Draghi: nessuna deflazione. Legge di Stabilità: coro di no sul Tfr in busta paga

I paesi dell’Eurozona non sono a rischio deflazione. A sostenerlo è stato il presidente della Bce Mario Draghi, che oggi sarà a Vilnius per celebrare l’ingresso nell’Euro della Lettonia.  “Il peggior nemico per l’Europa – ha detto il numero uno dell’Eurotorre intervistato a Radio Europa 1 – è la disoccupazione”, che è causata da una mancanza di fiducia dentro i paesi e tra i vari stati e va combattuta rafforzando gli investimenti pubblici e privati”.  Draghi ha aggiunto che “La politica monetaria resterà accomodante a lungo e posso dirvi che il Consiglio dei Governatori della Bce è unanime nell’impegno a utilizzare gli strumenti a sua disposizione per riportare l’inflazione appena sotto il 2%”. “I tassi di interesse – ha aggiunto – resteranno bassi perché non possono scendere più giù”.

Per aiutare le nuove imprese, ha spiegato il massimo dirigente della Banca Centrale, “possiamo garantire tutto il credito possibile, ma se in alcuni Paesi per un giovane imprenditore ci vogliono mesi prima di ottenere permessi e autorizzazioni per aprire un nuovo negozio trovandosi poi sovraccaricato dalla tassazione alla fine “non farà richiesta di credito”.  Sulla paventata ipotesi di una revisione dei parametri di Maastricht, Draghi ha risposto che “per la Bce è importante ricordare che le regole ci sono e devono essere applicate e rispettate. Sono già state violate in passato. Il risultato non è stato straordinario e diversi Paesi hanno dovuto affrontare impreparati la crisi”.

Intanto, sul fronte italiano, si comincia a pensare alla nuova legge di stabilità, che sarà varata il prossimo 10 ottobre per garantire il rispetto dei vincoli imposti da Bruxelles. Indiscrezioni giornalistiche, nella giornata di ieri, parlavano di un piano speciale del governo per aumentare il potere d’acquisto dei cittadini. Come? Inserendo metà del Tfr in busta paga. Un’operazione che dovrebbe due o tre anni cominciando dal settore privato. Secondo il Sole 24 Ore “metà della quota del Tfr maturando accantonata mensilmente dal datore di lavoro potrebbe essere erogata direttamente al lavoratore una volta l’anno, e non più alla fine della sua carriera lavorativa”. Ma questa ipotesi genera perplessità in ambienti politici e imprenditoriali. “A oggi non ho francamente mai sentito parlare nemmeno una volta di questa idea” ha sottolineato il sottosegretario Zanetti di Scelta civica. Frena anche il presidente  di Confindustria Giorgio Squinzi: “È una situazione complessa. Bisogna vedere quale drenaggio in termini di liquidità verrà fuori sulle imprese”. Diffidente, infine, Susanna Camusso, Segretario generale della Cgil: “Il trattamento di fine rapporto è tassato meno delle retribuzioni ed è già in parte utilizzato per la previdenza complementare – ha evidenziato – non bisogna fare un intervento per ridurre la seconda gamba della previdenza. In ogni caso devono essere i lavoratori a decidere e non mi si deve venire a dire che sia un aumento e che quindi non si danno aumenti con i contratti”.