Scuola, la Corte europea condanna l’Italia per i contratti a termine

L’uso di contratti a tempo determinato per coprire la richiesta di insegnanti nelle scuole italiane è una prassi in contrasto con il diritto europeo. A dirlo è la Corte di Giustizia dell’Ue in una sentenza pubblicata oggi. Oggetto della decisione, i ricorsi presentati dai sindacati italiani di categoria. “La normativa italiana non prevede alcuna misura diretta a prevenire il ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato – si legge nel documento – l’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato non ammette che, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali dirette all’assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, si autorizzi il rinnovo di contratti a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti e di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi per  l’espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo il risarcimento del danno subito a causa di un siffatto rinnovo”. Insomma, niente più soluzioni temporanee per risolvere problemi permanenti: una pratica che invece nel nostro Paese sembra divenuta uno standard.

Le prime conclusioni le traggono i Cobas: “La Corte Europe fa giustizia per i precari della scuola – dice Piero Bernocchi, portavoce dei sindacati di base – ora devono essere assunti. Si tratta di una sentenza storica che impone per i precari della scuola con almeno tre anni (trentasei mesi) di lavoro scolastico l’assunzione o il risarcimento nel caso abbiano smesso di lavorare nella scuola o non siano interessati a rimanerci: e l’indennizzo deve riguardare anche gli scatti di anzianità”.

Dello stesso avviso Mimmo Pantaleo, segretario generale della Flc- Cgil secondo cui la decisione dell’Ue “è destinata a fare da apripista e dare una speranza alle centinaia di migliaia di precari che da anni coprono posti vacanti facendo funzionare le scuole, gli enti di ricerca, le università e tutte le pubbliche amministrazioni”.