Traghetto affondato in Corea del Sud, 36 anni di carcere al comandante

Trentasei anni, questa la pena detentiva comminata a Lee Ju-Seok comandante del traghetto Sewol affondato il 14 aprile scorso al largo delle coste meridionali della Corea del Sud. La condanna è arrivata oggi assieme alla fine delle ricerche dei corpi non rinvenuti (durate quasi sette mesi). Stando a quanto riferito dal ministro della Pesca e del Mare, Lee Ju-young, il numero totale, tra morti e dispersi ammonta a 304: nove persone mancano ufficialmente all’appello, mentre le salme recuperate sono 295, tra cui l’ultima appartenente a una ragazza trovata dai sub alla fine dello scorso mese.

Lee, 69 anni, è stato accusato di aver lasciato il traghetto per salire sulle prime unità di soccorso giunte sul luogo del naufragio, abbandonando a se stessi i 476 passeggeri, in gran parte studenti in gita. La Corte di Gwangjiu ha condannato a 30 anni anche l’ingegnere capo della nave, identificato con il cognome Park. Pene detentive dai cinque ai vent’anni sono state invece decise per altri 13 membri dell’equipaggio.

La pubblica accusa ha contestato l’inspiegabile ordine dato ai passeggeri di restare “al sicuro nelle cabine” in attesa dei soccorsi, mentre capitano ed equipaggio si preparavano ad abbandonare il traghetto che affondava. La stessa presidente Park Geun-hye, finita nel mirino dell’indignazione pubblica per inefficienza dei soccorsi e della gestione della crisi, ha descritto le loro azioni come “simili all’omicidio” auspicando pene severe a carico di tutti i responsabili.