Siria: incontro tra l’inviato Usa e le forze impegnate nella riconquista di Raqqa

Brett McGurk, inviato speciale Usa per la Coalizione anti-Isis tra Iraq e Siria, si è recato in territorio siriano, nella zona a maggioranza curda, nel nord-est al confine con Turchia e Iraq, dove ha incontrato leader militari delle forze -a guida curdo-siriana – impegnate nella lotta al Califfato. Lo riferiscono i media panarabi, affermando che tra gli obiettivi della missione di McGurk nella zona vi è quello di fare il punto dell’offensiva in corso nella zona di Raqqa. L’inviato americano si era recato nei giorni scorsi a Mosul, nel nord dell’Iraq, l’altro fronte caldo nella guerra al Daesh.

Intanto, secondo media locali e tv panarabe, al confine con la Giordania sono andati in scena intensi scontri armati tra forze lealiste e miliziani dei ribelli. Le fonti affermano che si tratta dei più violenti combattimenti registratisi nella zona dall’accordo raggiunto 10 giorni fa ad Astana, in Kazakistan, tra Russia, Iran e Turchia. Al tavolo delle trattative era presente anche la Giordania. Pesanti raid aerei governativi si sono svolti su Daraa, capoluogo meridionale, e dintorni. Le opposizioni rispondono hanno risposto con l’artiglieria e la contraerea.

Nei giorni scorsi gli Stati Uniti hanno di nuovo puntato il dito contro il regime di Bashar Al Assad, accusato della reiterata violazione dei diritti umani, in particolare nei confronti dei detenuti. Nel corso di un’intervista rilasciata a Repubblica, Omar Abu Ras, ex studente di Economia della provincia di Aleppo arrestato il 29 dicembre del 2012 con l’accusa di aver aderito alle manifestazioni contro il rais, ha raccontato: “Sono finito a Sednaya. Non ci sono parole per descrivere l’orrore. Vivevamo in 50 in una cella di 10 metri per cinque. Qualche volta eravamo 70. Cinque giorni a settimana, nel pomeriggio, venivamo convocati per le sessioni di tortura: duravano ore, se eravamo fortunati”. Ogni giorno, ha spiegato, “ci svegliavamo alle 5.30. Ogni cella aveva un capocella responsabile di controllare che tutti fossero in piedi. A quel punto c’era l’appello: alcuni finivano in un ospedale dove avrebbero dovuto essere curati. Ma nessuno è mai tornato da lì. Altri alla tortura. Altri agli interrogatori, che poi erano una forma di tortura. Eravamo nudi, tutto il giorno: potevamo andare al bagno solo 2 volte al giorno, in fila, piegati con la testa sul sedere della persona davanti. Una volta in bagno avevamo dieci secondi: poi ci buttavano fuori. Dovevamo andare al bagno, lavarci e bere, perché non c’era acqua in cella”.