Eterologa, il dibattito nella prospettiva dell’adozione

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On. Gian Luigi Gigli, Deputato del Gruppo “Per l’Italia”, Professore di Neurologia
L’intervento della Corte Costituzionale che ha sdoganato anche in Italia la fecondazione eterologa rende urgente una riflessione sui contenuti che dovrebbero caratterizzare una legge per disciplinare questo tipo di procedura su tutto il territorio nazionale. Su alcuni di essi il consenso è molto largo. Tutti, infatti, condividono l’opportunità di rigorosi screening infettivologici e genetici sui donatori per evitare il rischio di trasmissione di malattie. Tutti sono d’accordo nel porre limiti di età ai donatori di gameti. Tutti concordano sull’opportunità di porre qualche limite al numero delle donazioni per ridurre i rischi di matrimoni tra consanguinei.

I problemi incominciano tuttavia già su temi, quali la selezione eugenetica e la compravendita di gameti, rispetto ai quali pure tutti (almeno a parole) si dichiarano contrari. Per alcuni, infatti, la selezione dei gameti dovrebbe almeno essere consentita per evitare grosse differenze tra i genitori legali e il bambino concepito in provetta (p.es. colore della pelle). Costoro, naturalmente, si affrettano a rigettare ogni sospetto di razzismo. Quanto al commercio di gameti, se tutti sono d’accordo nell’impedirlo sul territorio nazionale, molti sono disposti a chiudere gli occhi ipocritamente sull’importazione dall’estero dei gameti femminili. Sembra difficile infatti che una donna possa sottoporsi ai rischi per la salute delle stimolazioni ormonali necessarie alla raccolta dei gameti, se non in vista di un compenso economico e quindi perché schiava del bisogno. Del resto il commercio di molte cose pericolose per la salute è vietato in Italia, mentre è noto che in altri Paesi è possibile comprare non solo sangue, ma anche organi e che è possibile affittare l’utero di una donna povera ridotta a incubatrice (con l’obbligo contrattuale peraltro di sfornare bebé sani, come le cronache recenti insegnano).

In realtà tutti sanno che l’unica fonte gratuita di gameti femminili (peraltro con problemi di conservazione e di safety non del tutto risolti) è costituita dagli ovociti crioconservati prodotti in sovrannumero nel corso della fecondazione omologa e resi disponibili volontariamente per altre coppie. Sarebbe facile, invece, risolvere alla radice il problema ricorrendo agli embrioni prodotti in sovrannumero per la fecondazione omologa, se resi disponibili per altre coppie, dando in tal modo un’opportunità alle decine di migliaia oggi conservati senza prospettive nei congelatori in quanto abbandonati o con genitori biologici in età non più fertile.

Il dibattito etico si fa ancora più acceso se si passa a considerare i soggetti titolati ad accedere alla fecondazione eterologa. Se infatti fosse superato l’attuale vincolo (coppie eterosessuali stabilmente conviventi) previsto dalla Legge 40/2004 per l’omologa, si aprirebbe un varco per la genitorialità omosessuale, facilmente realizzabile per le coppie lesbiche, ma possibile anche per le coppie omosessuali maschili grazie alla pratica neocoloniale dell’utero in affitto, alla quale non ha esitato a ricorrere anche un senatore della repubblica di area “progressista”.

Su quest’ultimo fronte, tuttavia un argine (forse involontario) è stato posto dalla recente sentenza riguardante lo scambio di embrioni avvenuto presso l’ospedale Pertini di Roma, con la quale è stato stabilito che è da considerarsi madre solo quella che ha partorito il bambino. Molto controverso è anche il tema della gratuità delle procedure. Posto infatti che la fecondazione eterologa non è una cura della sterilità (che permane), ma solo soddisfacimento del desiderio di maternità, ci si chiede se sia obbligo dello stato dare a tutti i mezzi per soddisfare tale desiderio, bloccando a questo scopo risorse che sarebbe più giusto allocare per la diagnosi e la cura di patologie di maggiore impatto sociale.

Più in profondità occorre chiedersi se sia possibile configurare in astratto un diritto alla maternità, accolto il quale sarebbe poi difficile negare anche il diritto alla maternità surrogata (p.es. in caso di asportazione dell’utero in età giovanile).

Infine, le posizioni sono divaricate rispetto alla rintracciabilità dei genitori biologici, che alcuni vorrebbero limitare alle sole necessità di ordine sanitario del bambino nato in provetta, mentre per chi scrive (e per molti altri) pur non essendovi l’obbligo della comunicazione, non può essere limitato il diritto del bambino alla propria identità biologica, cioè a sapere quali sono state le modalità del suo concepimento e, se lo desidera, a conoscere il suo albero genealogico.

Forse il dibattito sarebbe meno acceso e ideologicamente connotato se si guardasse ai problemi posti dalla fecondazione eterologa dalla prospettiva dell’adozione. Nessuno infatti si sognerebbe di pretendere un diritto a scegliere il colore della pelle del bambino da adottare, così come è larghissima la giurisprudenza nazionale e internazionale che assicura al bambino adottato il diritto di conoscere i propri genitori biologici.

Alla stregua di un’adozione, infine, potrebbe essere considerato il ricorso agli embrioni crioconservati, un’adozione per la nascita in grado di dare anche un significato altruistico alla decisione di un figlio ad ogni costo, permettendole di superare ogni aspetto negativo della medicina dei desideri. E’ attorno a queste considerazioni che, insieme agli On. Fioroni e Valiante, ho cercato di mettere sul tavolo una proposta di legge. Mi auguro che essa possa essere considerata un utile strumento per una riflessione corale, senza chiusure e contrapposizioni ideologiche.

Gian Luigi Gigli
Deputato del Gruppo “Per l’Italia”
Professore Ordinario di Neurologia nell’Università di Udine
Membro della Pontificia Accademia per la Vita
Vice Presidente del Movimento Italiano per la Vita