hanno sparato contro i turisti sdraiati sulla spiaggia di un resort cinque stelle. Decine di vittime e un terrorista ucciso mentre fuggiva.

Sangue e propaganda. Obiettivi studiati per aver il maggior effetto devastante sul nemico e quello di serrare le fila del jihadismo. E ancora una volta le forze di sciurezza francesi si rivelano non all’altezza del momento. Uno degli attentatori era stato segnalato come estremista jihadista nel 2009 ma poi era stato cancellato dalla black list perché non aveva commesso nulla di allarmante. Terroristi francesi quindi, non immigrati. Così come tunisini gli attentatori di Sousse. Una strategia per rispondere al rischio di accerchiamento. Infatti, contemporaneamente, in Siria e Iraq, i miliziani del Califfato hanno attuato alcune azioni da commando contro Kobane e altre città che nelle settimane scorse erano state riconquistate dalle forze curde e lelaiste irachene. Azioni suicide, in parte abortite, che però seminano paure e insicurezza in Europa. In Medio Oriente rafforzano lo Stato islamico. Obiettivi studiati nei dettagli, la fabbrica di gas a Lione aveva da poco firmato un accordo con l’Arabia Saudita. Dettaglio non da poco perché l’Isis vuole prendere l’egemonia della Sunna islamica e spodestare la dinastia saudita da questo ruolo. A questo fine sono da ricondurre i violenti attacchi della propaganda del Califfato contro gli affiliati di Al Qaeda e il loro leader Ayman al Zawahri e ai talebani. Un fatwa è stata lanciata dal Califfato nero contro il Mullah Omar, l’amir dei credenti talebani, accusato di essere un traditore e un apostata. Martedì scorso una violenta battaglia nella provincia afghana di Nangarhar ha visto contrapposti milizie talebani e gruppi che hanno giurato fedeltà all’Isis.

Il Califfato vuole prendere il sopravvento prima di tutto nell’Islam per questo la pulizia etnica in tutta la Mezzaluna fertile che tende all’annientamento di cristiani, yazidi, curdi e sciiti per ridare vita alla nazione islamica delle origini. Ma dietro questa follia ammantata di religione c’è un disegno politico ed economico. L’egemonia sulle terre mediorientali con lo spodestamento dei regimi spesso corrotti. Il controllo delle risorse petrolifere che equivale al controllo delle economie occidentali colpevoli di aver sfruttato per secoli quelle terre e di aver sostenuto tiranni e dittatori. La guerra interna al mondo islamico trova così un fronte anche in Occidente dopo gli interventi dei militari delle coalizioni internazionali in Afghanistan, Iraq e Libia senza che questi abbiamo portato sviluppo e pace in questi Paesi ma aumentando il divario nella popolazioni e favorendo in alcuni casi politici corrotti. Situazioni che sono state facile terreno di cultura per gli estremisti, orfani di Osama bin Laden troppo ossessionato dal fare la guerra agli Stati Uniti per puntare alla formazione della nazione islamica unita. Abu Bakr al Baghdadi questo ha fatto: ha dato al terrorismo una struttura statuale con terre e domini e soprattutto una governance in linea con i precetti della Sharia. Una deformazione dei precetti ma sufficiente a catalizzare tanti giovani uomini e donne disposti a lasciare gli agi e le libertà dell’Occidente per aderire al Califfato. E per esso pronti a morire e a portare la morte anche nelle loro patrie adottive ma considerate matrigne.

Una buona notizia. La polizia italiana ha bloccato all’aeroporto di Fiumicino un terrorista pakistano legato ad Al Qaeda complice di un massacro a Peshawar. In silenzio i poliziotti dell’Ucigos tengono gli occhi e le orecchie aperte a differenza di quelli di altri Paesi. E spesso le segnalazioni della nostra intelligence servono a prevenire attacchi in altre nazioni.