Washington sanziona, Teheran risponde

Tra nemmeno una settimana rientreranno in vigore le sanzioni contro l'Iran: ad annunciarlo è stato il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, mentre tornava a Washington dal suo viaggio in Asia in occasione del summit dell’Asean (Associazione delle nazioni del sud-est asiatico). Una decisione che fa seguito a un periodo di tensione crescente con Teheran e che, nondimeno, inasprisce i toni già particolarmente accesi dopo i botta e risposta a distanza fra Donald Trump e Hassan Rohani: “Si tratta di una parte importante dei nostri sforzi per respingere le attività dell’Iran – ha detto Pompeo in conferenza durante il volo -. Un pilastro importante nella politica degli Stati Uniti verso questo Paese”. Il segretario di Stato ha spiegato che la reintroduzione delle sanzioni avrà come obiettivo proprio il costringere l'Iran a rinunciare ad alcuni atteggiamenti considerati inopportuni, quali il sostegno ad alcuni regimi del Medio Oriente, non ultimo quello di Bashar Al-Assad. Secondo gli Usa, infatti, Teheran avrebbe utilizzato buona parte delle risorse finanziarie ottenute con la sospensione delle sanzioni per finanziare il governo siriano e i ribelli houthi nello Yemen.

La reazione

Niente di strano che dall'Iran, specie dal governo Rohani (che con l'accordo con gli Usa aveva raccolto buona parte dei suoi consensi in politica estera), la decisione di Washington sia stata salutata con dissenso: “Non ci possiamo fidare degli Stati Uniti”, ha detto il presidente iraniano specificando che “se fossero stati sinceri”, Teheran si sarebbe detta disposta a negoziare. Termini, quelli per un colloquio pacifico, che al momento sembrano non esserci, specie dopo la reintroduzione delle sanzioni che, come detto, dovrebbe arrivare nel giro di una settimana. Presupposti che renderebbero eventuali incontri fra le due parti, secondo Rohani, del tutto “privi di senso”. L'unica via percorribile, secondo il presidente, è che gli Stati Uniti tornino a dare il loro appoggio all'accordo nucleare accantonato qualche mese fa che, va ricordato, era sostenuto da buona parte dei big europei.

Prospettive incerte

Con l'accordo del 2015, l'Iran aveva posto fine a un complicato periodo finanziario azzerando le sanzioni in atto previo ritocco in difetto del programma nucleare. Un'intesa stipulata con l'allora amministrazione Obama che, ormai è piuttosto noto, Trump continua a non vedere di buon occhio, così come tutte le varie riforme e iniziative intraprese dal suo predecessore. La politica verso l'Iran (e questo si era capito già in fase di campagna elettorale) era uno dei capitoli principali da riscrivere per il neo-presidente repubblicano che, ora, punta il dito contro Teheran accusandola di non rispettare i termini dell'accordo e condurre, in segreto, il medesimo programma nucleare che la stretta di mano avrebbe dovuto frenare. In attesa di capire i prossimi sviluppi, l'ipotesi di un incontro “senza precondizioni” fra Trump e Rohani continua ad avere fascino ma a restare pur sempre ai margini delle possibilità concrete.