Due anni e 3 mesi a Umberto Bossi, un anno e 6 mesi per suo figlio Renzo: questo quanto stabilito dal Tribunale di Milano per l’ex leader della Lega Nord e per l’ex consigliere regionale della Lombardia nell’ambito del processo definito “The family” (dal nome riportato sulla cartellina sequestrata all’ex tesoriere Belsito), allestito in merito al reato di appropriazione indebita contestato a padre e figlio per aver utilizzato fondi del partito per spese personali. Assieme a quella nei loro confronti, è arrivata la condanna in primo grado anche per l’allora tesoriere del Carroccio, Francesco Belsito (2 anni e 6 mesi), mentre l’altro figlio del “Senatur”, Riccardo, era già stato giudicato con rito abbreviato (1 anno e 8 mesi). Una sentenza definita “ingiusta” dallo stesso Belsito, mentre Bossi jr non si scompone: “Me l’aspettavo ma non ho nulla da rimproverarmi. E’ solo il primo grado, andiamo avanti”.
Sono state dunque pienamente accolte le richieste del pm Paolo Filippini, arrivate a seguito di un’indagine secondo la quale, fra il 2009 e il 2011, Umberto Bossi avrebbe effettuato spese con soldi appartenenti al partito pari a 208 mila euro, mentre l’ex tesoriere avrebbe utilizzato addirittura mezzo milione. Più “contenuti” i prelevamenti dai fondi partitistici da parte del cosiddetto “Trota”, il quale avrebbe impiegato circa 145 mila euro per sostenere spese private, quali acquisti di auto, pagamenti di multe, assicurazioni e persino in relazione alla sua laurea ottenuta in Albania. A tal proposito, Renzo Bossi (classe 1988) ha spiegato che “tutte le accuse si basano su voci mai verificate. Le multe me le pagavo io e non sono mai andato in Albania a prendere la laurea. Non ho mai vantato titoli accademici e non sono mai stato a conoscenza di quel documento datato 2010″. Poi, riferendosi alla Lega, ha spiegato che “in quel progetto politico ci credevo. Pagavo di tasca mia. Pagavo le quote”. I legali della famiglia Boss hanno cercato di contestare all’accusa il fatto che i soldi nella casse del partito non siano da considerare come soldi pubblici: pertanto il reato di appropriazione indebita, secondo la difesa, non sussisterebbe.
In merito alla questione si è espresso anche l’attuale leader del Carroccio, Matteo Salvini (confermato alla guida del partito battendo proprio un candidato di stampo bossiano, Gianni Fava) il quale, nonostante si sia detto “dispiaciuto dal punto di vista umano” della condanna inflitta a Bossi, ha specificato che la vicenda “fa parte però di un’altra era politica. La Lega ha rinnovato uomini e progetti”. Una dichiarazione che sottolinea la netta separazione politica dai trascorsi del partito, avviato ormai, stando alle parole di Salvini, verso un nuovo (e opposto) corso.
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