Sea Watch si appella alla Corte di Strasburgo

Si allarga fino a Strasburgo il nuovo caso Sea Watch. La nave della ong tedesca, ormai da 12 giorni ad attendere al largo di Lampedusa, appena al di là delle acque territoriali italiane, ha infatti chiesto l'intervento della Corte europea dei diritti dell'uomo, inoltrando richiesta di “misure provvisorie” per fare appello all'Italia affinché consenta di far sbarcare i migranti a bordo, recuperati quasi due settimane fa in acque libiche. La Corte, che tecnicamente non fa parte dell'Unione europea, ha reso noto di aver ricevuto la richiesta di Sea Watch e la sua risposta è attesa a ore: l'organo ha la facoltà, in base a quelli che sono i suoi regolamenti, di chiedere al nostro Paese di adottare “misure urgenti”, utili a “impedire serie e irrimediabili violazioni dei diritti umani”.

L'affondo contro i Paesi Bassi

Al netto di quanto verrà deciso, si profila all'orizzonte un nuovo contenzioso sul caso Sea Watch che, non più tardi di ieri, il ministro dell'Interno Matteo Salvini ha attribuito interamente ai Paesi Bassi, ritenuti il Paese responsabile dell'accoglienza delle persone a bordo della nave. Quasi inevitabile, vista la situazione di stallo, il ricorso alla Corte europea da parte della Sea Watch che, in caso avesse deciso di oltrepassare la linea di frontiera marittima dichiarando l'emergenza umanitaria, sarebbe comunque incosra nelle sanzioni previste dal Sicurezza-bis. Tornando ai Paesi Bassi, l'affondo di Salvini ha messo nel mirino, in particolare, il presunto disinteresse mostrato “da una nave con la loro bandiera, peraltro usata da una Ong tedesca, che da ormai undici giorni galleggia in mezzo al mare”. Salvini aveva precisato che “riterremo il governo olandese, e l'Unione Europea assente e lontana come sempre, responsabili di qualunque cosa accadrà alle donne e agli uomini a bordo della SeaWatch”.

Stallo prolungato

Intanto, mentre la situazione politica resta ferma sulla base di posizioni granitiche, quella a bordo della nave comincia a essere critica. Il medico presente fra i 42 migranti rimasti sul ponte (alcuni, fra quelli in condizioni più gravi, sono sbarcati nei giorni scorsi) in attesa di conoscere il loro destino, ha fatto sapere che “hanno bisogno di cure mediche. Non sto parlando da medico ma da essere umano, serve un porto sicuro ora. Abbiamo pazienti con dolori per le torture subite ed altri che necessitano di un supporto psicologico”.