Il ricorso presentato dai migranti soccorsi sulla Sea watch alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo per chiedere all'Italia di consentire lo sbarco, è stato respinto. La notizia è stata annunciata dal Viminale. “Anche la Corte europea di Strasburgo conferma la scelta di ordine, buon senso, legalità e giustizia dell'Italia: porti chiusi ai trafficanti di esseri umani e ai loro complici, meno partenze, meno sbarchi, meno morti, meno sprechi. Indietro non si torna”, ha affermato il ministro dell'Interno, Matteo Salvini su Twitter, commentando la decisione della Cedu du respingere il ricorso presentato da alcuni migranti che si trovano a bordo della Sea Watch.
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Nonostante abbia respinto la richiesta di sbarco, la Cedu – attraverso la diffusione di un comunicato stampa – ha però “indicato al governo italiano che conta sulle autorità del Paese affiché continuino a fornire tutta l'assistenza necessaria alle persone in situazione di vulnerabilità a causa dell'età o dello stato di salute che si trovano a bordo della nave”.
Intanto, mentre ancora tutti i porti restano sbarrati per l'ingresso della nave, oramai da 13 giorni al largo di Lampedusa, la situazione a bordo comincia ad essere critica. Il medico presente fra i 42 migranti rimasti sul ponte (alcuni, fra quelli in condizioni più gravi, sono sbarcati nei giorni scorsi) in attesa di conoscere il loro destino, ha fatto sapere che “hanno bisogno di cure mediche. Non sto parlando da medico ma da essere umano, serve un porto sicuro ora. Abbiamo pazienti con dolori per le torture subite ed altri che necessitano di un supporto psicologico”.
Nel frattempo, il Garante nazionale per i diritti dei detenuti ha presentato un esposto alla Procura della repubblica di Roma per richiedere ua verifica su “eventuali aspetti penalmente rilevanti” nell'attuale blocco della Sea Watch. Il Garante, spiega una nota, “non può né intende intervenire su scelte politiche che esulano dalla propria stretta competenza. Tuttavia è suo dovere agire per fare cessare eventuali violazioni della libertà personale, incompatibili con i diritti garantiti dalla nostra Carta, e che potrebbero far incorrere il Paese in sanzioni in sede internazionale”. In particolare, l'Autorità ribadisce che “le persone e le loro vite non possono mai divenire strumento di pressione in trattative e confronti tra Stati. Ritiene inoltre che la situazione in essere richieda la necessità di verificare se lo Stato italiano, attraverso le sue Autorità competenti, stia integrando una violazione dei diritti delle persone trattenute a bordo della nave“.
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