“Così si arriverà alla nomina del Governo”

Le urne si sono chiuse ormai da un pezzo, ma ancora non si è aperto uno scenario politico conseguente. Piuttosto, è come se dall'alba di ieri si fosse alzata una fitta coltre di nebbia, che rende difficile vedere all’orizzonte una coalizione in grado di governare l’Italia.

Per provare a dirimere questa foschia sulla base dell’iter istituzionale che si attende, In Terris ha intervistato Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte costituzionale.

Presidente, quali scenari è possibile prevedere?
“Per avere un’idea è necessario anzitutto valutare quale sarà la distribuzione dei seggi nella Camera e nel Senato. Ci sarà dunque da attendere la composizione dei gruppi parlamentari, che è facile prevedere sulla base delle proclamazioni degli eletti, e poi le composizioni degli organi interni nei due rami del Parlamento. Solo a quel punto potrà essere dimensionato il peso delle forze politiche”.

Quali le prossime date chiave?
“Il 23 marzo è un appuntamento importante, per l’elezione dei presidenti delle due Camere. In quell’occasione potremo capire se c’è un colloquio tra le diverse forze politiche, se esistono quadri di aggregazione, se si manifesta una maggioranza o se c’è una larga intesa. È facile prefigurare che le presidenze di Camera e Senato verranno assegnate a due esponenti di forze politiche diverse”.

I contatti del Presidente della Repubblica con le forze politiche, almeno in via informale, crede siano già iniziati?
“Ufficialmente il presidente della Repubblica inizierà le consultazioni dopo l’elezione dei presidenti delle due Camere. Ma in via informale inizieranno prima”.

Lei lo conosce personalmente, il presidente Mattarella spingerà per una larga intesa anche se, ad oggi, appare difficile ipotizzarla?
“Sono aperte tutte le ipotesi. Il presidente della Repubblica non può imporre nulla, con la saggezza e la competenza che gli sono proprie cercherà di scandagliare per nominare un Governo che abbia la fiducia del Parlamento. Del resto la sua funzione si amplia e si restringe a seconda delle circostanze: se esistesse una maggioranza parlamentare chiara, lui si limiterebbe a prenderne atto nominando il presidente del Consiglio. Ma non essendoci una maggioranza, il presidente della Repubblica assume una funzione maieutica, quella di consigliare e sollecitare a trovare una soluzione”.

Mattarella chiamerà per le consultazioni anzitutto Di Maio, essendo rappresentante del partito di maggioranza relativa?
“La Costituzione non disciplina l’ordine con cui il capo dello Stato chiama i rappresentanti politici per le consultazioni. Molto dipende dalla prassi, ma anche questa può variare a seconda dalle circostanze. Ripeto: anche in questo campo, sarà possibile avere un quadro più chiaro solo dopo che i seggi saranno distribuiti”.

Potrebbe essere replicato uno scenario come quello del 2013, con il preincarico affidato a Bersani, rappresentante della coalizione che aveva la maggioranza assoluta alla Camera ma non al Senato?
“È possibile. Nel 2013 il M5S si trovò ad ascoltare la proposta politica di Bersani. Stavolta – magari sempre in diretta streaming – potremmo assistere a una situazione inversa, con il M5S nel ruolo di sondare la disponibilità a un appoggio da parte di altre forze politiche. Ma non escluderei nemmeno altri scenari…”.

Del tipo?
“Può capitare che il presidente della Repubblica dia un mandato ricognitivo. È accaduto che abbia dato questo incarico al presidente del Senato o della Camera (nel 1987 Francesco Cossiga lo affidò alla presidente della Camera Nilde Iotti, ndr). Oppure potrebbe dare un incarico esplorativo alla personalità che si ritiene possa avere già o trovare una maggioranza, come poi avvenne, sempre nel 2013, con Letta. Comunque ritengo che una soluzione verrà trovata anche stavolta”.

E l’ipotesi di nuove elezioni?
“Non credo che un Parlamento appena eletto auspichi questa soluzione, che si è avuta ad esempio in Spagna. Non lo credo anche perché è difficile che una nuova tornata elettorale cambierebbe il quadro”.

Quanto ha influito il Rosatellum bis su questa situazione di imponderabilità?
“I processi politici non vengono condizionati dalle leggi elettorali. Bisogna prendere atto che oggi esistono tre forze politiche nelle quali si concentra l’opzione dei cittadini. Spesso si dice che le leggi elettorali sono fatte per avvantaggiare le forze politiche che le hanno costruite, ma i fatti dimostrano ogni volta che non è così. Si diceva, ad esempio, che questa legge avrebbe limitato il M5S, perché è essa avvantaggia le aggregazioni. E invece il risultato è inverso: la scelta degli elettori ha prevalso sulle presunte alchimie della legge elettorale”.

Mattarella è fautore del maggioritario. Potrebbe chiedere alle forze in campo di trovare priooritariamente un accordo per una nuova legge elettorale?
“Potrebbe essere l’oggetto di una riflessione, certo. L’attuale legge elettorale è stata approvata perché la precedente, il Porcellum, è stata considerata in alcune parti incostituzionale. Sarebbe opportuno, però, che la legge elettorale non venisse fatta a fine legislatura, con l’occhio già proiettato alle urne. E sarebbe inoltre opportuno che venisse costruita con l’intento di avere una lunga durata, evitando così che a ogni legislatura se ne debba fare una nuova”.

Come va letto questo risultato elettorale?
“Da questo risultato emerge una spaccatura del Paese tra Nord e Sud. Nel Nord e nel Nord-Est trionfa il centro-destra, mentre al Sud si registra un grande successo del M5S. Bisogna chiedersi se questa spaccatura politica non rispecchi anche una spaccatura nelle condizioni economiche e sociali, con le difficoltà in alcune aree del Paese che si traducono in una forte spinta di contestazione. C’è l’esigenza di ricucire questo Paese, di trovare linee di unità”.

Ci sono le condizioni per tracciare queste “linee di unità”?
“Il leader del M5S ha parlato di un ‘voto post-ideologico’, orientato verso la risoluzione dei singoli problemi. Ecco, sul tappeto ci sono alcune questioni da risolvere che sono evidenti, benché poco discusse in campagna elettorale. Credo possa esserci una convergenza ampia almeno su tre temi: come affrontare il peso del debito pubblico, come affrontare il problema del lavoro soprattutto dei giovani, come sostenere la famiglia e la natalità. Sono tre questioni intorno alla cui risoluzione potrebbe formarsi una coalizione trasversale”.