Morandi, storia di un ponte definito “un fallimento”

Qualcuno ha parlato di un fulmine. Un'ipotesi forse fondata ma che, a ogni modo, sembra proprio non bastare per giustificare l'apocalisse del Ponte Morandi sull'A10 di Genova, crollato improvvisamente nella mattina del 14 agosto, mentre il capoluogo ligure veniva spazzato da una pioggia torrenziale. Un distacco netto di un tratto lungo un centinaio di metri dell'immenso viadotto che sovrasta Sampierdarena e collega la città all'aeroporto: 22 morti, se ne temono altri, macerie sparse ovunque nel sottostante torrente, molte anche sulle case e sui capannoni industriali che si trovavano nei pressi della riva. Un disastro epocale, una delle più gravi tragedie degli ultimi anni sulla quale si indaga, ora, per tentare di capirne le cause.

Il ponte

Un cedimento strutturale: di questo, per ora, parlano gli inquirenti come causa principale della tragedia. Per alcuni si tratta di una tragedia annunciata, per le condizioni del ponte e per i continui (e costosi) interventi di manutenzione che ha richiesto nel corso degli anni, dall'edificazione definitiva del 1967 (con inaugurazione presenziata dall'allora Capo di Stato Giuseppe Saragat) a oggi. Pe alcuni, come l'ingegner Brenich che ne parlò un paio di anni fa, il viadotto Morandi era “un fallimento dell’ingegneria e dovrà essere presto ricostruito perché i costi di manutenzione saranno esorbitanti e supereranno quelli di ricostruzione”. A ogni modo, su quel ponte realizzato in calcestruzzo armato precompresso, alto 90 metri e lungo 1.182, transitavano ogni giorno migliaia di autovetture: per Autostrade, addirittura, annualmente lo percorrevano 25,5 milioni di automobili, camion e altri mezzi, una percentuale destinata a crescere secondo gli esperti.

L'ipotesi della demolizione

Secondo l'architetto genovese Diego Zoppi, ex presidente dell'Ordine genovese e oggi membro del Consiglio nazionale degli architetti, citato dall'Ansa, “il problema del ponte Morandi è che i tiranti sono stati costruiti in calcestruzzo e non in metallo, e che negli anni Sessanta non si metteva in conto che il calcestruzzo si degrada e poi collassa. Cinquant'anni fa c'era una fiducia illimitata nel cemento armato. Si credeva fosse eterno. Invece si è capito che dura solo qualche decennio”. Nel 2009, addirittura, emerse l'ipotesi di demolire il viadotto, avviando l'operazione di smontaggio della “struttura con un ordine inverso rispetto alle fasi della costruzione dell’opera. In tal modo sarà sufficiente evacuare provvisoriamente le abitazioni che attualmente insistono nell’impronta e negli immediati dintorni del viadotto, senza procedere ad alcun abbattimento dei fabbricati”. Questo, almeno, quanto riportato nello studio 'La Gronda di Genova. Presentazione sintetica delle ipotesi di tracciato', realizzato da Autostrade per l’Italia con la società d’ingegneria Spea.

Della demolizione, però, non se ne fece nulla e negli ultimi anni il ponte era stato sottoposto a lavori manutenzione tenuti sotto vigilanza da parte di Autostrade. Attualmente, erano in corso “lavori di consolidamento della soletta del viadotto e che, come da progetto, era stato installato un carro-ponte per consentire lo svolgimento delle attività di manutenzione”. Lavori che riguardavano tutte le struttere in caclestruzzo e le barriere a bordo ponte, avviati nel 2016 e, teoricamente, da concludere entro un anno.